Ad Haiti scoppiò la prima rivoluzione degli schiavi neri africani, il 22 agosto del 1791: conseguenza, certo non voluta, della Rivoluzione Francese del 1789, le parole d’ordine Liberà-Uguaglianza-Fraternità e la solenne Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino portarono in evidenza aspetti cruciali dello sfruttamento capitalistico, destando anche aspettative che andavano al di là delle volontà della classe borghese. Gli schiavi neri di Haiti presero alla lettera queste dichiarazioni e nel 1791 attuarono la prima rivoluzione per l’abolizione della schiavitù e contro il colonialismo sotto la guida dell’ex schiavo afroamericano Toussaint L’Ouverture (1743-1803), che aveva aderito al movimento dei giacobini: Toussaint fu fatto prigioniero e morì in Francia, ma l’esercito inviato da Napoleone subì una umiliante sconfitta e nel 1804 la Repubblica di Haiti divenne il primo Stato nero indipendente del continente latinoamericano e della storia moderna (si veda su Jacobin l’articolo del 2018, “Napoleone era nero”, https://jacobinitalia.it/napoleone-era-nero/).

Purtroppo è un lontano ricordo, giacché dalla fine dell’Ottocento le difficoltà economiche e finanziarie favorirono la crescita delle ingerenze straniere: in particolare gli Stati Uniti nel 1915 approfittarono di un ennesimo conflitto interno per invadere il paese, che occuparono militarmente fino al 1934. Non è il caso qui di ripercorrere le tristi vicende del popolo haitiano (personalmente conservo un vivido ricordo del Presidente della Repubblica Jean-Bertrand Aristide, ex sacerdote salesiano eletto nel 1991, destituito più volte, obiettivo di un intervento armato degli immancabili Stati Uniti nel 1994: chi voglia approfondire le burrascose vicende di Haiti può consultare la voce dell’Enciclopedia Treccani: https://www.treccani.it/enciclopedia/haiti).

Un salto di 15 anni nelle vicende di un paese stremato dalle crisi economiche ci porta (saltando i disastrosi uragani) al devastante sisma del gennaio 2010 che provocò la morte di oltre 200.000 persone, distruggendo inoltre ampi settori della capitale, e alla spaventosa epidemia di colera che nell’ottobre dello stesso anno si è verificata sull’isola (non potrò mai dimenticare che gli Stati Uniti spedirono una portaerei, Cuba equipe mediche!). L’assassinio del presidente Moïse nella sua residenza privata da un commando straniero (!) ci porta al luglio di questo anno. Ma non basta, ad agosto, in una situazione di perdurante instabilità politica e in attesa delle elezioni presidenziali e legislative fissate al novembre successivo, una scossa di magnitudo 7,2 della scala Richter con epicentro 120 chilometri a sudovest della capitale Port-au-Prince ha causato gravi danni e la morte di oltre duemila persone nel Sud del Paese.

Questa estrema sintesi è sufficiente per inquadrare la tragedia permanente della popolazione di Haiti, che sfortunatamente, et pur cause, “gode” dell’assoluta indifferenza dei media: la violenza indiscriminata domina a Port-au-Prince, gruppi armati si contendono il potere in tutta la città e sfidano il governo, sparatorie, saccheggi, incendi dolosi sono in corso da diversi mesi. Le violenze a Port-au-Prince hanno provocato lo sfollamento di circa 19.000 persone negli ultimi mesi: famiglie con bambini piccoli, persone con disabilità o altre vulnerabilità sono state violentemente cacciate dalle loro case o costrette a fuggire in cerca di sicurezza, molte hanno trovato un rifugio in 8 siti informali a Port-au-Prince, creati in scuole, stadi e chiese. Inoltre, la penuria di carburante ha compromesso servizi vitali, compresi quelli medici, e ridotto l’accesso all’assistenza sanitaria.

Il sovraffollamento e le scarse condizioni igieniche mettono gravemente a rischio la salute fisica e mentale delle persone, oltre ad aumentare le vulnerabilità esistenti. Alcune ragazze e donne hanno denunciato violenze, anche a sfondo sessuale, e molestie nei siti informali, in cui mancano privacy e spazi sicuri. Il centro di Medici Senza Frontiere cura in media cento feriti di arma da fuoco al mese.

<<Molte persone dormono all’aperto sul cemento senza materassi. Manca acqua potabile e cibo. In alcuni rifugi non ci sono docce, e così le persone si lavano con dei secchi all’aperto o dietro dei teloni. In altri, mancano le latrine, costringendo le persone alla defecazione all’aperto. Queste condizioni, unite al sovraffollamento, costituiscono una minaccia per potenziali focolai di malattie infettive, come le malattie diarroiche o il Covid-19.>> (Mariana Cortesi, responsabile medico MSF Haiti).

Queste notizie sono liberamente tratte da un comunicato di Medici Senza Frontiere, 24 novembre 2021:

https://www.medicisenzafrontiere.it/news-e-storie/news/haiti-insicurezza-port-au-prince/?codiceCampagna=21.PRW.NL.12.ENEWSREG&utm_source=regolari&utm_medium=email&utm_campaign=nl-312&utm_content=&url_map=news1.