C’è una frase che ormai sentiamo ripetere da molti mesi: di Covid muoiono i vecchi e le persone già ammalate. Lo sentiamo in televisione, lo leggiamo in internet e sui giornali, lo ascoltiamo nelle chiacchiere tra amici. Sicuramente è una frase tranquillizzante che ci fa sentire meglio. E’ un pensiero che allontana il pericolo perché se muoiono solo i vecchi allora rientriamo nella normalità delle cose della vita e la situazione che stiamo vivendo non è più cosi grave. Ovviamente questa frase non tranquillizza una persona di 80 anni o un malato di cancro. Sono cose dette e pensate da chi è più o meno giovane e in salute. Ma proviamo a riflettere su questa frase.

Si pensa agli anziani come persone che non possono fare più tante cose nella vita e quindi la loro morte non è un fatto molto grave. In questa visione il fare è equivalente al produrre, come se avere relazione con i propri cari, leggere un libro, raccontare i propri ricordi ed esprimere la propria opinione, scherzare e ridere con i propri nipoti non fosse “fare”. Il “fare” è considerato veramente tale solo se produce, solo se è inserito nel circuito economico produttivo. Il valore e l’essere della persona sono pensati a partire dalla produzione economica e alla sua utilità e apporto all’economia globale. Non dovremmo meravigliarci se qualcuno si spingesse oltre e dicesse che gli anziani e anche i malati non solo non producono, ma che addirittura costano, che sono una spesa per l’economia nazionale!

Muoiono solo i vecchi e gli ammalati! Dietro questa frase apparentemente logica e dettata dal buon senso osserviamo anche una visione della società che ci fa ricordare ideologie tipiche dei totalitarismi: solo le persone sane, forti, “virili” sopravvivono, mentre i deboli e gli indifesi soccombono di fronte alle avversità. In altre parole si tratta della visione darwiniana della legge della sopravvivenza del più forte applicata alla società umana. In questa visione non c’è spazio per la solidarietà, l’empatia, l’amore… cose tipiche delle persone deboli. Il fatto che qualcuno abbia presentato questa emergenza sanitaria come una guerra, una guerra contro il Covid, nasconde l’intenzione non di salvare la gente, ma di salvaguardare lo status quo ed il potere del danaro a tutti i costi. “Preparatevi a morire”, tuonano i leader politici!

Muoiono solo i vecchi e gli ammalati! Un altro aspetto che si osserva è negare il divenire. Io, oggi giovane, non mi rendo conto che un domani sarò vecchio e forse malato ed allora questa affermazione sarà valida anche per me. Anch’io rientrerò nella categoria delle persone sacrificabili sull’altare del mercato e della produzione. Inoltre il futuro potrebbe essere anche peggiore. L’evoluzione di questo modo di pensare potrebbe portare a dire che i vecchi, superata l’età produttiva, dovrebbero essere “ritirati” perché un peso per la società.

Ma cerchiamo di indagare più in profondità nelle cose nascoste in questa frase. La vita umana viene vista come una cosa tra le cose, come una merce che quando si guasta perde il suo valore. L’essere umano viene visto “da fuori”, con uno sguardo oggettivizzante e statistico. Ma quella persona anziana che si è ammalata di Covid ha un’esperienza interiore che questo modo di pensare e sentire non può cogliere. Lui non dice a se stesso: “Tranquillo, sono solo quell’1% dei contagiati  che rischia di morire”! Probabilmente soffre per l’angoscia dettata dalla situazione, per il ricovero in ospedale senza il conforto dei suoi cari, per il dolore provocato dalla malattia. Morire non è mai facile e nessuno vorrebbe farlo in quella situazione. In quel momento di solitudine, di riflessione, di incertezza su ciò che verrà dopo, ognuno vorrebbe essere accompagnato da un’atmosfera amabile e serena.

A questa mentalità che si esprime nella frase “muoiono solo i vecchi e gli ammalati” sfugge la cosa più importante e essenziale, la vita umana stessa. Vita umana che non può essere colta da questo sguardo statistico e atemporale, dove le cose e le persone sono viste a partire dalla loro convenienza al mercato globale e i numeri sono sempre freddamente uguali a se stessi. La vita umana può essere solo colta “da dentro”, dall’esperienza reale che ognuno ha di sé, esperienza che coglie se stesso non come oggetto. Ogni essere umano è un miracolo irripetibile, un intero universo, ricco di ricordi, di emozioni e sensazioni, di aspirazioni e ricerca, di speranza e ribellione. E il valore di ogni essere umano non è dettato dal tempo che ha a disposizione, tempo pensato come una cosa, quasi come se si fosse in una fabbrica dove in ogni ora bisogna produrre un certo numero di oggetti. Per l’esperienza interna un minuto può essere lungo come un anno e si può sentire interi anni come se fossero trascorsi in un secondo. Per l’esperienza interna il futuro è un’aspettativa che non dipende dall’età biologica, ma dal modo in cui si immagina e rappresenta il tempo avvenire.

La frase “muoiono solo i vecchi e gli ammalati” esprime la profonda crisi che vive l’umanità, che vive ognuno di noi. Non la crisi dello spread o del prodotto interno lordo, ma la profonda crisi dettata dalla lontananza da se stessi e dalla vita stessa.

Una crisi che non si risolve con una legge in Parlamento o una riforma economica, ma solo con una profonda trasformazione del modo di essere, pensare e sentire la vita, se stessi e gli altri. Una crisi che si risolve solo con una rivoluzione globale che comincia ora in ognuno di noi e che non potrà che essere sia spirituale che materiale. Un Nuovo Umanesimo che ridarà all’essere umano la centralità e la dignità che gli spettano.

Gerardo Femina
Campagna #SaluteDirittoUniversale