Anna e il bambino leone

Little Paul era arrivato al circo molto piccolo, prima di Anna. Jack l’aveva trovato tre estati prima, in un mercato di bambini indesiderati ad Ankara o in un altro villaggio della Turchia o della Grecia. Nessuno se lo ricorda. Era solo un bambino vestito con un’uniforme militare e con così tanti peli sulla faccia che sembrava un leone.

Appena arrivato al Museo, si distinse subito per il suo spirito circense. Era l’unico che non aveva bisogno di essere preparato per salire sul palco. Sembrava fosse nato per la ribalta, e non solo, lui stesso organizzava degli spettacoli immaginari. Insegnava agli altri come comportarsi sul palco, come camminare e ringraziare il pubblico. Diceva che l’aveva imparato con degli zingari – e aveva imparato molto bene.

Madame Bernadette lo truccava in modo che sembrasse un leone, pettinando i suoi peli con una crema, rendendo il suo viso più tondo. Una volta che era truccato e vestito con l’uniforme, era pronto per dirigere lo show.

L’approdo di Anna al Museo gli causò un po’ di gelosia, perché gli tolse il ruolo di protagonista della scena. “Dubito che siano ali vere” borbottò, quando le vide aprire quelle ali risplendenti.

Ma poi, rimase incantato dalla sua personalità, dalla gentilezza e dai suoi insegnamenti,  Tutti i giorni portava con sé un libro e le chiedeva di leggere per lui. Lo prendeva nella biblioteca di Jack, che non leggeva mai niente. Little Paul comprò vari libri che mise sulla mensola per impressionare gli altri. Jack era il proprietario di tutto, ma era molto poco istruito. Si fregiava del suo passato da pirata e non gli serviva nient’altro che le sue storie di conquiste e razzie favolose ai danni degli inglesi.

Little Paul dormiva in un bidone adattato a letto, in una stanzetta che si trovava subito dopo quella di Anna. Era abile con il cuoio e la corda e fece una cintura per Anna, in modo che potesse legare le ali – “così puoi uscire con me in strada senza che nessuno se ne accorga”, disse, fiducioso.

Anna rimase entusiasta del regalo e lo usava sempre quando uscivano, di solito il martedì, unico giorno in cui non c’era spettacolo. Camminavano da una strada all’altra finché la città non spariva. Una volta quasi si persero, ma una signora che viveva in una baracca offrì loro pane e caffè, e gli indicò la strada del ritorno.

A volte dicevano che erano fratelli, a volte cugini.  Lui si metteva sempre una maschera veneziana, per metà di metallo, che gli copriva tutto il volto, così nessuno lo prendeva in giro per i suoi peli.  “Vorrei avere le ali come te, sarebbe più facile uscire” confessava ad Anna. “Ma va” – rispondeva – “È un peso enorme, non posso neanche correre“.  La verità è che che tutti portano un peso – filosofava.

Questa dove l’hai letta?

– Cosa?

– Che tutti portano un peso.

– In qualche libro che mi hai dato.

Ma era vero. Tutti in quel Museo portavano un peso, che fosse nel corpo o nell’anima. Segreti, peccati, desideri.  Non c’è niente di più umano che portarsi appresso qualcosa di segreto, che solo noi sappiamo.

Anna aveva più di un confidente – era complice.

– Il dottore mi ha detto che c’è qualcun altro in città che ha la stessa cosa che ho io – disse Anna.

– Chissà se c’è qualche altro bambino come me? – chiese Little Paul

– Secondo me sì.

Anna e Little Paul strinsero il patto che avrebbero provato a rintracciare la persona di cui il dottor Hans aveva parlato durante la sua visita. Decisero di andare nel suo ambulatorio, ma lo incontrarono sul marciapiede fuori dal Museo, quando uscirono.

– Vedo che stai bene e sei senza febbre – disse il dottore, tirando su i piccoli occhiali e verificando le palpebre di Anna.

– Sì dottore, sto meglio.

– Per caso lei conosce qualche bambino con i peli sulla faccia? – disse in fretta Little Paul, interrompendo il discorso.

– Quello che Little Paul vuole dire – rifletté ad alta voce Anna – è se lei conosce altri bambini come noi, con ali, peli, tre gambe, piccoli, come ci sono qui al Museo.

– Ah sì, ci sono sempre, con le ali ne ho conosciuto solo uno, che ora non le ha più.

Ad Anna si bloccò il respiro. “Come non le ha più? Lei le asporta? Chi gliele ha asportate?”

– Lei toglie i peli? – si inserì di nuovo Little Paul.

– Calma bambini, ora devo andare. Non c’è modo di cambiare voialtri. Questo ragazzo a cui sono state asportate le ali dice che sono gli indiani del nord dell’isola che sanno come fare. Io non credo in queste stregonerie, penso che qualcuno gli ha fatto un’operazione molto rischiosa e che avrebbe potuto morire. Io non faccio queste cose. 

Il dottor Hans disse che il giovane si chiamava Peter e faceva il calzolaio. Dalla descrizione del posto, sembrava quella stessa casa che aveva accolto Anna e Little Paul quando si erano persi nella foresta. Pare che viva lì con sua zia. Sarebbe quella signora adorabile?

Anna e Little Paul ora avevano una pista.

(Continua nel prossimo capitolo)

Traduzione dal portoghese di Raffaella Piazza. Revisione: Silvia Nocera

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