Il mio caro amico Igor Russomanno è morto ieri nel reparto di terapia intensiva dell’ospedale di Avellino per le complicazioni derivate dal Covid-19.

Igor è stato per decenni un infaticabile attivista del Movimento Umanista ed in questa veste l’ho conosciuto all’inizio degli anni Novanta.

Ci siamo incontrati l’ultima volta questa estate a Caposele, suo paese natale e passeggiando per il centro abbiamo amabilmente conversato: parlare con Igor era sempre piacevole e stimolante.

Lo è stato dall’inizio, quando mi propose di aiutarlo nella sua missione di formare gruppi del Movimento Umanista a Parigi: avevo poco più di vent’anni e Torino mi stava stretta. Ho riconosciuto istintivamente in lui la mia stessa voglia di mondo. Lui era già stato diverso tempo in missione in India e da quell’esperienza era anche nata la sua tesi di architettura sugli Slum di Bombay come soluzione abitativa estrema.

Dopo la missione a Parigi mi ha aiutato nella formazione di gruppi umanisti a Torino nei quartieri S.Rita,  Borgo Vittoria e Barriera di Milano e nella gestione dei due Centri di Comunicazione Diretta di S.Rita e Barriera di Milano; il suo apporto è stato fondamentale nella formazione del gruppo di attivisti per gestire i centri perché ci forniva una visione, la fiducia nella possibilità di cambiare il mondo persona dopo persona, attività dopo attività e nel farlo di crescere in consapevolezza ed efficacia.

Il suo apporto fu fondamentale anche nel mio successivo cambio di tappa, l’inizio delle attività in Senegal e la definizione delle Campagne di Appoggio Umano nella periferia di Dakar ed a Luoga.

Poi è arrivato il suo di cambio di tappa e ci siamo persi di vista o meglio abbiamo smesso di sentirci quasi quotidianamente: per il primo decennio del duemila è continuata la mia voglia di mondo ed il Senegal ha assorbito le mie energie. Igor ha riposto le sue valigie e forse ha preferito riprendere contatto con le sue radici, con Caposele, suo paese natale, di cui raccontava orgogliosamente del suo acquedotto che disseta la Puglia.

Di questa fase della vita del mio amico mi rimangono i suoi racconti nelle ultime volte che ci siamo visti ad Avellino o a Caposele.

Mi rimane il rammarico di non averlo sentito più spesso, se non altro per tentare di restituirgli una parte di quella visione che mi ha donato generosamente e che ancora agisce in me, segno quasi tangibile che la morte è solo un’illusione e che parte di noi continua a vivere ed agire nel mondo in modi imprevedibili e potenzialmente infiniti.

Ciao Igor