La mia specialità è uccidere, non  quella di curare nessuno.

Era il 2017 quando Bolsonaro, deputato federale, appoggiava l’approvazione di un medicamento – secondo lui – “capace di curare ogni tipo di tumore”. I giornalisti gli domandavano su quali basi scientifiche si basasse per sostenere questa idea. Bolsonaro rispondeva che lui non era un medico e non avrebbe potuto rispondere, era invece un semplice capitano dell’esercito la cui unica specialità era matar, uccidere, e non quella di curare la gente. Passarono i giorni, le settimane, i mesi, gli anni, e oggi il capitano specialista in uccidere la gente, danza il suo lugubre balletto su una montagna di cadaveri, alta più di ottantamila corpi, e bagna con la sua bava del contagio più di due milioni di persone: l’uno per cento della popolazione brasiliana. Una persona su cento è infetta. Una su cento. 

La biondissima Bia Doria consiglia vivamente tutti a non aiutare gli uomini di strada. Il Comune dice che sono venticinquemila i senza tetto che vagano per le strade della città. Venticinquemila, o forse più. Tanti anni fa il segretario municipale, per rispondere alle rimostranze di negozianti e bottegai, che protestavano contro la presenza ostensiva dei senza tetto portatori di sporcizia e malattie, disse: Não podemos matá-los, non possiamo ucciderli. Qualche settimana dopo, sul selciato della grande piazza, ne trovarono sette: assassinati, massacrati a colpi di mazza e coltello, col cranio fracassato e le membra a pezzi. Sette morti e altri otto in fin di vita. La biondissima Bia Doria oggi consiglia vivamente tutti a non aiutare gli uomini di strada. Lo fa attraverso i suoi social, youtube, instagram, facebook. Dice che “a questo tipo di persone rimanere per la strada piace davvero, quando invece dovrebbero coscientizzarsi del fatto che ciascuno di noi ha le proprie responsabilità, io per esempio se non pago i miei debiti, posso essere processata; la strada è diventata molto allettante, quasi una attrazione, non è corretto portare alimenti alla gente che vive per la strada, devono aver ben chiaro che in strada non ci si deve stare”.

Due persone morte avvelenate, altre due in fin di vita, dopo aver accettato e mangiato cibo contaminato. Dicono di aver visto una macchina nera fermarsi vicino al marciapiede e senza neanche scendere, dal finestrino una mano pietosa porgere un recipiente, poi un’altro, un’altro ancora, e ancora uno. Quattro persone ringraziano, tornano a sedersi per terra. Mangiano. Anche il cane sbronzo che li accompagna ne mangia un boccone. Muore anche lui. Adesso si indaga se davvero il cibo sia stato avvelenato apposta, se era solamente avariato, se ci sia stata l’intenzione o meno di uccidere. Di quella strage di tanti anni fa che lasciò sul selciato sette morti a bastonate, ancora non si conosce né l’autore, né il mandante. La frase del segretario municipale invece me la ricordo bene: Não podemos matá-los, non possiamo mica ucciderli. Nel senso che se potessimo…

Che motivo avrei per far uccidere Marielle Franco? chiede ironicamente Bolsonaro a chi analizza la situazione e gli fa nota il legame che unisce la famiglia presidenziale agli assassini della attivista massacrata due anni e mezzo fa: Che motivo avrei? Praticamente la stessa frase, lo stesso tono del consigliere comunale, qualche tempo prima della strage, Se potessimo… Le parole di Bia Doria invece consigliano solamente di non aiutare nessuno che si trovi in situazione disagiate perché deve lui stesso coscientizzarsi: la strada non è un luogo da starci. Lo afferma dalle sue stanze del Palácio dos Bandeirantes, la residenza ufficiale del governatore dello stato di São Paulo. Bia Doria oltre a essere la moglie di João, il governatore, è anche la presidente del Fundo Social, l’ente governativo responsabile per l’implementazione delle politiche pubbliche di assistenza sociale. Punto e a capo.

Durante anni e anni di lavoro il sottoscritto ha potuto osservare da vicino, vicinissimo, il funzionamento sia degli organi pubblici che di quelli privati. Conosce i saloni dei grattacieli di cristallo, e i tombini di fogna; le ville dei padroni e le baracche degli schiavi. Ha preso il tè con pie donne e fumato sigarette con le puttane e gigolò, ha condiviso pane e companatico con colonnelli di polizia e delinquenti ricercati. Il sottoscritto conosce perfettamente il peso specifico delle parole, del tono con cui vengono pronunciate, dei gesti, degli sguardi, del detto e del non detto, delle pause e dell’applauso, del sì e del no. La necropolitica la si costruisce giorno per giorno, basandosi sul silenzio condiscendente e bonario di chi “lascia perdere”…  E se è vero che le parole sono pietre, è arrivato il momento di non tacere più e di dirle tutte.