Comincia oggi, con questo primo numero della rubrica “Uomini Ombra: notizie dal limbo“, il progetto di una campagna contro il carcere a vita, curata da me, Carmelo Musumeci, ex ergastolano, prima sicuro che dal carcere sarebbe uscito solo il mio cadavere, oggi mosca bianca graziata dalla giustizia italiana: ma sono l’eccezione che conferma la regola. Quella che vi propongo è una mia vecchia testimonianza, scritta quando ancora non credevo che avrei mai ritrovato la libertà.

La pena dell‘ergastolo è un inferno ancora più brutto dell‘inferno, perché quello dell‘aldilà lo sconti da morto, ma questo lo sconti da vivo.  Continuo ad avere un sogno: l’abolizione dell’ergastolo in Italia. Dato che è meglio accendere una candela che maledire l’oscurità, ho deciso di diffondere periodicamente testimonianze di ergastolani per sensibilizzare l’opinione pubblica contro il carcere a vita. Lo so, probabilmente la maggioranza politica del paese è contraria all’abolizione dell’ergastolo, ma la storia è piena di maggioranze che sbagliano. Essere in molti non significa di per sé che si abbia ragione.

L’ergastolano è l’amico ideale dei detenuti perché non rompe, è sempre disponibile, ascolta i sogni e i progetti degli altri prigionieri senza mai raccontare i propri. Ieri un compagno che ha il fine pena e che mi viene spesso a trovare in cella per raccontarmi cosa farà quando uscirà, mi ha fatto amaramente sorridere quando mi ha chiesto perché non gli racconto mai nulla di me e dei miei progetti di quando uscirò. Per un attimo ho provato l’istinto di dargli un calcio negli stinchi, invece gli ho fatto il caffè. E gli ho spiegato che chi non aspetta nessun fine pena è inutile che faccia progetti, e che molti ergastolani vivono la vita degli altri senza più pensare alla loro. Poi gli ho confidato che io vivo solo per le persone che fuori mi vogliono bene. Vivo la vita della mia compagna, dei miei figli e ora anche la vita dei miei due nipotini perché la vita è un sogno, ma agli ergastolani è vietato sognare perché per noi non ci sono stelle nel cielo.  Gli ho confidato che gli ergastolani sono le uniche persone che nell’universo riescono a vivere senza speranza e senza futuro. L’amico mi ha ascoltato scrollando diverse volte la testa. Poi ha finito di bere il caffè e se ne è andato con gli occhi bassi e la coda fra le gambe. Spero che per un po’ non mi parli più di cosa farà quando uscirà. Quando sono rimasto solo, guardando le foto dei miei nipotini attaccate alla parete ho pensato che per scontare l’ergastolo bisogna avere tanto coraggio, o forse tanta incoscienza.  Ho riflettuto che forse la cosa peggiore per un ergastolano è quella di abituarsi a vivere in carcere come se ci avesse sempre vissuto, dimenticando che dall’altra parte del muro di cinta ci sono il sole, il vento, un cielo diverso.   Ho pensato che forse la nostra vera prigione è nella nostra mente ed è una prigione dalla quale rischiamo di non uscire mai più. E che molti di noi sono ciechi di fronte a ciò che possono vedere e sordi di fronte a quello che possono sentire. Alla fine ho pensato che forse i nostri sogni sono liberi e vivi, ma noi no. Poi ho smesso di pensare.