Molte persone sono confuse dalla parola “neoliberista”. È comprensibile che siano confuse. Il bizzarro termine “neoliberista” è molto spesso accostato al termine “liberale”. Non sono la stessa cosa.

Anche se le radici del liberismo classico risalgono alla fine del XVIII secolo, la definizione del termine varia a seconda di dove e da chi viene utilizzata. Per esempio, in Inghilterra il significato della parola “liberista” è molto simile a quello di duecento anni fa. Liberismo economico in Inghilterra vuol dire slegare l’economia da considerazioni di tipo sociale e politico, che devono essere tenute lontane dai meccanismi presumibilmente autocorrettivi del “libero mercato”. Il termine francese laissez-faire, ovvero “lasciate fare”, è il principio fondamentale del classico liberismo economico. È sostanzialmente l’opposto dell’accezione di liberismo negli Stati Uniti.

Alla fine degli anni ’70 in Inghilterra e nei primi anni ’80 negli USA avvenne la rinascita di una versione inglese del liberismo economico. Questa rinascita si manifestò nelle amministrazioni di Margaret Thatcher in Inghilterra e Ronald Reagan negli USA. Una caratteristica principale della forma assunta da questa ideologia fu demonizzare le istituzioni della “sinistra liberale” che quarant’anni prima permisero agli USA di uscire dalla disperazione socioeconomica. Furono eliminati aspetti quali i sindacati, gli ammortizzatori sociali e la tassazione dei ricchi. Al loro posto arrivarono la privatizzazione delle istituzioni pubbliche, la deregolamentazione dei mercati e uno spostamento dell’onere fiscale dai ricchi sulle spalle della classe media e dei poveri. Per questa svolta politica, inizialmente avanzata dai Repubblicani conservatori negli USA, fu più tardi coniato il termine “neoliberismo”.

In aggiunta a questa confusione di termini e partiti, a inizio e metà degli anni ’90 il Partito Democratico americano iniziò ad abbandonare la sua ideologia liberale di centrosinistra a favore delle politiche del “neoliberismo”. Infatti, molti considerano l’era Clinton (1992-2000) il periodo di gestazione del neoliberismo. Sotto la guida di Alan Greespan, che fu anche il principale consulente economico sia per Nixon che per Reagan, l’amministrazione Clinton eliminò tutte le restrizioni ai monopoli aziendali nei settori del commercio internazionale, dei media, delle carceri e del sistema bancario. Gli ultimi due decenni del ventesimo secolo, l’era Reagan-Clinton, diventarono praticamente un colpo di stato neoliberista.

Entro il 2000 il Partito Democratico aveva praticamente abbandonato le politiche governative di centrosinistra a favore di politiche neoliberiste. Da allora abbiamo affrontato due gravi crisi economiche (a fine 2000 e inizio 2008) e un’acquisizione quasi totale di tutte le principali istituzioni statunitensi da parte di monopoli aziendali negli anni di Bush, Obama e Trump. Per quanto riguarda il presidente eletto Joe Biden, le sue posizioni e proposte fondamentali sono al passo con quasi tutti i suoi sei predecessori neoliberisti.

Infatti, a parte pochissime eccezioni, OGNI attuale politico americano ai piani alti del governo è più o meno un sostenitore dell’ideologia neoliberista. Ciò a cui abbiamo assistito finora nel XXI secolo è il trionfo del neoliberismo e la caduta della sinistra liberale statunitense.

Il risultato di tutta questa attività è stato ciò che sostanzialmente equivale a una tacita unificazione delle ideologie di base di Repubblicani e Democratici riguardo a politiche economiche e, di conseguenza, militari. I principali media di informazione, che a causa della deregolamentazione neoliberista sono diventati portavoce dei loro datori di lavoro multimiliardari, non parlano mai di questa fusione di ideologie. I maggiori notiziari televisivi via cavo come MSNBC, Fox New e CNN fanno invece a gara per distogliere l’attenzione del pubblico dalla collusione economica e militare tra partito Democratico e Repubblicano.

Questi politici al soldo delle aziende e i media al servizio dei super-ricchi hanno meticolosamente confuso il pubblico, deviando l’attenzione su questioni secondarie e sensazionalismi con l’obiettivo di alimentare costantemente l’antagonismo tra “sinistra” e “destra”. Questa diffusione della confusione ha finora mantenuto la divisione tra le masse crescentemente emarginate della presunta “sinistra” e “destra”.

Sarà interessante vedere cosa succederà quando il pubblico sempre più marginalizzato si renderà conto dell’inganno di questa divisione alimentata dalle grandi corporations. Sarà affascinante assistere al momento in cui la fantomatica linea tra la “sinistra” abbandonata e la “destra” abbandonata si dissolverà finalmente, e ci uniremo nella lotta per salvare il nostro destino comune.

Traduzione dall’inglese di Enrica Marchi. Revisione di Thomas Schmid