Sono passati 75 anni da quel giorno fatidico in cui il primo minaccioso “fungo atomico” si sollevò sul deserto di Alamogordo, negli Stati Uniti, inaugurando la funesta Era Nucleare , della quale il genere umano non poteva assolutamente più liberarsi! Ma prima di venire al mio personale parere sul “perché”, vale la pena ripercorrere per sommi capi le tappe, rivolgendomi soprattutto alle, e ai giovani che sono nati quando questa soglia fatidica era stata oltrepassata, e – come argomenterò nel seguito – era ormai impossibile tornare sui propri passi: so bene che molte affermazioni che farò – quelle in particolare sul nucleare cosiddetto civile – non sono condivise da tanti miei colleghi, ma me ne assumo ovviamente la responsabilità e sono pronto a rispondere alle critiche.

Dalla legittima curiosità scientifica al passo cruciale delle applicazioni militari

Per essere chiaro devo subito fare una premessa di fondo per non passare da “oscurantista” tout court , scusandomi con tutti coloro che queste cose le conoscono, ma ci terrei a essere compreso anche da un bambino: dovrò inevitabilmente operare drastiche semplificazioni e schematizzazioni.

Quando ai primi del 900 era stato stabilito che gli atomi erano costituiti da elettroni esterni e un nucleo centrale gli scienziato furono legittimamente spinti ad indagare la natura e la struttura di questi nuclei, nei quali era concentrata la stragrande maggioranza dell’energia degli atomi: nel nucleo dell’atomo sono in gioco energie dell’ordine di un milione di volte quelle delle transizioni degli elettroni esterni, le quali sono responsabili dei processi chimici. L’indagine di questi processi ci ha fatto fare progressi conoscitivi enormi e insostituibili per la conoscenza del mondo in cui viviamo e dei processi naturali.

Il guaio – e questo è il mio personale avviso – è stato quando cominciò a fare gola la possibilità di disporre materialmente di energie milioni di volte più grandi di quelle fornite dagli ordinari processi chimici. E va detto, sempre a mio parere, che i fisici fecero di tutto per sfruttare questo argomento al fine di ottenere finanziamenti per le loro ricerche: soprattutto nel periodo successivo al Grande Crollo del 1929, quando negli Stati Uniti vi erano stati tagli drastici ai fondi per le Università e la ricerca, e il governo e gli imprenditori cercavano settori innovativi di produzione che superassero le fatali crisi di sovrapproduzione (a tale fine Roosvelt inaugurò il New Deal , il “Nuovo Corso”). Così agli inizi degli anni ’30, in piena recessione, uno scienziato-imprenditore come Ernest Lawrence riuscì ad ottenere ingenti finanziamenti per costruire i suoi ciclotroni, con l’implicazione che si potessero realizzare alti voltaggi dei quali l’industria era alla ricerca (non senza l’uso spregiudicato degli organi d’informazione, nonché dell’occasione dell’Esposizione Universale di Chicago del 1933). Ulteriori finanziamenti Lawrence riuscì ad ottenere “vendendo” il ciclotrone come strumento per la cura del cancro mediante le particelle cariche accelerate, alle quali sottopose anche sua madre (del resto, nei primi anni della radioattività questa veniva propagandata come un benefico stimolante): è significativo della logica di Lawrence che egli brevettò sia il ciclotrone, che gli isotopi artificiali che produsse.

Su questa scia e con queste premesse, alla fine degli anni ‘30 la prospettiva dell’enorme energia racchiusa all’interno dei nuclei atomici catalizzò l’interesse per le applicazioni militari, la realizzazione di una super-arma prospetta proprio dai fisici, i quali stabilirono legami sempre più stretti e diretti con il potere politico e militare.

Verso il 1939 ci si rese conto della possibilità di realizzare la reazione a catena nell’uranio: e con lo scoppio della guerra il processo divenne inarrestabile 1 . Schematizzando brutalmente, l’allarme che i nazisti potessero realizzare per primi una bomba nucleare (in effetti progetti per realizzare una bomba nucleare si svilupparono in tutti i paesi in guerra, tranne l’Italia fascista) indusse l’avvio del “Progetto Manhattan” negli Stati Uniti, la più colossale impresa tecnico-scientifica-militare che fosse mai stata tentata, che raccolse migliaia di scienziati e tecnici delle varie discipline a lavorare su un unico progetto, la realizzazione della bomba atomica, posto per la prima volta sotto la direzione di un militare, il Gen. Leslie Groves, il che creò non pochi problemi per gli scienziati, abituati alla “libertà della ricerca” 2 . È degno di nota che i soli fisici che non accettarono di lavorare nel progetto furono Max Born, Isidor Rabi, e Franco Rasetti, uno dei “ragazzi di Via Panisperna”, rifugiato in Canada, il quale dopo la guerra abbandonò la fisica e cambiò radicalmente il proprio campo di attività.

L’impresa di realizzare la bomba si prospettava allora assai ardua, ed occorreva sperimentare tutte le strade possibili. Così, da un lato si tentò il complesso processo di “arricchimento” dell’uranio rispetto all’isotopo fissile U-235, che costituisce appena lo 0.7 % dell’uranio naturale, con la costruzione del gigantesco impianto di diffusione gassosa di Oak Ridge (l’esafluoruro di uranio, UF 6 , è un gas). Dall’altro lato Enrico Fermi realizzò il 12 dicembre 1942 nei sotterranei dell’Università di Chicago il primo reattore nucleare, al fine di realizzare la reazione a catena controllata (non esplosiva) nell’U-235 perché il bombardamento neutronico trasformava l’isotopo U-238 non fissile in plutonio (un elemento “transuranico” che non esiste in natura), che sarebbe diventato l’ «esplosivo» ideale per le bombe nucleari: si deve sottolineare che il nome “pila atomica” dato al reattore di Fermi era assolutamente improprio, perché non ha mai prodotto energia e non era progettato per questo, ma come reattore “plutonigeno”; e per molti anni a venire tutti i reattori nucleari costruiti furono militari, per produrre plutonio per le bombe, l’energia nucleare per scopi civili era di là da venire.

