Era il 5 gennaio 2022 e Papa Francesco durante un’udienza dichiarò: “Siamo una società egoista in cui cani e gatti prendono il posto dei figli” (Titolo AGI) – e ancora – “C’è chi non vuole figli, ma ha cani e gatti al loro posto. Negare maternità e paternità ci toglie umanità. (…) Avere dei bambini è la pienezza della vita di una persona”.  

Il prendersi cura dei figli viene visto come uno stadio più elevato rispetto alla cura degli animali e dell’ambiente, e questo stride un po’ con tutte le aperture espresse dalla splendida enciclica Laudato Si’ sulla “cura della casa comune”[1]. In quelle parole, la genitorialità viene considerata l’unica, massima, stimabile forma di cura degna di nota, come se chi non avesse avuto figli fosse un egoista, come se tutti i single avessero vite disorientate, non appaganti, non interessanti, prive di relazioni di cura. Il 26 agosto, Papa Francesco rincara la dose e in una udienza con le suore Canossiane afferma: “C’è chi preferisce i cani ai figli: è l’affetto programmato, senza problemi”[2].

Ne abbiamo parlato con Selene Zorzi, docente stabile straordinaria di Teologia Spirituale e Patrologia all’Istituto Teologico Marchigiano, ex-docente di Antropologia Teologica, Filosofia Antica e Patrologia all’ISSR di Ancona ed ex-docente incaricata di Filosofia al Pontificio Ateneo S. Anselmo e di Teologia Spirituale alla Pontificia Università Lateranense. Tra le più appassionanti teologhe italiane contemporanee, si occupa di studi femministi e di genere e di ecoteologia. Vanta numero pubblicazioni, tra cui “Il genere di Dio” ed è stata co-redattrice della rivista telematica “Reportata. Passato e presente della teologia”. È membro del Coordinamento Teologhe Italiane di cui ha ideato e gestito il sito (2003-2013).

Da dove nasce l’esigenza di Papa Francesco di esprimersi così fortemente su questo tema? Non è la prima volta che ci ritorna…

Ci sono due aspetti che a mio parere potrebbero incidere su questa insistenza: da una parte il fatto che si stesse riferendo a religiose che non è raro abbiano istituti e conventi pieni di queste piccole creature, probabilmente anche per compensare un certo anaffettivismo relazionale umano; dall’altra incide certamente una mentalità arcaica, rigida per la quale le relazioni amorose sono ben codificate e possono solo essere quelle per Dio, per il propri partner e per i propri figli.

Da dove nasce il nesso logico “più cani e gatti, meno figli”?

Credo nasca da una asfittica considerazione della vita affettiva e sentimentale. Purtroppo abbiamo ridotto la cura alla maternità e la maternità all’unica azione creativa di cui una donna sarebbe capace. Non sorprende che parlando degli animali da compagnia che entrano a far parte delle nostre case si sia incapaci di avere categorie diverse da quelle della famiglia tradizionale.

Perché prendersi cura dei figli viene visto come uno stadio più elevato rispetto alla cura del Creato (animali e ambiente)? 

Sì, il Papa si esprime con la parola “preferire” come se si dovesse sempre scegliere con un aut-aut l’oggetto della nostra affezione. È un’impostazione un po’ arcaica dell’essere umano e sinceramente sconcerta da parte di uno che ha scritto cose entusiasmanti nell’enciclica Laudato si’. È come se si riuscisse a comprendere l’affettività umana solo come il binario a una sola direzione della metropolitana, invece di quella gamma variegata e ampia di possibilità creative che è.

Nell’enciclica Laudato Si’ Papa Francesco aveva espresso aperture in questo senso sulla “cura della casa comune”. Perché oggi ricade in questo dualismo?

Ciascuno di noi fa sempre i conti con tre tipi di convinzioni: quelle arcaiche, di pancia, quelle che vive in società e quelle desiderate dalla teoria. Pancia, petto, testa, se dovessimo usare una simbologia. Ho come l’impressione che quando si esprime così Papa Francesco attinga a convinzioni stereotipate e radicate in una sorta di inconscio collettivo patriarcale, mentre quando scrive e ragiona su un futuro possibile attinga di più da una consapevolezza intellettuale e teologica avanzata. D’altra parte i tre livelli si determinano sempre a vicenda e la parte centrale che dovrebbe fare da mediazione, nella Chiesa cattolica soprattutto, offre una camera d’aria particolarmente asfittica, perché le pratiche ecclesiali che offre alle donne sono ancora profondamente determinate da quelle dettate dalla “pancia”. Le donne sono anzitutto madri, se non biologiche almeno spirituali… Non se ne esce.

Forse Papa Francesco si riferiva alle degenerazioni consumiste ed esterofile nella cura degli animali?

Certamente nel campo della cura dei nostri animali ci sono degenerazioni e ovviamente noi esseri umani non possiamo che imporre dei modi “umani” al mondo delle nostre bestiole. D’altra parte da teologa e da padrona di animali da compagnia io stessa devo dire che questi animali sono anche i nostri maestri: ci insegnano come tornare alla casa comune, alla terra, ai ritmi delle stagioni, al contatto con la natura, con il fango, con il pelo, col cibo e con la cacca. In un certo senso, nel senso etimologico del termine, ci “umiliano”, cioè ci fecondano.

