Se volessimo tratteggiare un quadro di questi ultimi due mesi, fatto di immagini e parole, dovremmo usare termini quali: retorica della guerra e codice della paura.

Quali immagini vediamo se chiudiamo gli occhi? Gente con le mascherine, vie deserte, reparti di unità intensiva, mezzi militari o auto della polizia.

Quali parole ci tornano alla mente se ascoltiamo? Lotta, emergenza, Distanziamento, Protezione, nemico.

E se l’invito del virus, il nostro amico geniale fosse un richiamo alla fiducia?

Il primo modo di uscire dalla trappola è accorgersi di essere in trappola, recita il saggio.

Già ma come si fa a rispondere con fiducia quando invece abbiamo paura?

Cominciamo col seguire il consiglio di Confucio: restituiamo il giusto nome alle cose. Fiducia deriva dal latino fidere che significa aver fede, comunemente la si ritiene essere un sentimento di sicurezza che deriva dal confidare senza riserve in qualcuno o qualcosa. Il vocabolario recita: “credenza o speranza in persona, o anche nel buon successo di chicchessia, fondate su segni o argomenti certi o molto probabili”1. La cultura occidentale figlia della mente duale associa pertanto il concetto di fiducia a quello di fede e quello di fede, con un’acrobazia intellettuale rocambolesca a quello di credenza: “credenza in alcuna cosa o persona e più particolarmente negli altrui detti o promesse”2. Il concetto di credenza apre la strada a quello di appartenenza, le C e le A, assassine secondo Tom Robbins,3 assassine della verità, della libertà, della responsabilità e della saggezza.

Già perché credenza porta con sé l’idea che ciò in cui credo io sia vero e ciò in cui credi tu sia falso, ne abbiamo un esempio nelle credenze religiose per le quali l’umanità ha insanguinato il pianeta fin dagli albori della sua storia e continua a farlo.

Recuperiamo invece il significato originario di fede: fede dal latino fides (corda, funicella, benda, filo), che a sua volta deriva dal greco feithè (persuado, sono persuaso, mi fido), che a sua volta deriva dalle due radici sanscrite bandh, che significa, legare, mantenere la promessa, e budh-yate (buddha) che significa osservare, conoscere, sapere. Ci accorgiamo così che aver fiducia, significa prima di tutto osservare i fatti e mantenersi aderenti ad essi, sapere quello che si sta facendo, conoscere ed agire di conseguenza, mantenere la promessa, la lealtà nei confronti del proprio ordine interno.

Dato il giusto nome alle cose, ci troviamo di fronte ad un concetto, la fiducia che, depurato dalle sovrastrutture dogmatiche della credenza, figlie della paura dell’io di scomparire a sé stesso, ci schiude orizzonti di libertà e responsabilità. Libertà dalla paura della morte e dal bisogno di certezze cui aggrapparsi negando l’impermanenza di tutte le cose, responsabilità della propria vita e delle proprie scelte, responsabilità di accettare l’amore o rigettarlo, come ricorda Yogananda: “Possiamo procedere lungo il sentiero che sale, che conduce all’illuminazione, o per il sentiero che scende, che conduce l’ego, sempre più profondamente nella valle nebbiosa dell’illusione.”4

Dato il giusto nome alle cose possiamo avvicinare il concetto di fiducia al concetto junghiano di “obbedienza alla consapevolezza”, o ancora a concetti quali il lila dei mistici, il gioco cosmico, o, ancora una volta, a zoè, il flusso interconnesso.

Sotto questa luce la fiducia assume le vesti della madre di tutte le qualità, di quell’atteggiamento interiore di consapevolezza e responsabilità, amore e libertà che ci consente di riconoscere in ogni ostacolo l’opportunità, in ogni nemico l’alleato, in ogni problema la soluzione, in ogni disgrazia la grazia, che tende a guidarci verso il rispetto del nostro ordine interno.

Dobbiamo comprendere quanto la fiducia non dipenda dalle caratteristiche dell’oggetto ma dalla nostra responsabilità, cioè abilità a rispondere alle domande del mondo esterno.

Dobbiamo comprendere quanto la fiducia rappresenti la scelta della vita e dell’amore, quindi della felicità e del benessere. Una scelta però, che deve essere compiuta senza riserve, senza rete, senza calcoli o strategie, senza il desiderio di un tornaconto personale. Non è possibile scegliere la fiducia per interesse personale, per un ragionamento economico; fiducia significa cuore, significa totalità, significa vuoto assoluto, significa disponibilità al sacrificio dell’io finanche alla sua morte fisica, come ci hanno insegnato i grandi maestri, primo tra tutti Nostro Signore Gesù Cristo. La fiducia è forse l’insegnamento più grande che Cristo ci ha lasciato. Tutta la vita di Gesù uomo è un incessante insegnamento di fiducia: io sono la Via, la Verità e la Vita, chi avrà fiducia in me vivrà in eterno. E chi è questo me se non il , il Sé Transpersonale, l’essere, l’amore. Non puoi avere in fiducia in qualcuno senza avere fiducia nell’essere, quindi ogni atto di fiducia è un atto di fiducia nell’essere, in nessun altro. L’unico altro in gioco, oltre a noi stessi è l’essere, il Sé Transpersonale o, se preferite Dio, Allah, Buddha, il Tao, il Dharma, l’Atman e cosi via.

Ecco allora, il codice della fiducia esplicarsi nella sua pienezza, liberare la sua potenza, ben superiore a quella di tutti i cavalli di tutte le Ferrari di questa terra. Una potenza armonica, fluida, priva di resistenza e quindi di interferenze o blocchi, ma risonante con il tutto, in piena sintonia con tutte le manifestazioni dell’essere.

Ecco allora il circolo virtuoso del benessere, la cura di tutte le cure, la risonanza con il proprio ordine interno, il proprio ritmo, e quindi con tutti i modelli ritmici dell’universo.

Ecco allora individui realizzare miracoli: le guarigioni spontanee dalle più gravi malattie, la creazione di congregazioni con migliaia di aderenti in grado di dedicare la propria vita all’altrui sofferenza, il conseguimento di posizioni elevate di ordine socioeconomico partendo dal nulla.

Quando impareremo che alla radice psichica di ogni malattia risiede la paura che ostacola i naturali processi di auto-rinnovamento e auto-trascendenza dell’organismo e che ogni guarigione nasce dalla fiducia che invece li consente. La tendenza al controllo e al blocco dell’energia vitale, sono il modo migliore per consolidare una malattia, ogni guarigione trova il suo principale alleato nella fluidità dell’energia vitale.

Il COVID 19 ha semplicemente messo in evidenza quanto la normalità della quale tanto aneliamo il ritorno in ultima analisi sia afflitta da mali ben più gravi di quelli di un coronavirus, la retorica della guerra, il codice della paura.

Auspico il ritorno a una non-normalità che sappia riconoscere la trappola e compiere la rivoluzione silenziosa di affidarsi al codice della fiducia.

11 Nuovo dizionario italiano Garzanti, (1996), Milano

22 Nuovo dizionario italiano Garzanti, (1996), Milano

33 Robbins T., (2002), Feroci invalidi di ritorno dai paesi caldi, Baldini e Castaldi, Milano

44 Yogananda P., (1997), Momenti di verità, p.111, Il Punto d’incontro, Vicenza.