« Quando i gas velenosi non basteranno più, un uomo fatto come tutti gli altri, nel segreto di una stanza di questo mondo, inventerà un esplosivo incomparabile, in confronto al quale gli esplosivi attualmente esistenti saranno considerati quali innocui giocattoli. Ed un altro uomo fatto anche lui come tutti gli altri, ma degli altri un po’ più ammalato, ruberà tale esplosivo e s’arrampicherà al centro della terra per porlo nel punto ove il suo effetto potrà essere il massimo. Ci sarà un’esplosione enorme che nessuno udrà e la terra ritornata alla forma di nebulosa errerà nei cieli priva di parassiti e di malattie. »

[Italo Svevo, La Coscienza di Zeno , 1930]

16 luglio 1945:

Negli Stati Uniti entrambe le strade, l’arricchimento dell’uranio e la produzione di plutonio, arrivarono a compimento 3 . Si tenga presente che dalla fine del 1944 era chiaro che la Germania nazista non sarebbe riuscita a realizzare la bomba, ma sebbene questa fosse stata la motivazione all’origine del “Progetto Manhattan” questo non venne fermato (la Germania firmò la resa nel maggio 1945 4 ): ci fu però un fisico, uno solo, che a quel punto abbandonò il progetto per motivi di coscienza, Józef Rotblat, polacco naturalizzato britannico, nel 1995 nel cinquantesimo anniversario di Hiroshima gli fu conferito il Premio Nobel per la Pace, insieme all’associazione Pugwash Conferences on Science and World Affairs della quale fu uno dei fondatori, per la lotta contro lo studio e l’utilizzo delle armi nucleari.

Per l’estate del 1945 si era ottenuto uranio arricchito sufficiente per una bomba, e plutonio per due bombe: almeno una andava testata, sia perché il congegno di innesco del plutonio era più delicato 5 , sia per verificarne gli effetti, su alcuni dei quali gravavano preoccupanti interrogativi (alcuni calcoli avevano prospettato il rischio che l’esplosione potesse “ignire” l’intera atmosfera terrestre: ma il dubbio terribile, per quanto remoto, non arrestò il test).

Avvenne così il primo test nucleare nel deserto di Alamogordo, il 16 luglio 1945, quando Oppenheimer, che era il direttore del progetto, esclamò testualmente “La fisica ha conosciuto il peccato”! 6 Mentre Enrico Fermi avrebbe detto “Lasciatemi in pace con i vostri oroblemi di coscienza, è una fisica così bella!”.

Dal Trinity Test agli orrori di Hiroshima e Nagasaki

Molti scienziati chiedevano comunque che la bomba non venisse usata: Szilard fu il più attivo, raccogliendo anche firme ad una petizione in tal senso, e cercando di incontrare Roosvelt. Ma questi morì il 12 aprile 1945: il “Progetto Manhattan ” era così segreto che il vicepresidente e successore, Harry Truman, non ne conosceva neppure l’esistenza. Il fisico James Frank stilò un rapporto, firmato da Szilard e da altri 5 fisici, in cui chiedeva che non si usasse la bomba e proponeva un controllo internazionale su queste armi. Intanto il Segretario alla Guerra nominò un Interim Committee , di cui facevano parte Vannevar Bush e James Conant, con il compito di elaborare una linea di condotta, che a sua volta nominò un sotto-comitato scientifico composto da Robert Oppenheimer, Enrico Fermi, Ernest Lawrence e Arthur Compton: è da sottolineare il ruolo e il peso politico che da quel momento in poi assunsero gli scienziati come consiglieri scientifici, ma non sembra sia stato propriamente un ruolo di pace! Infatti i quattro “saggi” si pronunciarono il 15-16 giugno in maniera abbastanza pilatesca: pur rivendicando di “non avere nessuna particolare competenza nella soluzione di problemi politici, sociali e militari, che sorgono con la scoperta dell’energia atomica” (come se la decisione di spingere il progetto e di aderirvi non fosse stata una decisione politica, sociale e militare assunta, ed anzi attivamente promossa, proprio in nome della particolare competenza scientifica), essi riconoscevano l’obbligo di “salvare vite americane” e concludevano: “non vediamo nessuna alternativa accettabile all’impiego militare diretto” !

Ma perché furono realmente sganciate le bombe su Hiroshima e Nagasaki? É ormai assodato storicamente che l’obiettivo di queste stragi non era il Giappone (che ridotto allo stremo avrebbe comunque chiesto la resa senza la necessità di un sanguinoso sbarco statunitense), ma l’Unione Sovietica. Per gli Stati Uniti, date le simpatie per il nazismo (nota 1), lo scopo principale dell’entrata in guerra era stata la sconfitta del Giappone: Roosvelt aveva chiesto ripetutamente a Stalin di aprire un secondo fronte col Giappone (ovviamente senza risultato, visto lo stato in cui era ridotta l’URSS dopo la resistenza ai nazisti e la battaglia di Stalingrado), ma nel 1945 si augurava invece che ciò non avvenisse, per escludere l’Unione Sovietica da qualsiasi trattativa di pace in Asia. Così Truman cercò di indurre al più presto il Giappone alla resa. Scrive efficacemente Jacques R. Pauwels nel libro citato (cap. 17) : “Per mettere fine alla guerra col Giappone senza dover fare troppi sacrifici, Truman aveva un certo numero di opzioni tutte attraenti. […] Truman e i suoi consiglieri, tuttavia, non scelsero nessuna di queste possibilità: decisero, invece, di metter fuori combattimento il Giappone con l’atomica. Questa fatale decisione … offriva agli americani notevoli vantaggi. […] L’esperienza fatta a Potsdam [dove Truman aveva ricevuto la notizia del Trinity test di Alamogordo, con il quale aveva cercato di intimidire Stalin] aveva convinto Truman che solo una vera dimostrazione del potere di questa nuova arma avrebbe reso docile Stalin”. Ma il Giappone non si arrese, e l’8 agosto l’Armata Rossa attaccò le truppe giapponesi in Manciuria. “Questo rese Washington estremamente impaziente; già il giorno successivo alla dichiarazione di guerra sovietica, il 9 agosto 1945, una seconda bomba fu sganciata, questa volta sulla città di Nagasaki”. La favola dell’atomica sul Giappone per “salvare vite di soldati americani” è buona per i gonzi!