Non dobbiamo pensare però che certe sublimazioni negative siano solo retaggio dei ricchi americani californiani. Francesco parlava alle suore e non è raro che conventi e monasteri siano luoghi dove animali da compagnia trovino accoglienza e perfino trattamenti di favore rispetto alle consorelle. Forse è questo che dovremmo monitorare, cioè non tanto il trattamento che riserviamo ai cuccioli, ma quello che riserviamo ai nostri compagni in umanità.

Cosa direbbero le ecoteologhe e gli ecoteologi? Il problema è l’antropocentrismo?

La Bibbia è piana della presenza degli animali nei suoi racconti, dalla Genesi all’Apocalisse. Gesù stesso deve aver vissuto quotidianamente in mezzo a pecore, capre e montoni, dal momento che li cita così tanto come protagonisti delle sue parabole. E un testo di Paolo ci ricorda che tutta la creazione è in attesa, come nelle doglie di un parto, di una redenzione. La teologia è stata per secoli fortemente antropocentrica. Ma tra le teologie più feconde vanno annoverati proprio teologi come Teilhard de Chardin, Raimon Panikkar e sì anche le teologhe che si ispirano all’ecofemminismo. In queste visioni del mondo Terra e Animali fanno legittimamente parte di un cosmo variegato e ricco, dove non ci si deve chiedere a chi occorre dare più cura.

Nelle riflessioni del Papa si nota ancora quel pregiudizio verso i single, visti come edonisti ed egoisti tout court

Be’, questo fa parte di quelle convinzioni stereotipate di fondo di cui parlavamo prima. D’altra parte non possiamo non evidenziare il paradosso: sono proprio single i credenti che in una visione clericale sono considerati cristiani di serie A, come i religiosi, i preti o i monaci.

Sembra che il cristianesimo non abbia ancora fatto i conti con il natalismo. Con i tempi che corrono, avere i figli “a tutti i costi” è davvero l’unica via da percorrere rispetto alla qualità della genitorialità? 

Era stato proprio il cristianesimo del post-Concilio ad aver rilanciato la categoria di paternità e maternità spirituale, cosa che ha giustificato e potenziato le adozioni e gli affidi da parte di cattolici. Ora sembra ci sia un ritorno al biologismo, per cui da una parte si vogliono a tutti i costi i figli dei propri geni, dall’altra si torna a insistere sull’importanza delle madri biologiche. Due tradimenti dell’evoluzione culturale umana, a mio parere.

Nelle parole del Papa contro la denatalità mancano analisi sull’impatto antropico della massa di umani che popolano la Terra, ma anche sulle situazioni economiche e di precariato e sul futuro incerto che le giovani coppie devono affrontare. Ci si limita a una bacchettata moralistica che non fa i conti con quella critica al capitalismo, propria della Laudato Si’, che costringe a una vita frenetica, dove risulta impossibile avere tempo per la cura delle relazioni.

In termini di consenso, per la Chiesa parlare della quantità di figli risulta un argomento più facile rispetto alla qualità della genitorialità e dell’educazione? Quanto costa parlarne?

La cultura cattolica è la principale responsabile di un analfabetismo del mondo delle emozioni e dei sentimenti nelle scuole. Ci si limita a dire che l’aborto è negativo e ci si scarica dalla grave responsabilità di un’educazione sentimentale. È una mancanza nel doppio senso, fattiva e morale, che porta i giovani ad affrontare questo mondo complesso senza strumenti. Spesso i prezzi che pagano sono altissimi, non solo a breve ma anche a lungo termine.

C’è quindi un assoluto bisogno nella nostra società e nella Chiesa cattolica di un’alfabetizzazione primaria sul mondo degli affetti, delle emozioni, della cura e delle relazioni, ma senza un colpo di reni per uscire dalla cultura patriarcale che ci imprigiona in schemi asfittici non riusciremo a fare molto.

Sul sito del Coordinamento Teologhe Italiane (CTI) https://www.teologhe.org/corso-teologia-delle-donne/  sono aperte le iscrizioni al corso “Eco-teologia delle Donne. Temi, contesti, pratiche” con il fine di raccontare e rilanciare ciò che le donne hanno sperimentato ed elaborato riguardo la Natura nei suoi intrecci vitali. Si potranno così conoscere e approfondire le prospettive bibliche ed eco-teologiche venute dalla bellezza e dalla profondità del mondo femminile, particolarmente importanti ora che è in gioco il futuro della vita. Il corso si rivolge a tutte/i coloro che desiderano conoscere seriamente la teologia delle donne, per arricchire la propria competenza professionale in ambito scolastico, educativo e formativo; a tutte/i coloro che sono in ascolto del presente e alla ricerca di un dialogo reale con le nuove generazioni, spesso raggiunte da tradizioni solo maschili.

[1]https://www.repubblica.it/vaticano/2022/01/05/news/il_papa_c_e_chi_non_vuole_figli_ma_ha_cani_e_gatti_al_loro_posto_negare_maternita_e_paternita_ci_toglie_umanita_-332709442/

[2]https://www.repubblica.it/cronaca/2022/08/26/news/papa_ce_chi_preferisce_cani_a_figli_affetto_senza_problemi-363010656/