Il 25 novembre il Movimento delle Donne Kurde in Europa (TJK-E) ha fatto partire la campagna 100 ragioni per perseguire Erdogan, che da qui all’8 marzo 2021 mira a raccogliere 100.000 firme, che verranno poi consegnate alle Nazioni Unite e altre istituzioni internazionali con prove e dettagli dei crimini commessi dal regime turco nei confronti delle donne, in particolare quelle che lottano e resistono contro l’oppressione patriarcale, statale e capitalista. (Qui il link all’appello completo)

A 18 anni dall’inizio della dittatura di Erdogan, in Turchia i crimini nei confronti delle donne sono aumentati e sono sempre più “normalizzati” grazie a politiche sessiste e patriarcali, e le donne attiviste e impegnate in politica sono state censurate, imprigionate, assassinate, fatte oggetto di ogni sorta di oppressione e violenza. Ne è un esempio il caso di Leyla Güven, la parlamentare dell’HDP che nel novembre 2018, dalla prigione, iniziò uno sciopero della fame durato 200 giorni per chiedere la fine dell’isolamento di Abdullah Öcalan, e che nei giorni scorsi è stata di nuovo condannata a 22 anni di reclusione per terrorismo.

L’obiettivo della campagna non è solo la condanna nei confronti dei responsabili di questi crimini, ma la richiesta che il femminicidio venga inserito in un contesto legale più ampio per mettere fine alla sua “normalizzazione”; vogliamo che venga riconosciuto come un crimine contro l’umanità, equiparabile al genocidio.

È tempo di definire i crimini contro le donne per quello che sono: un sistema di guerra nei confronti di un genere, sia nelle zone di conflitto sia nella vita quotidiana come al lavoro, in casa, per strada. Una guerra che viene costantemente portata avanti su più livelli: fisico, militare, psicologico e ideologico.

La violenza contro le donne è pervasiva, accettata, spesso giustificata con scuse risibili come l’abito che si indossa; spesso questi crimini non vengono riconosciuti come tali nemmeno nei tribunali. Nelle zone di guerra le donne sono sistematicamente vittime di stupro, un modo per annientare una comunità psicologicamente e fisicamente.

Le donne del TJK-E, e noi con loro, sostengono che: “Ogni firma sulla petizione ci porterà a raggiungere questi obiettivi, che non sono limitati a un singolo territorio in un contesto politico preciso. Come donne che sono colpite in particolare dalle politiche sessiste e femminicide di Erdogan non possiamo tacere e rinunciare ad agire. Non ci potrà essere pace senza che sia fatta giustizia.”

Vi chiediamo di sostenere la campagna firmandola, facendola circolare attraverso i vostri contatti e pubblicizzandola sulle vostre piattaforme.

Le donne del TKJ-E contano sul nostro supporto e noi sul vostro: solo unite, sentendoci e prendendo attivamente parte al confederalismo mondiale delle donne, ognuna e tutte con i propri colori, le proprie differenze, i propri modi di lottare, potremo essere in grado di raggiungere la liberazione dalle oppressioni che come donne sperimentiamo ogni giorno e condividiamo con le nostre sorelle sparse per il mondo. Questa campagna è un tassello, secondo noi importante, di questa unica e molteplice lotta di resistenza e liberazione.

Rete JIN Italia

Petizione online: https://100-reasons.org/petition/

Per avere aggiornamenti e dettagli sulla campagna seguite il sito: https://100-reasons.org

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