In una parola, Truman inaugurò la strategia nucleare che innescò la logica della Guerra Fredda.

La minaccia ritorna: oggi il rischio nucleare è il più alto dal 1945!

Le armi nucleari proliferarono e gli arsenali nucleari raggiunsero la consistenza demenziale di circa 70.000 testate a metà degli anni Ottanta , ben più distruttive di quelle di Hirohima e Nagasaki, con il pretesto di inibire il loro uso perché avrebbe provocato la “distruzione mutua assicurata”: se non fosse che numerosi allarmi per errore hanno evitato l’Apocalisse nucleare solo per il coraggio di ufficiali i quali violarono le consegne non volendo credere alla loro veridicità, che avrebbe imposto di lanciare immediatamente la ritorsione nucleare, salvando così l’umanità da un olocausto generalizzato 7 . Noam Chomsky ha affermato “Se siamo vivi è per miracolo!”

Ma se siamo vivi per miracolo, non sarebbe il caso di approfittarne per sopravvivere all’Era Nucleare senza bisogno di miracoli, che non è detto vorranno ripetersi?!

In effetti con la fine della Guerra Fredda le armi nucleari persero questa illusoria e pericolosa funzione di dissuasione, e si aprirono grandi speranze che fosse arrivato il momento della loro totale eliminazione. Negli anni Novanta si avviò davvero un processo di riduzione consistente del loro numero (siamo oggi a meno di 15.000), e vennero stipulati accordi storici di controllo e riduzione di questi armamenti. Senonché … la follia dei potenti della Terra non conosce limiti, nell’ultima ventina d’anni le tensioni internazionali si sono di nuovo esacerbate, il processo di disarmo si è arenato e addirittura invertito, perché tutti i paesi nucleari hanno intrapreso programmi plurimiliardari di “modernizzazione” del sistema degli armamenti nucleari (avviati dal Nobel per la Pace Barack Obama!): termine mistificante per aggirare i trattati che vieterebbero di realizzare armi nucleari nuove, così il loro numero formalmente non varia ma, per fare alcuni esempi, un’innovativa spoletta d’innesco ha triplicato l’effettività dei missili nucleari della marina USA8, gli Stati nucleari rinnovano radicalmente le flotte dei sommergibili e i missili nucleari, le testate B61 schierate in Europa vengono sostituite con le B61-12, e potrei continuare9.

Donald Trump poi ha fatto un passo decisivo verso il baratro, smantellando con folle determinazione (come diceva l’Amleto shakespeariano “C’è del metodo in questa follia!”) tutto il cosiddetto “regime di non-proliferazione”, ancorché non avesse in realtà impedito la proliferazione nucleare, come si è detto, ma costituiva un’impalcatura essenziale dalla quale partire per rafforzarlo10.

La denuncia più ferma di questo rischio viene dall’autorevole Bulletin of the Atomic Scientists il quale dal 1947 ha ideato il simbolico ma efficace «Orologio dell’Apocalisse» (Doomsday Clock) che misura il potenziale avvicinarsi alla fatidica Mezzanotte valutando tutti i fattori di rischio: dopo il momento di rischio minimo nel 1990 (17 minuti a Mezzanotte, erano 3 nella crisi degli Euromissili, 1983), dopo la metà degli anni Novanta le lancette sono precipitate senza soste verso l’Apocalisse, tanto che nel gennaio di quest’anno hanno toccato la distanza da brivido di appena 100 secondi!

Per fortuna una lampadina si è accesa proprio 3 anni fa, quando la campagna internazionale ICAN ( International Campaign to Abolish Nuclear Weapons ) coinvolse le Nazioni Unite, che il 7 luglio 2017 approvò il nuovo Trattato di Proibizione delle Armi Nucleari (TPAN, inglese TPNW), il quale vieta il possesso, l’uso ed anche la minaccia (appunto la deterrenza) delle armi nucleari11. È abbastanza noto che il TPAN necessita per entrare in vigore come parte integrante del diritto internazionale di venire ratificato da 50 Stati: ma siamo probabilmente in dirittura d’arrivo, le ratifiche sono 38 ed è presumibile che le restanti 12 giungeranno entro il 2021. È chiaro che il TPAN sarà vincolante solo per gli Stati che lo firmano, ma una volta in vigore diverrà un deterrente per dissuadere dal ricorso alle armi nucleari: ma come è avvenuto per altri trattati che vietano armi di distruzione di massa o inumane (batteriologiche, 1972; chimiche, 1993; mine antiuomo, 1997), il principio sarà stabilito e il TPAN estenderà inesorabilmente la sua funzione, perché la popolazione mondiale pretenderà su una base giuridica l’eliminazione delle armi nucleari, e un crescente numero di Stati lo riconoscerà, diventerà un obbligo. È solo questione di tempo, l’umanità non accetterà di essere annientata!

