Oltre duecento persone in questo freddo pomeriggio milanese hanno manifestato la loro indignazione, la loro repulsione per lindifferenza che avvolge l’Europa, la ricca Europa, che mette la polvere sotto il tappeto, nasconde le vergogne, cerca di far sparire le prove di una violenza subappaltata.

Abbiamo imparato a non dire più ex-Jugoslavia. Ora li conosciamo tutti questi piccoli Stati che come i pedoni degli scacchi fanno da barriera per noi benestanti: Slovenia, Bosnia, Croazia, ognuno col suo compito. Siamo bravi noi europei, mica buttiamo la spazzatura tutta insieme, facciamo la raccolta differenziata. Questi si respingono in Friuli, questi li mettiamo nel CPR, questi altri nelle navi quarantena; d’altra parte, come ha detto qualche settimana fa la nostra impavida Ministra degli Interni, “Mica possiamo affondarli questi barchini!”.

Vergogna.

Così da Milano, questa malconcia capitale morale che prova a rialzarsi come il barone di Munchausen, sollevandosi per il codino, si cerca di far sentire una voce diversa. Generosa, ma forse ancora troppo flebile.

Oggi mentre si manifestava in piazza Cairoli, a quattro fermate di metropolitana, in piazza San Babila, la rete Porti Aperti chiedeva diritti per tutti gli immigrati, denunciando i ritardi della sanatoria. Tutto giusto.

Un giorno riusciremo a mettere bene insieme tutte queste forze indignate, a puntare i piedi, a fare un’azione forte e resistente, e a chiedere conto di queste ferite che stiamo lasciando addosso a migliaia di esseri umani, colpevoli solo di essere nati in un’altra fetta di pianeta.

Un giorno troveremo una bella gru, come fecero dieci anni fa a Brescia.