I fatti occorsi al Liceo delle scienze umane Regina Margherita di Torino impongono una riflessione e questo è il primo di diversi insegnamenti che ci stanno dando i ragazzi.

Occorrono alcune premesse: l’architettura dell’edificio scolastico del Regina Margherita di via Casana a Torino ricorda, quanto meno a chi scrive, più un istituto penale che una scuola, e per lo stato in cui versa, ricorda un fabbricato industriale di un’azienda fallita da anni. Temiamo non sia un caso che sul sito della scuola compaia solo la foto della sede centrale di via Valperga Caluso.

La conversazione con la Dirigente Scolastica dell’Istituto, la dott.ssa Di Liberti, ci ha restituito l’impressione di una mole difficilmente sostenibile di oneri che spettano al Dirigente Scolastico, ma non solo: che ormai il ruolo del Dirigente sia tale da mettere in secondo piano l’aspetto didattico, di interlocuzione e di valorizzazione umana degli studenti.

La concomitanza tra questi fattori certo penalizza tutti in quell’ambito, ma in particolare chi ne è vittima impotente: i ragazzi.

L’occupazione della scuola è reato? Di per sé no (Sentenza Corte di Cassazione 30 marzo 2000) e se le lezioni continuano non sussiste neanche l’interruzione di pubblico servizio.

Desta molti interrogativi, e non certo rassicuranti, l’opportunità di aver chiamato la Polizia, decisione presa dalla Preside all’annuncio della volontà di occupare. Lecito chiedersi se nelle altre occupazioni in Italia, per gli stessi motivi, sia stata chiamata la Polizia, cosa che non ci risulta.

La Di Liberti ha dichiarato:  “Ciò che contesto è la modalità con la quale stanno portando avanti le loro istanze”, ovvero l’occupazione studentesca, procedura peraltro prevista dalla Giurisprudenza, ma parlare di occupazione in questo caso è pleonastico: la Dirigente non ha dichiarato l’occupazione della scuola.

Quindi è stato negato ai ragazzi il diritto di occupare: ma non siamo in democrazia? E la democrazia non consente la manifestazione del dissenso? In pratica la Dirigente contesta i ragazzi e dispone, i ragazzi contestano e subiscono: gli studenti in agitazione hanno dichiarato di aver avuto minacce di provvedimenti disciplinari.

La Preside ha citato l’ufficio Regionale Scolastico del Piemonte: nel documento di indirizzo per la sicurezza nelle scuole si fa precisa menzione dell’illuminazione degli ambienti, con quelle persiane scassate non si capisce come avvenga; menziona anche i bagni, sul cui stato degradato gli studenti si sono pronunciati. Ieri mattina, in un clima costruttivo da parte di tutti, i ragazzi hanno incontrato i referenti e il vice-sindaco della Città Metropolitana di Torino, competente per i lavori di manutenzione alle scuole della provincia.

Alla domanda da parte della Dirigente se conoscessimo lo stato interno della scuola abbiamo risposto che non siamo entrati (la scuola, giustamente, è un ambiente protetto), ma che se ci avesse invitato lo avremmo fatto certamente, di nuovo ha fatto riferimento all’Ufficio Regionale Scolastico, omettendo di invitarci, ma in tutta franchezza ci è bastato vedere l’edificio da fuori e quel cartello storto con il nome del Liceo, messo col fil di ferro all’ingresso, è il biglietto da visita che restituisce un’immagine piuttosto precisa di quella scuola.

L’agitazione è stata nonviolenta, ma soprattutto le dichiarazioni che abbiamo raccolto dai ragazzi sono inequivocabili: hanno manifestato per il diritto alla dignità dello studio, non solo per loro stessi, ma per gli studenti in generale, incassando l’appoggio del Sindacato di Base USB Scuola.

Da molte parti arrivano moniti sul malessere generale che investe i cittadini italiani. Ai ragazzi, ai quali non siamo in grado di garantire un futuro sereno e un pianeta vivibile, non è consentito questo malessere? Non è consentito manifestare il dissenso occupando ed autogestendo la scuola per un periodo, come si è sempre fatto?

Stupisce che il Liceo Regina Margherita sia esente dal dovere di sviluppare lo spirito critico nei ragazzi, che per quella scuola la cultura non riguardi anche l’esercizio dei diritti, e che le lotte di M.L. King, Malcom X, N. Mandela, siano in quel luogo insegnate, qualora lo siano, per mera ipocrisia.

C’è da chiedersi cosa pensino i docenti del Regina Margherita (e non solo): non sarebbe stato il caso (dato il carattere nonviolento e squisitamente politico del loro manifestare) di evitare di trattarli, chiamando la Polizia, alla stessa stregua dei ladri, spacciatori, mafiosi, e di sostenere le loro istanze? Studenti che se non protestassero sarebbero, come da anni succede, ignorati e depauperati dalla politica?

Non è il caso di unirsi a loro nella lotta per una riqualificazione della scuola pubblica, che è un diritto? I ragazzi ieri hanno smobilitato: semplicemente volevano essere ascoltati e non trattati come minus habens. L’ascolto, l’interlocuzione, la mediazione, hanno vinto.

In ultima analisi ciò che ci stanno insegnando i ragazzi è che non vogliono una scuola che sforni una classe di “semi-lobotomizzati” lavoratori precari sottopagati e soprattutto silenti. Ci stanno insegnando a lottare per il loro e nostro futuro, per motivi seri, per affermare ciò che è sacrosanto e sancito dal Diritto: il diritto alla dignità, ma non solo, il diritto alla giustizia sociale e ambientale.

Abbiamo chiamato l’ANP (Associazione Nazionale Presidi) ma non siamo stati ricontattati, lecito chiedersi se le posizioni della Di Liberti, Presidente Provinciale ANP, siano condivise dal nazionale.

I ragazzi, questi ragazzi della nostra città, hanno avuto il merito di portare alla luce cose di cui troppo poco si parla e che impongono una seria riflessione da parte delle istituzioni, le quali hanno portato il sistema scolastico a uno stato paradossale e parossistico.