E qui si apre una possibilità decisiva per l’Italia per dimostrare se sarà capace una buona volta una capacità di decisione autonoma, e non prostrata come di solito al diktat degli Stati Uniti: firmare e ratificare il TPAN, come dovere di sottrarre il popolo sovrano al rischio atomico! Non è improprio scomodare il sommo Dante, qui si parrà la tua nobilitate. Questa volontà si è espressa chiaramente nella piattaforma largamente unitaria – da tutti i comitati, associazioni, reti, alle confederazioni sindacali – sulla quale sono avvenute le grandi manifestazioni in tutto il mondo e in Italia “Spegniamo la guerra, accendiamo la pace”12.

Proprio sulla trasparenza dei nostri governi è opportuna un’osservazione. In Italia rimangono ancora circa 70 testate termonucleari, nelle basi militari USA di Aviano e italiana di Ghedi Torre: i nostri governi tengono celata questa presenza ai propri cittadini, contro il più elementare diritto democratico. Lo so per esperienza di tanti interventi nelle scuole dove alla domanda “Vi sono bombe nucleari in Italia?” ho sempre constatato lo sconcerto degli studenti, molto raramente qualcuno ha detto “No”. Dovremmo sprofondare di vergogna di fronte alla Germania, dove un mese fa il partito di governo SPD ha chiesto ufficialmente agli Stati Uniti di rimuovere le circa 20 testate nella base militare di Büchel; gli USA gli ha sprezzantemente sbattuto la porta in faccia (anzi ha ritirato 9.000 soldati stanziati nel paese), ma i giornali hanno dato ampio risalto, nessun cittadino tedesco potrà dire “Non sapevo”.

La firma del TPAN riscatterebbe tutte le meschinità dei nostri governi! L’Era Nucleare sembra incompatibile anche con i principi più elementari della democrazia!

La ricorrenza del 16 luglio deve ricordarcelo.

Ma l’eredità dell’Era Nucleare rimarrà un fardello irrisolvibile che graverà sulle generazioni a venire

Ma in questa ricorrenza dell’inizio dell’Era Nucleare ritengo opportuno soffermarmi su un aspetto che credo pochi considerino nella sua cruda interezza.

Da quando mi impegno nei movimenti antinucleari affermo che la scelta nucleare è una strada che una volta imboccata non consente né uscita né ritorno : l’avvio di qualsiasi programma di sviluppo di tecnologie o programmi nucleari comporta di innescare processi o produrre sostanze artificiali che, richiedendo per la loro attivazione energie dell’ordine di un milione di volte quelle in gioco nei processi chimici che avvengono sul nostro pianeta, non possono essere eliminati alla scala naturale delle energie sulla Terra 13 . Perdipiù q uesti prodotti e processi sono estremamente pericolosi per la salute e l’ambiente (e perpetuano rischi di proliferazione militare), e non possono essere custoditi in modo assolutamente sicuro 14 . Similmente, le radiazioni nucleari possiedono energie dell’ordine del milione di volte rispetto a quelle elettromagnetiche emesse nelle transazioni elettroniche: queste ultime sono necessarie alla vita sulla Terra, mentre le radiazioni nucleari (alfa, beta, gamma) ionizzanti hanno sempre sulle cellule viventi effetti devastanti 15 .

Questa è la ragione sostanziale dell’ incompatibilità dei prodotti dell’Era Nucleare con i processi naturali dell’ambiente terrestre , in particolare quelli della materia vivente, e quindi dell’ impossibilità di risolvere i problemi che qualsiasi scelta nucleare genera 16 .

Il crescente inquinamento radioattivo della superficie e dell’atmosfera terrestri ha già causato danni incalcolabili, infermità, contaminazioni di vaste aree per incidenti o test nucleari, diventate praticamente inabitabili: la grande ambientalista Rosalie Bertell (1920-2012) valutava venti anni fa con criteri scientifici ben 1 miliardo e 300 milioni di “vittime dell’ Era nucleare ”! 17

All’inizio, dopo le tre espulsioni nucleari del 1945, vi furono i test nucleari in atmosfera che iniziarono subito dopo: la radioattività che produssero raggiunse un valore massimo nel 1963-64 nell’emisfero nord e un anno più tardi ai tropici: nel 1963 vennero ufficialmente proibiti i test nucleari in atmosfera, anche se alcuni Stati li hanno proseguiti, la Francia fino al 1995. Nel deserto del Nevada vennero eseguiti dal 1951 al 1962 ben 100 test nucleari in atmosfera (da Las Vegas, a un centinaio di km sottovento, e da Los Angeles si vedevano i “funghi” delle esplosion i 18 ), e successivamente 921 sotterranei (per un totale di 1.021 ), che hanno lasciato una pesante radioattività sotterranea residua. Ancora oggi si trova Stronzio radioattivo nei denti dei bambini americani, come in quelli dei bambini britannici attorno al sito nucleare di Sellafield 19 .

Gli scienziati hannominimizzato gli effetti delle radiazioni ionizzanti sull’organismo umano. Nel 2003 ruppe il silenzio una lettera dello specialista Ernest Sternglas al Segretario per l’Energia degli USA Steven Chu, che denunciava “un tragico errore dei medici e dei fisici … [per avere assunto] che l’esposizione a piccole dosi di radiazioni dai test e dalle centrali nucleari non avessero conseguenze significative sulla salute … [causando] un enorme aumento di tumori e di diabete”.

