Sigmund Freud (1856-1939) era medico, neurologo e positivista. Credeva nella scienza e nelle sue applicazioni, ma quando si rese conto che in noi agiva qualcosa di non catturabile con la ragione, qualcosa di non misurabile dalla scienza, non rinnegò il suo approccio scientifico bensì ammise l’esistenza nell’essere umano dell’influsso della psiche sul corpo. A questo proposito già cinque secoli prima di Cristo, Ippocrate, il primo medico della storia occidentale, si rese conto quanto i due aspetti dell’uomo fossero in relazione influenzandosi reciprocamente, individuando ciò che oggi chiamiamo psicosomatica. Nulla di nuovo? Freud lavorò con spirito filosofico, di chi si interroga cercando sempre nuove risposte, sulla sua intuizione inventando la psicoanalisi e scoprendo l’esistenza di una tripartizione: la dimensione cosciente, l’Io, una inconscia che chiamò Es e una censoria definita Super Io. Questa è la novità, il Viennese la creò grazie a chi lo aveva preceduto, non ultimo Socrate capace di entrare in dialogo con l’interlocutore per far venire alla luce quello che noi chiamiamo oggi il vero sé, la libertà di essere quello che siamo, la vera natura dell’essere umano. Socrate fece nell’agorà la prima seduta analitica della storia, così Freud poté mettere a punto il suo metodo su una strada già tracciata.

L’opera omnia di Freud è molto vasta, autorevole ed interessante per il pensiero filosofico e per la ricerca della cura attraverso la psicoanalisi, mi sembra importante riflettere in questa particolare epoca storica sulle Tre ferite narcisistiche, definite da Freud umiliazioni inferte al genere umano; ne parla nel saggio del 1917 Una difficoltà della psicoanalisi. La prima ferita fu la scoperta dell’eliocentrismo, al contrario di quanto si pensasse siamo noi a ruotare intorno al sole e non viceversa, la seconda fu la scoperta di appartenere al genere animale al pari degli altri animali e la terza quella che anche l’Io non è padrone in casa sua. Il narcisismo discende dalla mitologia di quel Narciso che si innamorò della propria immagine, Freud parlando del narcisismo del bambino piccolo sostiene nel saggio sopracitato che: ”attribuiamo a un eccessivo narcisismo dell’uomo il fatto che egli creda all’onnipotenza dei suoi pensieri e voglia influire sul corso degli avvenimenti del mondo esterno con la tecnica della magia”. Il narcisismo di cui si parla spesso negli ultimi anni, quella tendenza stritolante di voler essere i migliori in modo cinico senza occuparsi degli altri; solo io devo apparire, avere consensi, solo io devo essere illuminato da quel faro capace di mettere in evidenza la mia grandezza, bene, quel narcisismo è una forma di violenza. La violenza della sopraffazione su chi non può difendersi ed è costretto a sottomettersi.

In questo anno terribile della pandemia da covid 19, tanti esseri umani hanno mostrato il loro narcisismo con più spavalderia, le situazioni difficili fanno spesso emergere i lati peggiori, molti altri esseri umani hanno compreso invece di essere vulnerabili, in balia non solo del virus ma dei narcisi di turno ed anche delle decisioni dei governi. Si dice che la libertà sia stata violata in nome della sicurezza sanitaria, la mia non è una polemica ma un dato di fatto oggettivo e mi sono chiesta fin dall’inizio se ciò avrebbe lasciato un segno nell’animo umano. Quelle famose ferite freudiane hanno inferto un solco, è innegabile, ma rendendoci più capaci di sopportare o di ribellarci? Abbiamo paura o siamo più sprezzanti del pericolo? Siamo più razionali o più incoscienti dopo 10 mesi di covid? Stabilire delle percentuali attendibili credo sia impossibile anche con uno studio sistematico sulla popolazione. Dovremmo invece riflettere con più profondità su questi punti importanti del pensiero freudiano per considerare le ferite narcisistiche una possibilità da sfruttare al meglio. Si matura come individui se si smette di vivere nella dimensione del sogno, le ferite fanno crescere, se si abbandona il credere che andrà tutto bene: non andrà per nulla tutto bene se non prenderemo coscienza fino in fondo della nostra capacità di costruire il miglior futuro possibile. Non sarà un’utopia se ci crederemo davvero. La nuova ferita è quindi la scoperta che non andrà tutto bene, da questa cicatrice possiamo ripartire…