Come abbiamo documentato gli attivisti di Extinction Rebellion di Torino hanno ricevuto diverse multe e denunce in seguito alla manifestazione del 18 settembre

Proprio per far fronte alle spese delle multe e delle denunce notificate anche per la manifestazione di Torino, Extinction Rebellion ha attivato una raccolta fondi.

Il 18 settembre avete manifestato a Torino: qual era il tema di quella manifestazione e come si è svolta?

La manifestazione che abbiamo fatto quel pomeriggio, a partire dalle 15, era la chiusura della precedente settimana del nostro presidio continuato in Piazza Castello.

Il tema su cui si sviluppava la nostra narrativa era “Dite la verità”.

In quell’occasione questa nostra richiesta era in particolare rivolta ai media e alla stampa, perché pensiamo che abbiano un ruolo fondamentale nel raccontare e spiegare la gravità della crisi climatica e ambientale.

Non solo, ma dovrebbero anche essere uno strumento indipendente di controllo sull’operato delle istituzioni e dei governi e di denuncia delle mancanze di questi rispetto al loro dovere di proteggerci, in questo caso dal collasso della società a cui la crisi ambientale minaccia seriamente di portarci.

La manifestazione, comunicata alla questura, è iniziata intorno alle 15, con un flash-mob con delle figure di scimmia, le scimmie del “non vedo, non sento, non parlo”, nella parte di piazza vicino all’imbocco di via Roma.

Successivamente c’è stato un die-in, durante il quale le Red Rebels, un gruppo di figure vestite di rosso a rappresentare il sangue che stiamo versando sul pianeta, sfilavano tra le persone “morte” a terra.

Proprio nel momento del die-in, intorno alle 16, 8 ribelli si sono arrampicati sulle colonne della cancellata di Palazzo Reale, e si sono incatenati una volta arrivati in cima. Altre 6 persone si sono incollate ai due lampioni antistanti la cancellata, 3 per ciascun lampione.

La motivazione alla base di questa azione era: siamo disperati, chiediamo aiuto alla stampa. Avevamo inviato, il giorno prima, un invito ufficiale ai direttori di quattro delle principali redazioni: italiane: La Stampa, Corriere, La repubblica e RAI.

A loro abbiamo chiesto di raggiungerci in piazza quel giorno per discutere delle nostre proposte, per arrivare a una linea editoriale che dia il giusto spazio alla crisi ambientale e climatica.
qui nel dettaglio le nostre richieste: https://docs.google.com/document/d/1a1BnTYevS6GUY9_Kkaa6s2UIYsFBnq9rPPTxhRDCvmI/edit

La nostra intenzione era di rimanere fintanto che le persone che avevamo invitato non si fossero presentate.

Alla fine è arrivato solo Marco Castelnuovo, direttore del Corriere di Torino, che ha accettato di ascoltare le richieste di cui sopra, ha parlato con noi e ha dato disponibilità a proseguire il dialogo in separata sede.

In seguito a questa svolta, che ci ha parzialmente fatto raggiungere l’obiettivo, abbiamo deciso di scendere dalle colonne e svincolarci dai pali, concludendo di fatto la manifestazione nei tempi dichiarati alla Questura.

A seguito di quella manifestazione vi sono state contestate delle violazioni per cui siete stati denunciati: di cosa si tratta?

In tutte le quattro ore di tempo in cui siamo stati incatenati, il rapporto con le forze dell’ordine è sempre stato relativamente tranquillo.

Alla fine ci fu anche fatto intendere che se fossimo scesi in tempi brevi non ci sarebbero state conseguenze, ovvero denunce.

Le denunce sono invece poi arrivate, a distanza di qualche settimana.

Ci viene contestata la violazione degli articoli:

  •  703 c.p., ovvero Accensioni ed esplosioni pericolose, per aver acceso un fumogeno colorato della durata di 40 secondi, tenuto in mano per tutto il tempo dalle persone sulle colonne.
  • 650 c.p., ovvero Inosservanza dei provvedimenti dell’Autorità. La Polizia/Digos ci aveva ordinato di scendere dalle colonne, “per motivi di ordine pubblico e sicurezza”

Vi sono state contestate altre violazioni a seguito di altre manifestazioni?

Dal 5 al 12 ottobre siamo stati a Roma, insieme a ribelli da tutta Italia, per una serie di azioni di disobbedienza civile, durante tutta la settimana.

Da giovedì 8, un centinaio di attivisti ha bloccato uno degli ingressi principali del palazzo dell’ENI, all’EUR. Alcuni di loro si sono incatenati e hanno tenuto un presidio per 55 ore consecutive.

Abbiamo mandato diverse lettere al ministro Gualtieri (Economia e finanza) e al ministro Patuanelli (Sviluppo economico).

L’obiettivo era aprire un dialogo sul ruolo di ENI, società partecipata e sostenuta dallo stato italiano, in questo processo di ripartenza.

ENI è una delle multinazionali più inquinanti al mondo, responsabile della devastazione di interi ecosistemi, come ad esempio il delta del Niger, o di gravi violazioni di diritti umani, come è accaduto nelle Filippine.

ENI è una società che continua ad avere la possibilità di promuovere la sua facciata green, addirittura nelle scuole.

Anche in quell’occasione il rapporto con le forze dell’ordine è stato assolutamente pacifico.

Moltissime delle persone che si sono avvicendate a sostegno degli incatenati sono state identificate, ma nel complesso non sembravano essere disturbati dal fatto che avessimo deciso di rimanere lì a oltranza.

La risposta del Governo non c’è stata, l’interesse della stampa quasi nullo.

Dopo qualche settimana sono arrivate anche qui le sorprese: decine di multe ci sono state recapitate, per non aver rispettato il distanziamento sociale e le norme relative all’emergenza sanitaria. Sanzioni amministrative di 400 euro, 280 in forma ridotta se pagate entro 5 giorni.

Siamo un movimento che fa della fiducia nella Scienza uno dei suoi cardini fondanti, e pertanto siamo assolutamente convinti della necessità di rispettare le suddette norme sanitarie.

Siamo stati molto attenti sull’uso della mascherina e abbiamo cercato di tenerci distanziati il più possibile.

Non possiamo dirci sicuri di esserci riusciti sempre, nelle 55 ore continuate di presidio.

Sicuramente le forze dell’ordine avranno acquisito materiale (foto, video) per giustificare, anche solo sommariamente, la validità dell’accusa.

Per questo riteniamo che l’attacco giudiziario sia iniquo, nella sua incontestabilità, e subdolo nel suo tentativo di spostare l’attenzione del pubblico (seppur poca, vista la scarsa copertura mediatica) sui nostri errori, distraendola dal messaggio che abbiamo cercato di portare.

Eravate mai stati prima oggetto di denunce?

Queste sono le prime controversie legali che ci troviamo ad affrontare.

Siamo un movimento relativamente giovane, nato dal nulla (qui in Italia) meno di due anni fa.

Iniziamo adesso ad avere i numeri per fare una disobbedienza civile che possa realmente dare il disturbo che riteniamo necessario, per quanto spiacevole, per scuotere l’inerzia di questa società lanciata verso il collasso.

Siamo consapevoli delle conseguenze a cui andiamo incontro violando la legge, ma ci aspettiamo di venire sanzionati e perseguiti per i reati che effettivamente commettiamo, non con articoli pretestuosi il cui unico obiettivo è quello di intimidirci e indebolirci dal punto di vista economico.