Dalla metà degli anni Cinquanta si sono sviluppati i programmi nucleari detti “civili” per la produzione di energia elettrica: in questi 60 anni si è pensato solo al business di costruire nuove centrali nucleari, mentre si accumulavano crescenti, enormi, quantità di residui radioattivi (evito il termine comune “scorie” perché tra i residui vi è il Plutonio che è un materiale di enorme interesse militare). Nessun paese ha ancora realizzato un deposito definitivo dei residui nucleari: sono state fatte molte esperienze, a volte si sono poi rivelate sbagliate, se non fallimentari 20 . Il caso dell’Italia è patologico, la quantità di residui radioattivi prodotta dai limitati programmi nucleari è relativamente ridotta, dopo 36 anni essi rimangono stoccati in una ventina di depositi “temporanei” le cui condizioni si vanno deteriorando da tempo, mentre il progetto di un deposito nazionale è diventato un giallo poiché la lista dei siti che dovrebbero essere idonei per il deposito è pronta da circa 3 anni ma rimane chiusa in qualche cassetto, plausibilmente perché qualunque governo ha il sacro terrore che se la rende nota esploderebbero le rivolte delle popolazioni locali che non lo vogliono.

Il termine deposito “definitivo” necessita una spiegazione: vi sono varie categorie di residui nucleari, classificate a seconda della loro radioattività, vi sono residui che mantengono livelli di attività pericolosi per secoli, o anche più, per cui il termine “definitivo” è relativo. Per il momento quasi tutti i residui radioattivi vengono stoccati in depositi considerati “temporanei”, proprio perché si attende di trovare la sistemazione “definitiva”, o per lo meno a lunga o lunghissima scadenza. Così si sono accumulate enormi quantità di residui radioattivi, i quali non devono assolutamente entrare in contatto con le attività umane. Si calcolano nel mondo circa 830.000 metri cubi di residui ad alta attività, quelli evidentemente più pericolosi (ma quelli a bassa e media attività sono molti di più). Un articolo del marzo 2018 discuteva il drammatico accumularsi di residui radioattivi in tutto il mondo, con il titolo eloquente: “Montagne di residui nucleari continuano a crescere” 21 .

Inoltre le centrali nucleari devono essere smantellate ( decommissioning ) al termine de loro ciclo di vita: anche questo problema è stato ampiamente sottovalutato, ma sta diventando sempre più serio, dato che 234 delle 403 centrali in funzione ha superato i 30 anni di funzionamento progettuale. 400 reattori nucleari da decommissionare produrranno ulteriori quantità di residui radioattivi, e comporteranno enormi spese. Ad esempio, il costo della bonifica del grande sito nucleare di Sellafield in Gran Bretagna era stimato nel 2013 di £70 miliardi, tre anni dopo questa stima era più che raddoppiata, nel 2017 era stimata in £164 miliardi nei prossimi 120 anni (stima che oscura quella di £60 miliardi per la bonifica dei campi petroliferi e del gas del Mare del Nord). Ma che cosa potrà accadere nei prossimi 120 anni?!

Vi è poi l’enorme problema del combustibile nucleare esaurito, o irraggiato ( spent fuel ): se ne sono accumulate nel mondo circa 180.000 tonnellate. Le barre estratte dal reattore sono talmente radioattive che non possono essere maneggiate (i radionuclidi artificiali generati producono anche un calore tale che le barre fonderebbero se venissero lasciate all’aria), e vengono direttamente trasferite nell’acqua di piscine di decontaminazione condizionate, dove devono rimanere immerse per almeno un anno, ma anche più, fino a smaltire l’attività e il calore più elevati. A questo punto si aprono sostanzialmente due possibilità, nessuna delle quali è … entusiasmante:

  • La più seguita nel mondo consiste nel rinchiudere le barre di combustibile in grandi fusti d’acciaio ( cask ) a tenuta stagna e sigillati ( dry storage ), racchiusi da ulteriore strati d’acciaio e di cemento per garantire la completa schermatura delle radiazioni, e devono venire sistemati in un deposito finale. E qui vengono gli enormi problemi: come e dove conferire questi casks in un deposito che offra garanzie assolute di completo isolamento dall’esterno e da infiltrazioni d’acqua per almeno centinaia di anni? Molti paesi hanno grandi (e costosi) progetti in corso, ma nessuno ad oggi ha ancora realizzato un deposito definitivo per il combustibile esaurito 22 .
  • La seconda possibilità è sottoporre il combustibile esaurito al processo di ritrattamento , che oltre a essere estremamente pericoloso e inquinante per l’altissima radioattività dei materiali, produce quantità maggiori di residui radioattivi e tossici, poiché usa degli acidi per sciogliere la guaina delle barre: e soprattutto separa il plutonio che si è generato nel processo di fissione dell’uranio, il quale è essenzialmente un materiale militare 23 . Tra i paesi occidentali è rimasta oggi solo la Francia a praticare il ritrattamento del combustibile.

Dalla fine degli anni Settanta gli Stati Uniti sotto la presidenza di Jimmy Carter (che era di formazione ingegnere nucleare) abbandonarono il ritrattamento, proprio per i rischi di proliferazione: così le circa 90.000 tonnellate di combustibile esaurito rimangono stoccate per circa metà nelle piscine, e metà nei casks stoccati in depositi nei pressi delle centrali. Si prevede un raddoppio del quantitativo di combustibile irraggiato per il 2050.

In effetti il ritrattamento del combustibile irraggiato è stato (e viene tuttora) effettuato da Paesi intenzionati a realizzare bombe nucleari: questa strada è stata seguita, ad esempio, da Israele, dall’India, e recentemente dalla Corea del Nord. Da questo punto di vista è opportuno osservare che desta allarme il Giappone, il quale sta riprocessando il combustibile irraggiato dei suoi reattori inviandolo in Francia, ma ha anche realizzato un impianto domestico di ritrattamento: il Giappone ha già accumulato 10 tonnellate di plutonio, ed ha le conoscenze tecniche e industriali per realizzare la bomba nucleare in tempi brevissimi, qualora decidesse di farlo.

Il nucleare sembra una moderna Idra della mitologia, la cui testa tagliata ricresceva!

