L’eliminazione del filibuster potrebbe essere la strada per la protezione dei diritti civili di tutti gli americani. Questa una sintesi dell’elogio funebre fatto da Barack Obama nel luglio del 2020 al funerale di John Lewis, l’icona dei diritti civili alla Chiesa Ebenezer di Atlanta. Il legame diretto tra il filibuster, la regola del Senato che permette a una minoranza di 41 senatori di bloccare i disegni di legge e i diritti civili non è una esagerazione. Alcuni considerano il filibuster una reliquia delle leggi di Jim Crow, usate negli Stati del Sud dal 19esimo al 20esimo secolo per mantenere la segregazione razziale. Di questi giorni, con le vittorie di Raphael Warnock e Jon Ossoff nel ballottaggio per i due seggi nello Stato della Georgia, i democratici hanno eguagliato il numero dei senatori repubblicani (50-50). Considerando il fatto che, Kamala Harris, la nuova vicepresidente, può rompere il perfetto equilibrio a favore del suo partito, i democratici potrebbero approfittare per eliminare il filibuster.

Il recentissimo accordo fra Chuck Schumer (New York), il nuovo leader democratico della maggioranza e Mitch McConnell (Kentucky), leader della minoranza repubblicana però lo impedirà. Per almeno due anni i democratici hanno promesso di non procedere all’eliminazione del filibuster, causando un probabile rallentamento alle componenti progressiste dell’agenda del nuovo presidente Joe Biden.

Schumer si trovava in una posizione di svantaggio nel confronto con McConnell perché, secondo le regole, i repubblicani potevano mantenere il controllo delle commissioni e quindi delle decisioni sulle nomine dei membri del governo di Biden. Con l’accordo fra i due leader del Senato, Schumer ha promesso di non toccare il filibuster, ottenendo in cambio il controllo dell’agenda nella Camera Alta. Schumer avrebbe voluto eliminare il filibuster, ma due dei senatori del suo partito, Joe Manchin (West Virginia) e Kyrsten Sinema (Arizona), erano contrari e quindi con ogni probabilità non avrebbe avuto i voti necessari. McConnell ottiene dunque la sua arma per avere una forte influenza sull’agenda legislativa di Biden, poiché saranno necessari 60 voti al Senato per approvare i nuovi disegni di legge.

Nei primi giorni del suo mandato Biden ha annunciato una lunga serie di ordini esecutivi sul riscaldamento globale, la pandemia, la protezione dei lavoratori, ecc., per ribaltare quelli più dannosi del suo predecessore. Questi decreti non richiedono approvazione legislativa né risolvono completamente i problemi più gravi, ma attuano almeno in parte l’agenda politica promessa nella sua campagna elettorale. Nuove leggi, come il già annunciato stimolo economico di 1900 miliardi, andranno invece approvate dal Senato. Il problema è che ottenere 60 voti non sarà facile, considerando la tendenza all’ostruzionismo di McConnell, specialmente durante gli otto anni della presidenza di Obama.

In realtà il senatore del Kentucky non è il primo a fare uso del filibuster per limitare disegni di legge approvati dalla Camera, modificarli, o in casi estremi bloccarli mediante la deliberazione. All’inizio della storia americana il Senato richiedeva solo una semplice maggioranza per approvare nuove leggi, anche se alcuni senatori potevano deliberare senza interruzione e sfiancare i loro colleghi con lunghi discorsi. Nel 1917 però si creò la regola della “cloture” (chiusura), cioè una manovra per porre fine alle deliberazioni con il consenso di 67 senatori, numero ridotto a 60 nel 1974. Senatori di ambedue i partiti hanno continuato a usare questa regola per limitare leggi considerate troppo estremiste approvate dalla Camera, dove vige la maggioranza semplice.

Il filibuster fa del Senato un’istituzione antidemocratica, poiché la minoranza invece della maggioranza può decidere il destino dei disegni di legge. Ma il Senato è poco democratico anche considerando la sua composizione, tutt’altro che proporzionale dal punto di vista dei cittadini. Ognuno dei 50 Stati ha diritto a due senatori. Ciò vuol dire che il Wyoming (con una popolazione di 600.000 abitanti), l’Alaska, il North Dakota e il South Dakota, anche loro scarsamente popolati, hanno due senatori come la California, con quasi 40 milioni di abitanti. Una sproporzione notevole, che risale agli inizi del paese, poco dopo la rivoluzione americana.

Oggi la situazione è peggiorata, favorendo gli Stati piccoli, che spesso hanno una popolazione in maggioranza bianca e tendono a votare per i repubblicani. Questa situazione influisce anche sull’elezione presidenziale mediante l’Electoral College, composto da elettori che riflettono proporzionalmente il numero di parlamentari, ma anche da due senatori per ogni Stato. La California ha 55 voti elettorali (53 parlamentari + due per i senatori) mentre il Wyoming, l’Alaska, il North Dakota, il South Dakota e il Vermont ne hanno 3 (1 parlamentare e 2 senatori).

Il senatore liberal Bernie Sanders del Vermont ha già indicato che per mettere in atto l’agenda del Partito Democratico, che al momento controlla la Casa Bianca, la Camera e in modo meno decisivo anche il Senato, bisognerà collaborare con i colleghi repubblicani. Ciononostante ha chiarito che i democratici dovrebbero essere pronti a usare anche la tortuosa strada della “reconciliation” per raggirare il possibile filibuster. La manovra della reconciliation non richiede una maggioranza del 60%, purché i disegni di leggi abbiano a che fare con questioni di bilancio. Si tratta di un meccanismo spesso usato dai repubblicani, per esempio  nei tagli alle imposte del 2017 che hanno beneficiato in grande misura le classi più abbienti.

Biden ha rappresentato lo Stato del Delaware al Senato per 36 anni ed avrebbe buoni rapporti con McConnell, che però non hanno prodotto buoni risultati nei suoi otto anni come vicepresidente di Obama. Sarà diverso adesso come presidente? Al momento le nomine dei membri del suo governo procedono senza problemi. Il vero test si vedrà con la sua agenda legislativa e con l’uso che McConnell farà dell’arma del filibuster.