Riceviamo e pubblichiamo

“Dopo che mia figlia ha tentato inutilmente di poter fare il servizio civile ho deciso di scrivere una lettera e diffonderla per denunciare e far conoscere quest’ingiustizia, l’ennesima, che vede protagonista una persona che vorrebbe avere diritti pari a quelli delle altre persone. Vi chiedo di far conoscere questa storia per come potete.

Vi scrivo a proposito di una delle tante ingiustizie che come genitori di una ragazza con la sindrome di down (che ora ha 24 anni) siamo chiamati sin dalla nascita a fronteggiare e combattere. Stavolta è stata l’”assurda” pretesa di nostra figlia di “voler dare il mio contributo come volontaria alla società, ora che sono adulta e credo di poterlo fare, dopo che per anni quando ero piccola, tanti ragazzi e ragazze volontari mi hanno aiutato a crescere”, e cioè di poter anche lei partecipare al bando nazionale di servizio civile volontario, nelle sue articolazioni locali. Nostra figlia ha lavorato come volontaria per più di un anno nella Biblioteca dell’Istituto scolastico di secondo grado “Grassi” di Torino (gestita quasi interamente da volontari) e le era rimasto il desiderio di poter lavorare un giorno in una biblioteca. Si era illusa di poter partecipare al bando per l’assunzione di nuovo personale nelle biblioteche, sperando che vi fosse prevista una quota per le categorie protette, notizia che anni fa il Comune di Torino aveva ampiamente pubblicizzato e che non ha poi avuto alcun esito. Quando ha sentito che si apriva la possibilità ai giovani di fare il servizio civile, stavolta ha deciso di parteciparvi con entusiasmo, scoprendo che alcuni dei progetti presenti nella lista torinese erano relativi alle biblioteche. Quando abbiamo però contattato i responsabili, ci hanno detto che la partecipazione dei “disabili e persone con problemi” era limitata a un solo progetto, espressamente dedicato, gestito da una scuola privata torinese. Abbiamo contattato la responsabile di questo istituto la quale ci ha dettagliatamente informato su quelle che sarebbero state le mansioni del volontario selezionato: imburrare panini e sistemare gli scaffali, ripulire gli stivaletti dei bambini della scuola materna al ritorno dalle passeggiate quotidiane in collina, e così via. Ho risposto alla signora che mia figlia ha preso la maturità alberghiera (con la relativa qualifica triennale) indirizzo cucina, e da anni cucina sia in casa che nel gruppo di autonomia dell’associazione di cui facciamo parte. Quanto alle pulizie, è abituata a farle in casa sin da piccola e il suo percorso di autonomia ha come obiettivo la vita da sola in una sua casa, magari con il suo fidanzato o con un’amica.

Il servizio civile dovrebbe aiutare la formazione dei nostri giovani, ma avere come unica possibilità d’inserimento il progetto suddetto rappresenta una palese violazione dei diritti della persona disabile stabiliti una volta per tutte dall’ONU nel 2006 in una delle sue “Dichiarazioni”. Lo affermiamo con forza perché anche nostra figlia avrebbe il diritto di fare nuove esperienze che arricchiscano la sua formazione, così come tutti gli altri e le altre coetanei, e ne è invece privata.

Ha comunque deciso di candidarsi per il progetto Biblioteche, pur sapendo di non avere praticamente alcuna possibilità di successo, perché sarebbe stata posta esattamente sullo stesso piano degli altri, senza alcuna facilitazione. E così è naturalmente avvenuto: anche se si era preparata sulle tematiche richieste, al colloquio le è stato “naturalmente” chiesto solo il perché si fosse candidata, quale era stata la sua esperienza precedente in biblioteca e quali libri avesse letto… Già ascoltando il colloquio abbiamo capito come sarebbe andata, e così è stato. Ha dovuto così rendersi conto per l’ennesima volta che le strade verso una effettiva cittadinanza le sono sbarrate, che le sue effettive capacità non interessano e che sarà sempre etichettata nello stesso modo, alla faccia dei suoi diritti. Gli unici diritti che ha e che vorrà avere ha dovuto e dovrà letteralmente strapparli e tenerseli stretti con la sua lotta personale e con la lotta di chi come la famiglia e i suoi gruppi di amici ed educatori che la sostengono. Per ora lo stato non ha delle risposte degne, siamo ancora nel buio più assoluto. Noi continueremo a lottare con lei e per lei e per quelli che vogliono come lei essere rispettati come persone con diritti.

Distinti saluti.
Pina Vitiello e Hasti Fatah
Torino, 1.07.2021″