È importante poi osservare che il combustibile esausto possiede tempi di disattivazione praticamente indefiniti: l’attività iniziale è circa un milione di volte quella dell’uranio naturale che si estrae nelle miniere, ma per i vari processi di decadimento dopo 100.000 anni la sua attività sarà ancora 1.000 volte superiore a quella dell’uranio naturale! Insomma sopravviverà presumibilmente alla fine dell’umanità! Come lasciare a decine o centinaia di generazioni future un segno a prova di cataclismi, guerre o rivolgimenti radicali dei siti che custodiscono materiali così pericolosi?

Sarebbe lungo parlare ancora dei siti militari da decommissionare, in particolare negli Stati Uniti e in Russia (ma in molti altri stati) che con ogni probabilità celano segreti militari e quindi sorprese imprevedibili. Un solo esempio, nel grande centro nucleare militare di Hanford, negli USA, dove venne prodotto il plutonio del Trinity Test e di Fat Boy , i residui nucleari si trovano in ben 1200 siti, vi sono 43 milioni di galloni di scorie ad alta attività, 25 milioni di metri cubi di scorie radioattive solide, e nel sottosuolo 200 miglia cubiche di falda contaminata. Si continuano a scoprire contaminazioni non documentate, come nel 2017 una voragine di 400 piedi quadrati nel soffitto di un tunnel costruito nel 1956 e sigillato nel 1965, dove sono sepolti vagoni ferroviari contenenti alte concentrazioni di scorie nucleari.

Non dimentichiamo gli impressionanti cimiteri di carcasse arrugginite di sommergibili nucleari sovietici risalenti agli anni Settanta, ma britannici. L’elenco dei sommergibili affondati negli oceani con i reattori nucleari e le testate nucleari è sconvolgente, essi sono delle vere bombe a orologeria! Così come è impressionante l’elenco degli incidenti nucleari militari, decine di testate nucleari sono andate perdute in mare dalle superpotenze 24 .

Il plutonio necessita un cenno specifico. Ne sono state prodotte quasi 1.300 tonnellate (senza contare quello ancora contenuto nel combustibile non riprocessato, nonché nelle quasi 15.000 testate nucleari intatte), delle quali 260 tonnellate di plutonio weapon grade , cioè direttamente idoneo alla fabbricazione di bombe: basterebbe per fabbricare milioni di testate nucleari! Che fare di tutto questo plutonio? La sola possibilità è custodirlo nel modo che sia più sicuro (come garantire che non avvengano sottrazioni illegali, soprattutto in certi paesi?). Si tenga presente che il plutonio è il materiale più tossico che si conosca, sia dal punto di vista radiologico che chimico. Il plutonio-239 ha una tempo di dimezzamento di circa 24.000 anni, dopo 100.000 anni ne rimane ancora all’incirca un decimo. Una ulteriore eredità dell’Era nucleare ineliminabile, praticamente perenne .

Non va poi dimenticato l’ uranio stesso , che è all’origine dell’ Era Nucleare: c ome è stato ottenuto, e si ottiene? Esso è contenuto in rocce uranifere, pertanto deve essere estratto e successivamente lavorato. E anche qui ci sono parti di storia poco note, e drammatiche: a ll’estrazione dell’uranio dalle miniere sono sempre state adibite popolazioni emarginate, o povere, o sfruttate, le quali hanno subito drammatiche conseguenze sanitarie . Negli Stati Uniti toccò soprattutto al popolo Navajo, il quale ha portato, inconsapevolmente, il contributo primario (ma lungi dall’essere menzionato) alla realizzazione dell’arsenale e dell’industria nucleare statunitensi. Il governo e le compagnie non fornirono informazioni dei rischi, i minatori Navajo subirono discriminazioni rispetto ai bianchi. L’incidenza di tumori a altre infermità nella popolazione è altissima. La questione dei risarcimenti non è mai stata risolta. Le conseguenze perdurano, perché l’insorgenza dei tumori può avere tempi di latenza lunghi: il 16 luglio la Nazione Navajo celebra il Uranium Legacy Remembrance and Action Day .

La Francia, dopo che le miniere nazionali si sono esaurite, estrae l’uranio dalle miniere in Niger, dove ha sfruttato e sfrutta la popolazione locale, con conseguenze non diverse, ed ha generato una spaventosa contaminazione radioattiva del Paese. Ma per la Francia vi è un aspetto che potremmo dire paradossale, perché la lavorazione dell’uranio effettuata nel paese ha disseminato una contaminazione diffusa sul territorio nazionale! Ammontano a 200-300 milioni di tonnellate i residui a bassa attività disseminati nel territorio francese: questo scandalo è stato denunciato da un’inchiesta trasmessa l’11 febbraio 2009 dal canale France 3 dal titolo “Uranium, le scandale de la France contaminée” (vedere per credere! https://www.youtube.com/watch?v=spum6lk6o4c ).

In conclusione, lasciamo a un numero indefinito di generazioni future un’eredità estremamente pesante, pericolosa, e pure costosa, che non è possibile eliminare e persisterà per il futuro prevedibile della società umana, e probabilmente sopravviverà ad essa . Possiamo chiamarlo il Nucleocene ?

