Inizia oggi, mercoledì 21 ottobre, presso il tribunale di Diyarbakır il processo contro tre agenti di polizia e un sospetto militante del Partito dei lavoratori del Kurdistan accusati dell’assassinio del noto avvocato per i diritti umani Tahir Elçi, avvenuto il 28 novembre 2015 al termine di una conferenza stampa tenuta in quella città della Turchia.

Nel 2019 un rapporto di “Architettura forense” è giunto alla conclusione che con ogni probabilità l’assassino sia stato uno dei tre agenti presenti sul luogo del delitto. Gli imputati rischiano una condanna per “morte causata da negligenza colposa” e una condanna da due a sei anni di carcere.

“Dopo quasi cinque anni, speriamo che colui che tirò il grilletto affronti le conseguenze della giustizia. Tahir Elçi lavorava perché le vittime delle violazioni dei diritti umani ottenessero giustizia, chiedeva la fine della violenza e il rispetto dei diritti della popolazione curda”, ha dichiarato Milena Buyum, responsabile della campagna di Amnesty International sulla Turchia.
Nelle settimane precedenti il suo assassinio, Tahir Elçi era stato al centro di una campagna denigratoria e aveva ricevuto minacce di morte regolarmente rese pubbliche. Le autorità, anziché attivare misure di protezione, avevano aperto un procedimento contro di lui per accuse del tutto inventate.

Le intimidazioni erano iniziate dopo la partecipazione di Tahir Elçi a un programma televisivo nel quale aveva affermato che il Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk) non era un gruppo terroristico ma un movimento politico armato che godeva del sostegno popolare.

Nella conferenza stampa al termine della quale fu assassinato, dichiarò: “Qui non vogliamo armi né scontri né operazioni di polizia”. La conferenza era stata indetta proprio per chiedere la fine della violenza, dopo che il famoso minareto di Diyarbakır era stato danneggiato negli scontri tra forze di sicurezza turche e militanti del Pkk. Secondo la ricostruzione degli eventi, gli agenti di polizia spararono contro due sospetti militanti del Pkk in fuga centrando Tahir Elçi, che si trovava ai piedi del monumento.
La scena del crimine non venne transennata e indagini approfondite non vennero avviate se non quattro mesi dopo. Gli agenti di polizia presenti vennero inizialmente interrogati come testimoni.

Türkan Elçi, la vedova, ha dichiarato: “Il giorno in cui un avvocato che credeva nella lotta contro la guerra e la violenza è stato ucciso di fronte a tutti si è aperta una ferita, che rimane tuttora tale, nella società. Sebbene con un ritardo di cinque anni, speriamo nella giustizia. Non abbiamo abbandonato la nostra fiducia nella legge”.

Ulteriori informazioni

Amnesty International assisterà al processo insieme a decine di avvocati e attivisti per i diritti umani. Tahir Elçi era il presidente dell’Ordine degli avvocati di Diyarbakır, lo stesso che poi chiese ad Architettura forense di svolgere una ricerca. Questa, insieme alle immagini video disponibili, fa ora parte degli atti del processo.

Nel corso degli anni, aveva rappresentato numerose vittime di violazioni dei diritti umani di fronte ai tribunali turchi e poi presso la Corte europea dei diritti umani, lavorando fianco a fianco con varie organizzazioni per i diritti umani, compresa Amnesty International.