L’Associazione per i Popoli Minacciati (APM) condanna la violenza delle forze di sicurezza cilene contro i manifestanti Mapuche. Un’ulteriore militarizzazione del conflitto, che cova da decenni, non serve a nessuno: Il fatto che il presidente Piñera abbia dichiarato lo stato di emergenza nel sud del paese e abbia inviato l’esercito non farà che esacerbare il conflitto e portare ad ancora più vittime. La lotta dei Mapuche per una maggiore autonomia e la restituzione dei loro territori può essere risolta solo attraverso il dialogo. La minaccia militare non facilita certo questo processo.

Lo stato di emergenza si riferisce alle zone meridionali intorno ad Araucanía e Biobio. Le due regioni erano territorio indigeno Mapuche fino a 150 anni fa. Oggi è spesso di proprietà di aziende agricole e di sfruttamento del legname. Ad oggi, non ci sono soluzioni serie per i Mapuche. Un governo dopo l’altro affronta la sfida senza idee. Allo stesso tempo, i Mapuche sono criminalizzati, diffamati come terroristi. In detenzione, affrontano razzismo e condizioni inaccettabili.

Da luglio di quest’anno, un’assemblea guidata dalla mapuche Elisa Loncón sta lavorando alla stesura di una nuova costituzione. Dopo numerose proteste e un referendum storico, la strada è stata spianata nell’ottobre 2020. Ora la questione è quanto seriamente la volontà di impegnarsi nel dialogo con i Mapuche e la loro partecipazione all’emendamento costituzionale debba essere effettivamente presa sullo sfondo di questa escalation. Inviando i militari, Piñera mette in pericolo questo processo storico di un dialogo finora unico con i Mapuche. Il Cile ha bisogno di una nuova costituzione in cui anche la popolazione indigena trovi i suoi diritti riconosciuti presi seriamente in considerazione.