1 Poiché mi piace sfatare, nei limiti delle mie conoscenze, i falsi storici e i pretesti di guerre, voglio ricordare che è ormai provato storicamente, ma largamente ignorato nei libri di storia. Che l’attacco a Pearl Harbour non fu affatto per gli Stati Uniti inaspettato! Roosvelt fece di tutto per provocare un attacco giapponese a Pearl Harbour, fino al punto di destituire un ammiraglio e indebolire la flotta, per avere il pretesto per rovesciare il sentimento dominante nell’opinione pubblica contrario all’entrata in guerra: si veda il ponderoso studio di Robert B. Stinness, Il Giorno dell’Inganno, Milano, Il Saggiatore, 2001. A proposito dell’intervento e del ruolo degli USA nella guerra raccomando poi il bellissimo libro di Jacques R. Pauwels, Il Mito della Guerra Buona , Datanews, 2003, che smaschera il mito secondo cui gli USA sarebbero scesi in guerra per uno spirito antinazista, e dimostra in modo irrefutabile che gran parte degli imprenditori statunitensi nutrivano grandi simpatie per Hitler: le maggiori imprese statunitensi (Du Pont, Union Carbide, Westinghouse, General Electric, Singer, Kodak, ITT, ecc.) collaborarono attivamente con la Germania nazista anche a guerra iniziata (Ford fornì camion, ed ESSO benzina, senza la quale non sarebbero stati possibili né il blitzkrieg , p. 31, né il tentativo di invasione dell’URSS, p. 58).

2 In un articolo di qualche mese fa avevo discusso le ricerche chimiche in Germania ai primi del 900 che portarono allo sviluppo degli aggressivi cimici e la loro uso nell’attacco del 15 aprile 1915 a Ypres: i chimici tedeschi anticiparono molte caratteristiche del “Progetto Manhattan”, Fritz Haber cercò la collaborazione con i militari e ispezionò personalmente la disposizione dei gas nelle trincee, e anche come dimensioni alla fine della guerra il numero di chimici in Germania che lavoravano sugli aggressivi chimici era dell’ordine di 1.000, insomma una vera “Big Science” (Baracca, “ 22 aprile 1915: 105 anni fa l’attacco con gas chimici a Ypres”, Pressenza , 220 aprile 2020, https://www.pressenza.com/it/2020/04/22-aprile-1915-105-anni-fa-lattacco-con-gas-chimici-a-ypres/ ).

3 Vale la pena ricordare che nel frattempo anche i fisici sovietici avevano compreso i requisiti essenziali per realizzare la bomba nucleare, dal 1941 avevano ricevuto informazioni di intelligence da Londra sui progressi del progetto britannico e sulla possibilità di realizzare una bomba, ma queste notizie giunsero a Mosca nella fase cruciale dell’invasione nazista ( David Holloway, Stalin and the Bomb: the Soviet Union and Atomic Energy, 1939-1956 , Yale University Press, New Haven and London, 1994 ).

4 La data del 7 maggio riportata nei libri di storia non ha molto senso, ci furono vari e ambigui tentativi da parte degli Stati Uniti, come discute efficacemente il citato libro di Jacques R. Pauwels: come il progetto di un armistizio separato con la Germania, per sferrare poi un attacco comune contro l’URSS, per scacciarla dall’Europa Orientale, e possibilmente cancellare anche l’esperienza sovietica (Ivi, Cap. 14). Il progetto, per quanto appaia allucinante, fu molto concreto: non fu possibile realizzarlo solo perché l’Armata Rossa godeva delle simpatie delle truppe americane in Europa, anche per la propaganda sviluppata opportunisticamente poco prima dagli stessi Stati Uniti per giustificare il rovesciamento dell’alleanza con i nazisti.

5 L’isotopo 240 del plutonio, che si forma nel reattore insieme all’isotopo fissile 239, possiede una piccola probabilità di subire la fissione “spontanea”, che rischia di innescare troppo presto la bomba durante l’implosione, diminuendo drasticamente l’efficienza dell’esplosione: il meccanismo “a cannone”, adottato per l’uranio, non era adatto, occorreva che le masse subcritiche venissero unite molto più velocemente, e venne così sviluppato il meccanismo “a implosione”.

6 È il caso di ricordare la prima vittima diretta della fissione nucleare, a parte cioè i ricercatori deceduti per tumori contratti soprattutto nella fase iniziale, in cui non erano ben noti gli effetti delle radiazioni: il 21 maggio 1945 Louis Slotin, sperimentando il meccanismo di unione di due emisferi di plutonio per raggiungere la massa critica, innescò inavvertitamente la reazione a catena ed assorbì una dose letale di radiazione, che lo portò alla morte nove giorni dopo tra atroci sofferenze.

7 Vedi ad esempio, A. Baracca, “ Il 27 ottobre 1962 Vassili Arkhipov salvò il mondo dall’olocausto nucleare, 21 anni prima di Stanislav Petrov ”, Pressenza , 26 ottobre 2018, https://www.pressenza.com/it/2018/10/il-27-ottobre-1962-vassili-arkhipov-salvo-il-mondo-dallolocausto-nucleare-21-anni-prima-di-stanislav-petrov/ .

8 A. Baracca, “L’allarme: un first-strike nucleare alla Russia”, Pressenza , 15 maggio 2017, https://www.pressenza.com/it/2017/05/lallarme-un-first-strike-nucleare-alla-russia/ .

10 A. Baracca, “Trumo aggrava irresponsabilmente la minaccia delle armi nucleari”, Pressenza , 15 gennaio 2018, https://www.pressenza.com/it/2018/01/trump-aggrava-irresponsabilmente-la-minaccia-delle-armi-nucleari/; “Trattato INF: chi viola cosa e come”, Pressenza , 3 febbraio 2018, https://www.pressenza.com/it/2019/02/trattato-inf-chi-viola-cosa-perche-e-come/ .

11 A. Baracca, “ Confronto tra TNP e nuovo trattato di proibizione delle armi nucleari”, Pressenza , 3 ottobre 2017, https://www.pressenza.com/it/2017/10/confronto-fra-tnp-trattato-proibizione-delle-armi-nucleari/.

12 A. Baracca, Giovanna Pagani e Marinella Correggia, “Uniti pretendiamo che il governo firmi il trattato di proibizione!“, Pressenza , 3 febbraio 2020, https://www.pressenza.com/it/2020/02/uniti-pretendiamo-che-il-governo-firmi-il-trattato-che-vieta-le-armi-nucleari/ .

