Ho passato questa pandemia cercando di osservare quel che succedeva e prendendo appunti, a volte mentali, a volte su pezzettini di carta, messaggi vocali, files sul computer. Pensando di farlo diventare, prima o poi, un articolo per Pressenza, questo.

Non potrete più dirci: che non si possono fermare gli aerei, che non si possono fermare le guerre, che non si possono stanziare soldi per le scuole e gli ospedali, che si debbono per forza comprare F-35 e costruire portaerei. Che non è prioritaria la salute o avere edifici scolastici di buona qualità e un numero ragionevolmente piccolo di alunni per classe.

Abbiamo dato i numeri. Due mesi a dare numeri; ogni volta che osservavo quei numeri con maggiore attenzione mi rendevo conto che erano approssimativi, inesatti o palesemente sbagliati. A un certo punto a Bergamo  hanno fatto un conto a spanne dei morti: morti di quest’anno meno morti dell’anno scorso = morti per coronavirus; a spanne ma abbastanza ragionevole. Altri conti sono stati molto insufficienti, altri semplicemente impossibili (fare il conto dei morti in uno slum africano, o in una favela di Rio).

Se serve un vaccino che sia gratis. Forse un vaccino non servirà affatto me se serve, o qualunque altra cosa che serva che sia gratis. E senza discussioni o sottigliezze. Le campagne in corso sono centinaia, facciamoci ascoltare!! Sanità pubblica, gratuita e di buona qualità per tutti!!

La normalità era il problema: non abbiamo prove scientifiche definitive ma non ci vuole molto a notare che i morti sono di più nelle zone inquinate; la qualità della vita, lo stress, l’eccessiva densità di popolazione son tutti elementi che hanno inciso e che ci debbono far pensare.

Le pandemie dimenticate. Questa pandemia Covid, per vari fattori, è una pandemia “famosa”; finita questa ricordiamo di una pandemia chiamata denutrizione, un’altra chiamata invasione di cavallette, la cronica presenza di malaria e altre gravi malattie che ammazzano sopratutto i poveri e quindi non sono “importanti”. Poi c’è una pandemia chiamata violenza, guerra, sfruttamento…

Il mondo è uno solo. la globalizzazione ha portato il virus quasi ovunque; questo prima non sarebbe successo, si sarebbe morti solo in un posto. La globalizzazione ha tanti aspetti positivi e il virus ci ha detto che tutti possono circolare liberamente su questo pianeta. E che le malattie non le portano i poveri o quelli con un colore particolare della pelle. I virus sono internazionalisti e fanno sentire la presenza della Nazione Umana Universale.

I soldi non risolvono il problema. Meglio un sistema immunitario forte che un portafoglio gonfio; in Italia gli immigrati non si sono ammalati. I medici cubani sono poveri ma bravi e le loro medicine costano poco.

Non è stata la stessa cosa per tutti. La narrazione dominante ci ha chiusi tutti in casa, afflitti da una pandemia mondiale. Ma se uno va a vedere le situazioni, le risposte, i risultati sono stati molto diversi da paese a paese, spesso smentendo le varie teorie o le facili soluzioni. A quando uno studio serio su cosa ha funzionato e cosa no? qualcuno spiega, per esempio, perché in Vietnam non risulti morto nessuno?

L’essere umano viene prima. Sarà banale, sarà “ideologico”, ma va detto: l’essere umano, la sua salute, la sua condizione esistenziale vengono prima dei soldi. E non stiamo parlando dei morti e dei malati solamente, stiamo parlando di coloro che si trovano in situazioni precarie, coloro che soffrono, coloro che si sentono spersi. A livello economico è giunto il momento del Reddito di Base Universale Incondizionato. A livello spirituale è il momento di riflettere sul senso della vita.

I media devono informare e educare non fare propaganda, non fare sensazionalismo in qualunque direzione, non essere portavoce acritici del governo o, peggio, dei potenti di turno. In questa pandemia abbiamo visto differenze importanti in questo, campagne mediatiche fenomenali quanto ridicole sull’”informazione professionale” che distribuiva bufale (per non far nomi: Sepulveda autore di Cent’anni di Solitudine).

Più vicini o più lontani? Ci siamo sdilinquiti in eterne diatribe del tipo “il virus ci ha reso più vicini”, “covid ci ha portato grandi insegnamenti”, intervallati da “ha tirato fuori il peggio di ognuno”, “alla fine il solito mangia mangia”; potremmo sussurrare il sospetto che dipenda da chi guarda e che cosa guarda? Che nel fondo l’intenzione umana è la cosa più importante e che siamo in grado di migliorarci, se vogliamo?