1° marzo 2021: quasi 300 persone che faticano un po’ a mantenere le distanze, ma vogliono esserci si ritrovano in piazza Duomo a Milano. Quasi tutti sono migranti provenienti da ogni parte del mondo; molti di loro reggono dei cartelli, dei fogli “Non possiamo più aspettare”, denunciano la sanatoria truffa, quella per la quale migliaia di persone hanno presentato documenti e sperato e ora aspettano tempi biblici.

Gli interventi si susseguono, alcuni in altre lingue, ma molti capiscono e applaudono. Tanta è la rabbia, l’indignazione. Elencano i numeri sulla percentuale di lavoratori immigrati che sostengono l’economia italiana, che attraverso i loro contributi sostengono l’Inps, che sono arrivati qui con tante speranze e dopo anni e anni faticano ancora, appesi a un permesso, a un pezzo di carta. Descrivono le emozioni che attraversano uomini, donne che hanno lasciato il loro paese e che per anni e anni non possono tornare, rivedere i loro cari, perché privi del diritto sacrosanto di andare e ritornare, di spostarsi, di non avere paura e di non essere ricattati. Ricordano come legare un permesso di soggiorno al lavoro rende centinaia di migliaia di persone ricattabili, deboli, fragili. Ma oggi sono in tanti, tante e gridano forte. Si rivolgono a noi, “settima potenza mondiale” che potrebbe fare e dare di più. Chiedono il diritto di voto, di partecipazione. Stanchi e stanche di code, attese, appuntamenti, marche da bollo, tasse da pagare, e poi di nuovo scadenze, appuntamenti e via così.

Oggi c’erano soprattutto loro in piazza, non i soliti italiani che raccontano storie altrui, ma loro che parlavano di sé, dei loro sogni e delle loro lacrime. Un passo importante. Uniti si va lontano.