13# Ho sviluppato queste considerazioni in due lavori, in italiano e in inglese, ai quali rimando per una trattazione dettagliata e le referenze: A. Baracca, “Antropocene-Capitalocene-Nucleocene: l’eredità dall’Era Nucleare è incompatibile con l’ambiente naturale (e umano)”, Effimera , 11 settembre 2018, http://effimera.org/antropocene-capitalocene-nucleocene-leredita-dellera-nucleare-incompatibile-lambiente-terrestre-umano-angelo-baracca/ ; A. Baracca, “The unsustainable legacy of the Nuclear Age”, ArXive (PDF scaricabile), 23 ottobre 2018, https://arxiv.org/abs/1812.02332 . Ho tenuto un seminario in spagnolo su questo tema al Forum Umanista Europeo a Madrid, maggio 2018.

14# Dalle mie considerazioni sono escluse le applicazioni mediche della fisica nucleare: ogni medico oggi è consapevole che qualsiasi uso di radioisotopi o di radiazioni ionizzanti a scopo terapeutico o diagnostico ha inevitabilmente degli effetti dannosi sull’organismo e la salute, e il ricorso ad essi va fatto solo in casi di comprovata necessità e con una rigorosa valutazione del rapporto costi-benefici. Inoltre anche i rifiuti nucleari ospedalieri costituiscono un problema molto serio.

15# Sulla Terra avvengono processi nucleari, dovuti ad isotopi naturali instabili (radioattività naturale), che comunque non sono esenti da effetti nocivi: le rocce per esempio contengono il gas radon radioattivo, vi sono infatti programmi di monitoraggio e si sconsiglia l’uso di certi materiali da costruzione perché contengono quantità rilevanti di radon. Ma sulla Terra i processi nucleari hanno solo un ruolo marginale: il Sole e le stelle utilizzano le reazioni nucleari, avendo al loro interno temperature di milioni di gradi.

16# Conosco l’obiezione che possono muovermi certi colleghi, dei quali so bene (e ho criticato per decenni) la cieca fiducia nella capacità della Scienza di risolvere qualsiasi problema (per fare un esempio, “bruciare” le scorie nucleari in appositi reattori, ovviamente nucleari). Qui devo forzatamente limitarmi a dire che non sarei assolutamente d’accordo: qualsiasi processo nucleare è destinato – proprio per le energie a cui avviene – a produrre altri prodotti nucleari instabili, perché artificiali. Come si brancoli nel buio su questi problemi è testimoniato proposte per me folli che sono state avanzate, come “sparare” le scorie radioattive sul fondo marino, o lanciarle sul Sole! Fortunatamente ha prevalso la considerazione del disastro che conseguirebbe a un lancio fallito, come già ve ne sono stati.

17# Rosale Bertell, Victims of the Nuclear Age”, The Ecologist , novembre 1999, p. 408-411, https://ratical.org/radiation/Navictims.html.

18# P . es.: http://www.dailymail.co.uk/news/article-3783336/A-Bomb-sunrise-Stunning-photos-atomic-bomb-tests-Nevada-desert-seen-Los-Angeles-1950s.html. La troupe cinematografica di John Wayne sarebbe deceduta per i tumori contratti girando film nel deserto del Nevada presso il sito dei test nucleari .

19# Si vedano ad esempio: J. M. Gould, E. J. Sternglass et al., “Strontium-90 in deciduous teeth as a factor in early childhood cancer”, Int Journ Health Serv , 2 000;30(3):515-39, https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/11109179. M. L. Wald, “Study of Baby Teeth Sees Radiation Effects”, The New York Times , 13 dicembre 2010, https://www.nytimes.com/2010/12/14/health/14cancer.html. “Plutonium from Sellafield in all children’s teeth”, The Guardian , 30 novembre 2003, https://www.theguardian.com/uk/2003/nov/30/greenpolitics.health.

20# In Germania, ad esempio, era stato realizzato il deposito geologico di Asse, in Bassa Sassonia, in una ex cava di sale, ritenuta impermeabile all’acqua, ma nella quale poi si sono rivelate infiltrazioni! Più di 100.000 fusti di residui radioattivi devono venire rimossi, con enormi problemi e costi.

21 P. Brown, “Mountains of nuclear waste just keep growing”, 7 marzo 2018, https://www.truthdig.com/articles/nuclear-waste-mountains-just-keep-growing /.

22# È eclatante negli Stati Uniti la vicenda del mega progetto del deposito geologico per il combustibile esaurito di Yucca Mountain, a 160 km da Las Vegas, deciso dal 1982 (tanto per cambiare in territorio sacro per le nazioni indiane), approvato nel 2002 ma interrotto nel 2011. Questo lascia il governo degli Stati Uniti e le imprese senza un deposito a lungo termine per i residui ad alta attività, che rimangono stoccati in vari impianti nel paese. Attualmente è in funzione il Waste Isolation Pilot Project (WIPP) in Nuovo Messico, collocato 660 metri nel sottosuolo. La pericolosità di questa situazione è dimostrata da un incidente che avvenne in questo impianto nel febbraio 2014 a causa dell’esplosione di un fusto, che ha provocato il versamento nel deposito e la fuga di radioattività nell’ambiente esterno in superficie.

23# A dire il vero, il plutonio può anche venire miscelato con uranio nel cosiddetto combustibile nucleare misto (Mox, mixed uranium oxide ), ma da un lato sembra del tutto irrealistico potere utilizzare in questo modo gli enormi quantitativi di plutonio che si sono accumulati, e in ogni caso la reazione a catena nei reattori produrrebbe più plutonio di quanto possa essere riciclato come combustibile.