Un sit-in contro il governo polacco per contestare il respingimento dei profughi non ucraini.

“Solidarietà per tutti, basta al razzismo del governo polacco e alla Fortezza Europa, insomma basta alle politiche anti-migranti”: questo l’appello lanciato da Varsavia in un sit-in a cui nel pomeriggio del 14 aprile hanno preso parte non meno di 300 persone, organizzato da attivisti e associazioni per i migranti tra cui No Human is Illegal e Families without borders.

I manifestanti, da una piazza circondata da forze di polizia, contestano al governo del primo ministro Mateusz Morawiecki la chiusura delle frontiere ai profughi mediorientali e africani in arrivo dall’autunno scorso dalla rotta bielorussa, il divieto alla libertà di accesso nell’area di frontiera a giornalisti, medici e operatori umanitari, nonché gli arresti di attivisti che cercano di portare aiuti ai migranti bloccati nei boschi tra le due frontiere.

“Sono qui perché sono contraria alle decisioni razziste di questo governo che sceglie chi aiutare e chi no” spiega all’agenzia Dire Zuzanna Lesiak, 31 anni, fondatrice dell’ong The Hope Project Foundation in Poland. Lei, come ribadiscono più volte dai microfoni i responsabili della manifestazione, si dice “felice dell’enorme aiuto ai rifugiati ucraini. Il problema è che non si vogliono aiutare yemeniti, siriani o afghani in arrivo dalla Bielorussia. È perché non sono bianchi ed europei? Ma davvero questo governo vuole dirci che esistono differenze tra i rifugiati? Tutti hanno dovuto lasciare i loro paesi a causa della guerra assieme ai loro bambini”.

Lesiak conclude lamentando anche “molto disinteresse da parte dei media internazionali su cosa accade al confine polacco-bielorusso”. Tra un intervento e l’altro la piazza scandisce anche “Non camminerete da soli“, uno slogan dei movimenti femministi creato ai tempi delle proteste contro la legge che l’attuale governo del partito Diritto e giustizia (Prawo i Sprawiedliwosc, Pis) ha varato per limitare l’aborto. La maggior parte dei volontari nel nord-est polacco sono donne, spiegano gli attivisti, che per la loro protesta hanno scelto un luogo denso di significati: la piazza col monumento dedicato allo “stato segreto” e alle forze militari che combatterono l’occupazione nazista durante la Seconda Guerra Mondiale. Sulla destra e alle spalle del memoriale invece, la sede del Parlamento e degli uffici del Senato, dove campeggiano due enormi bandiere dell’Ucraina.

“Siamo nel cuore della democrazia polacca” dice alla Dire il deputato eletto nella lista indipendente Franek Sterczewsk, “ma purtroppo in Polonia questo governo prende decisioni senza consultare le opposizioni né la società. Ha una doppia faccia: una buona con i profughi ucraini e una cattiva con quelli dalla Bielorussia. Sappiamo di centinaia di profughi respinti in Bielorussia, dove subiscono maltrattamenti da parte dei militari bielorussi. Il Pis viola i diritti umani e la Convenzione di Ginevra. Noi siamo qui oggi per dire no all’autoritarismo, non vogliamo diventare come l’Ungheria”.

Sterczewsk conclude: “Siamo qui anche per esprimere solidarietà a tutti i volontari, sia quelli che aiutano i profughi ucraini che quelli che aiutano i migranti dalla Bielorussia, solo che questi ultimi vengono trattati molto male dal governo e dalle forze di sicurezza”.

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Teodor, 42 anni, sventola una bandiera verde col simbolo rosso del “pin”, che indica la posizione geolocalizzata tramite la piattaforma Google Maps. Definendosi “immigrato e attivista” racconta alla Dire: “Ho creato questa bandiera per ricordare le migliaia di pin inviati in tantissime occasioni dai migranti ai volontari. È l’unico modo per individuarli nelle foreste tra il buio e il freddo e cercare di portargli aiuti”. Teodor ha prodotto delle spille con questo simbolo: “Le regalo ai volontari che salvano i profughi dalla fame e dal freddo, è una medaglia per premiarli come cittadini. Dato che il governo non lo fa, ci penso io”. Ha anche fondato una piccola rivista, ‘Warsaw mamaliga’, termine che in romeno vuol dire “polenta”, che come in Italia indica un piatto tradizionale. “L’ho fondata nel 2014, quando il governo del Pis ha radicalizzato in modo aggressivo il discorso sull’accoglienza dei migranti. È una voce per emanciparci e poter dire la nostra. Mi piace invece l’Italia, dove i migranti sono maggiormente presenti nel discorso pubblico”.

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