Dopo le rivolte degli agricoltori contro i privilegi delle multinazionali, in India ieri si è tenuto uno sciopero nazionale contro le politiche neoliberiste del governo di destra di Narendra Modi. Allo sciopero hanno aderito 250 milioni di contadini, agricoltori e lavoratori, ovvero pari al 3,5% della popolazione mondiale.

Questa giornata di azione di massa è stata indetta da 10 sindacati e da oltre 250 organizzazioni di contadini ed è stata accompagnata da massicce proteste e dalla quasi totale chiusura di alcuni stati indiani. Secondo l’appello lanciato dai sindacati, lo sciopero generale è stato organizzato contro “le politiche anti-popolari, anti-lavoratori, anti-nazionali e distruttive del governo del BJP guidato dal Primo Ministro Narendra Modi”.

Le rivendicazioni politiche che hanno messo sul piano delle trattative sono un vero e proprio esempio soprattutto per i lavoratori dei paesi occidentali, insegnandoci che la rivolta a politiche liberticide e speculative è ancora possibile. Tra le rivendicazioni vi sono:

  • Ritiro di tutte le “leggi anti-agricoltori e dei codici del lavoro anti-lavoratori”
  • Versamento di 7.500 rupie nei conti di ogni famiglia povera, già esente dalle tasse
  • Fornitura mensile di 10 kg di cibo alle famiglie bisognose
  • Espansione del Mahatma Gandhi National Rural Employment Guarantee Act (MGNREGS) del 2005 per stabilire 200 giorni lavorativi all’anno, salari più alti e l’estensione della legge alle industrie urbane
  • Interrompere la “privatizzazione del settore pubblico, compreso il settore finanziario, e fermare la privatizzazione delle aziende manifatturiere e dei servizi gestiti dal governo, come le ferrovie, le fabbriche di munizioni, i porti, ecc.”
  • Il ritiro del “pensionamento draconiano forzato e prematuro dei dipendenti del governo e del PSU (settore pubblico)”
  • Pensioni per tutti, la soppressione del sistema pensionistico nazionale e la reimposizione del precedente piano di previdenza, con modifiche.

Anche studenti, lavoratori domestici, tassisti e altri settori hanno partecipato alla giornata nazionale di azione. Hanno aderito allo sciopero i lavoratori di quasi tutte le principali industrie indiane che producono acciaio, carbone, o che si occupano di telecomunicazioni, ingegneria, trasporti e porti, ma anche dipendenti di banche, i quali stanno combattendo contro la privatizzazione delle banche, contro l’outsourcing, per una riduzione delle spese di servizio e contro le grandi inadempienze aziendali.

Oltre alle richieste dello sciopero a livello nazionale, alcuni settori hanno fatto richieste per combattere gli attacchi del governo alle loro industrie che colpiscono l’intera classe operaia indiana.

Come ha dichiarato l’Università di Bombay e il Collegio dei docenti dell’Unione degli insegnanti di Bombay, questo sciopero è contro anche la devastante crisi sanitaria ed economica scatenata dal Covid-19 e l’isolamento dei lavoratori del paese. L’India ha registrato più di 9,2 milioni di persone infettate dal Covid-19, il secondo conteggio più alto del mondo. Dall’inizio della pandemia, secondo i dati ufficiali, sono morte quasi 135.000 persone. È probabile che i numeri siano molto più alti. A questo si aggiungono i milioni di persone che hanno perso il reddito e che ora devono affrontare una maggiore povertà e fame, in un Paese dove già prima della pandemia il 50% di tutti i bambini soffriva di malnutrizione.

La situazione è stata ulteriormente aggravata da una serie di leggi anti-popolari sull’agricoltura e dal codice del lavoro emanato dal governo centrale. Insieme a queste misure, la Politica Nazionale dell’Istruzione (NEP) imposta alla nazione durante la pandemia causerà un ulteriore danno irreparabile all’equità e all’accesso all’istruzione.

La pandemia si è diffusa dalle grandi città come Delhi, Mumbai e altri centri urbani alle zone rurali dove l’assistenza sanitaria pubblica è scarsa o inesistente. Il governo Modi ha gestito la pandemia dando priorità ai profitti delle grandi imprese e proteggendo le fortune dei miliardari piuttosto che proteggere le vite e i mezzi di sussistenza dei lavoratori.

D’altronde non si può pretendere da un politico che nel 2018 al World Economic Forum aveva fatto discutere per il suo richiamo alla difesa della globalizzazione neoliberista contro i protezionismi, provenienti dalla stessa destra nazionalista, con Trump in primis, a cui Modi appartiene. Non a caso, da essere nominato “l’anti-Trump”, Modi ha intensificato la sua retorica nazionalista, soprattutto contro la Cina, nel tentativo di capitalizzare la guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina, con il fine di approfondire la sua cooperazione strategica e militare con gli Stati Uniti.

La scorsa settimana si sono uniti allo sciopero nazionale, organizzando azioni in tutto il paese. I piccoli contadini di tre grandi stati dell’India basati sull’agricoltura hanno marciato fino a Delhi per protestare contro le leggi approvate dal governo Modi che avrebbero permesso una maggiore libertà aziendale e l’agricoltura industriale. Gli agricoltori furono accolti con gas lacrimogeni e brutale repressione da parte della polizia.

Il governo nazionalista e di destra ha usato la pandemia per intensificare la persecuzione dei musulmani e dei lavoratori migranti. Ad aprile, a New Delhi, i lavoratori migranti che tornavano a casa dopo essere stati bloccati dalla serrata nazionale sono stati brutalmente innaffiati con la candeggina usata per disinfettare gli autobus. Non dimentichiamoci quando, fino a qualche anno fa, voleva revocare la cittadinanza a 4 milioni di indiani solo per essere musulmani.

In mezzo alla miseria creata da decenni di neoliberalismo e aggravata dalla pandemia, i leader sindacali hanno indetto lo sciopero per permettere ai lavoratori di esprimere il loro malcontento contro il governo. Questo sciopero di un giorno ha dimostrato la rabbia della classe operaia e l’unità degli agricoltori, dei lavoratori e degli studenti. Tuttavia, uno sciopero generale di un giorno non è sufficiente per imporre tutte le ambiziose richieste avanzate dai lavoratori e dagli agricoltori. La classe operaia indiana deve lottare per espandere lo sciopero, contro i leader sindacali stalinisti della Centrale dei sindacati indiani (CITU) e dell’All-India Trade Union Congress (AITUC), che cercano di regnare nella rabbia della classe operaia con manifestazioni puramente simboliche.

Senza dubbio, questa massiccia azione coordinata dimostra il grande potenziale di unità d’azione della classe operaia e dei contadini indiani. Serve da ispirazione per i lavoratori di tutto il mondo per usare uno dei nostri più grandi strumenti contro i capitalisti: lo sciopero.

 

Principale fonte: https://www.leftvoice.org/the-biggest-general-strike-in-the-world-over-200-million-workers-and-farmers-paralyze-india