Donald Trump è uno dei più accaniti sostenitori della pena di morte. Ora il suo Dipartimento di Giustizia sta programmando diverse esecuzioni di criminali condannati, prima dell’insediamento di Joe Biden il 20 gennaio 2021.

Il presidente Trump e il suo governo si stanno ancora una volta dimostrando integralisti coerenti poco prima della loro uscita di scena: oltre all’iniezione letale, in futuro saranno consentiti altri metodi di esecuzione come la fucilazione, la sedia elettrica o l’uso di gas letali. Lo si evince dall’emendamento a un regolamento per l’esecuzione della pena di morte di persone condannate a livello federale, pubblicato venerdì scorso nella Gazzetta ufficiale federale. Secondo questo testo, a partire dal 24 dicembre le esecuzioni potranno essere eseguite con qualsiasi metodo di esecuzione legale nello Stato in cui è stata pronunciata la sentenza.

Le esecuzioni negli Stati Uniti avvengono di solito per iniezione letale, ma in alcuni Stati le leggi prevedono delle alternative. In Mississippi e in Oklahoma, per esempio, l’uso del gas, della sedia elettrica e dei plotoni d’esecuzione è generalmente permesso. In Tennessee, a dicembre un detenuto è stato giustiziato sulla sedia elettrica.

Più di 2.500 persone sono in attesa di esecuzione nel braccio della morte nei diversi Stati, più altri 61 detenuti nel braccio della morte nazionale. Negli Stati Uniti la pena di morte – per quanto cinico possa sembrare – fa parte dell’arsenale politico con cui si combattono le guerre di religione. Il diritto dello Stato di vendicare un grave crimine giustiziando il colpevole è un punto su cui l’America liberale si differenzia da quella conservatrice. Trump è sempre stato un fervente sostenitore della pena di morte, e in questo non è diverso dai suoi ex colleghi repubblicani. George W. Bush, uno dei suoi predecessori, durante la sua campagna elettorale ha dichiarato una volta di sostenere la pena di morte “perché credo che possa salvare delle vite”. Una logica bizzarra, che ancora oggi funge da principio guida per Trump e il suo ministro della giustizia Bill Barr.

Trump ha spinto per la reintroduzione delle esecuzioni a livello federale, dopo che non ce n’erano state dal 2003. Da allora le condanne a morte sono continuate, ma senza che venissero eseguite. La battaglia legale per il ripristino delle esecuzioni si è trascinata fino alla Corte Suprema di Washington. Alla fine la posizione del governo ha prevalso. Le prime tre esecuzioni per iniezione letale sono state eseguite nel mese di luglio in un carcere federale di Terre Haute, nell’Indiana.

Nonostante il programma di esecuzione di Trump, nel complesso la pena di morte è in calo negli Stati Uniti. In molti luoghi ciò è dovuto al cambiamento dell’opinione pubblica, ma anche alle crescenti difficoltà nell’ottenere i materiali necessari per le iniezioni letali. Inoltre le condanne alla pena di morte comportano di solito un lungo e costoso contenzioso. Secondo il “Death Penalty Information Center”, nel 2020 negli Stati Uniti sono state giustiziate finora 15 persone, otto delle quali a livello federale. Se ora, oltre a due esecuzioni già pianificate, altri tre detenuti saranno giustiziati nel braccio della morte federale, come annunciato dal Dipartimento di Giustizia, il numero di detenuti uccisi tra luglio e la fine del mandato di Trump salirà a 13. Sarà uno dei periodi più letali nella storia della pena di morte federale dal 1927.

Steve Vladeck, professore di diritto all’Università del Texas, ha dichiarato al New York Times che questo è “un modo piuttosto crudele” di lasciare l’incarico. Il ministro della giustizia Bill Barr sembra essersi dato la missione di “giustiziare il maggior numero possibile di prigionieri federali prima della fine del suo mandato”.

Il 20 gennaio 2021, il nuovo presidente Joe Biden presterà giuramento. Il democratico si oppone alla pena di morte.

L’articolo originale si trova qui sul sito del nostro partner

Traduzione dal tedesco di Thomas Schmid. Revisione di Anna Polo.