Da un paio di settimane molte sono le voci che annunciano “drammaticamente”(compresi – che malafede – gli antieuropei nazionalfascisti, xenofobi, anti-immigranti alla Orban, alla Le Pen, ai Salvini e Meloni., ai dittatorini polacchi, ai neo-nazisti tedeschi…)  che domani martedi 7 aprile, in occasione del Consiglio dei Ministri europeo, si vedrà o no se l’Europa è degna di essere considerata una “comunità ” di cittadini e di popoli capace di adottare un piano comune d’intervento europeo finanziario straordinario per far fronte allo sconquasso socio-economico provocato dalla pandemia del Covid-19.

Certo, l’adozione sarebbe una dose d’ossigeno allo stato di sofferenza cronica dell’integrazione europea e di attuale assenza di reale solidarietà all’interno dell’UE. Tuttavia è bene ricordare che l’apertura di una linea di credito comune dell’UE garantito dalla BCE (coronabonds od altro) di centinaia di miliardi di euro non rappresenterebbe un trasferimento straordinario di ricchezza tra paesi ricchi e meno ricchi in seno all’UE, ma si tratterebbe di un meccanismo di accesso a dei fondi comuni non appartenenti a nessun Stato membro dell’UE. L’accesso ai fondi non si tradurrebbe in una richiesta di “ prestito”ad altri Stati UE . Resta il fatto che si tratta di prestiti che dovranno essere rimborsati pur rimanendo il costo degli eurobond a carico degli Stati dell’Unione. Da qui la riluttanza degli Stati ricchi dell’UE. Essi temono che il risanamento del debito implicito nell’emissione degli eurobonds (o strumenti equivalenti ) ricada sugli Stati dell’UE economicamente più stabili e più ricchi.. Altro che solidarietà ! Siamo in presenza di un aiuto forzato, indesiderato.

Pertanto non è affatto corretto annunciare che l’Europa “dimostrerà che non è una Comunità europea se martedi 7 aprile non….” perché la “Comunità europea” è esistita, ma non esiste più dal 1992. La sua denominazione è stata cambiata con il trattato di Maastricht del 1992. il suo nome ufficiale di “Comunità europea” è stato sostituito con quello di ”Unione europea” tra gli Stati.

Dal 1951 (creazione della Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio – CECA ) e poi da 1961 (creazione della Comunità Economica Europea – CEE ), l’obiettivo del processo d’integrazione fu di costruire un’Europa fondata su” politiche comuni europee”, attraverso istituzioni (quali il Parlamento europeo eletto dal 1979 direttamente da tutti i cittadini della Comunità) e mezzi comuni autonomi (quali un bilancio della Comunità europea finanziato in parte da risorse proprie), ecc. Fino al Trattato di Maasrcht, i “costruttori” della “Comunité europea” erano fieri di di sottolineare una delle specificità originali della costruzione europea rappresentata dal cosidetto “metodo comunitario”, cioè un sistema di decisione fondato sulla definizione di politiche comuni, strumenti, mezzi e procedure comuni, non più inter-statali e inter-nazionali ma a tendenza “sovra-nazionale” seppur settoriale e imperfetta.

La via maestra per avanzare sul piano dell’integrazione politica fu quella detta del “funzionalismo”, partire dall’economia, dal mercato unico interno, per poi istituire la moneta unica europea, nella convinzione che il mercato e la moneta avrebbero inevitabilmente condotto all’integrazione politica europea e quindi ad una comunità europea umana e sociale. Fu una scelta sbagliata. Posso dirlo perché fin dagli anni ’60 mi battei, come tantissimi altri europei, contro detta scelta ed in favore della via “partiamo dal politico”.

In realtà, il Trattato di Maasctricht cambiò la denominazione giuridico-istituzionale dell’Europa perché le classi dirigenti di allora (in maggioranza liberali e social-democratici/socialisti, pragmaticamente proeuropee) avevano mutato le loro concezioni della società e del mondo in un senso chiaramente capitalista liberal-globalista a dominanza tecnocratica. La loro cutlura era sempre più influenzata da una visione antistatale e favorevole alla crescente privatizzazione del potere politico pubblico. Non a caso, il Trattato di Maastricht “rilanciò “ l’intergrazione ineguale dell’Europa sulla base di processi (il mercato unico) e strumenti (la moneta unica), caratterizzati da “meno Stato “ e “senza Stato”. Maastricht ha vietato ogni intervento degli Stati in materia di mercato unico perché considerato un fattore di disturbo del corretto funzionamento dei mercato concorrenziale europeo. E Maastricht ha creato l’euro, una moneta unica senza Stato, perché ne ha affidato la responsabilità e i poteri sovrani ad una nuova istituzione europea, la BCE, che non è uno Stato ma un soggetto giuridicamente e politicamente indipendente dagli Stati e dalle altre istituzioni europee (la Commissione, il Consiglio dei Ministri e, addirittura, il Parlamento europeo).

La Comunità europea è stata affossata nel 1992. Da allora si è assistito ad un rapido e crescente dominio, imposto dagi Stati dell’Unione economicamente più forti (in particolare la Germania, l’Olanda…) di regole, vincoli e meccanismi sempre di più tecnocratici ed autocratici (nel contesto del nuovo “ordine europeo” configurato dal MES..). I poteri politici pubblici (a tutti i livelli territoriali) sono stati devitalizzati, lo Stato del Welfare è diventato sempre più privato e meno sociale, abbiamo assistito alla generale mercificazione e privatizzazione dei beni e servizi comuuni pubblici e conseguente spoliazine dei diritti umani e sociali, salvo per le classi abbienti e agiate (malgrado le numerose carte dei diritti, carte sociali, dichiarazioni, patti, strategie…). Le risorse proprie dell’Unione non possono superare l’1,20% del reddito nazionale lordo degli Stati membri. La decisione in merito appartiene al Consiglio dei Ministri su proposta della Commissione. Il Parlamento europeo ha solo un potere di avviso! Esse sono sempre più diventate l’espressione di una finta solidarietà europea. La Comunità europea, per quel poco che era stato edificato, è stata decostruita.

Fa pena, ma anche rabbia, vedere oggi le stesse classi dirigenti responsabili della decostruzione stracciarsi i panni per proclamare che domani 7 aprile è in gioco l’esistenza ed il futuro della Comunità europea in quanto tale! La sospensione del patto di stabilità non è che provvisoria. Inoltre, non si puo’ considerare politicamente buono l’appello al governo tedesco di venerdi scorso di numerose personalità tedesche (dall’ex ministro degli affari esteri allo storico leader del movimento to studentesco europo degli ’68) in favore di un gesto di solidarietà europea finanziaria verso l’Italia nel contesto straordinario della crisi sanitaria. Il messaggio è di natura sentimentale (amiamo l’Italia…) e paternalista ( noi, fratello maggiore dobbiamo aiutare il fratello minore in difficoltà…).

L’Europa non ha bisogno di messaggi paternalistici o buonisti. Senza aspettare “domani”, dobbiamo operare affinché i cittadini europei entrino in resistenza (nello spirito in cui lo fecero i detenuti politici di Ventotene) e in un processo di salto politico maggiore per liberarsi dall’Europea finanzcapitalista tecnocratica ineguale senza “res publica” (Stato democratico). Spero che domani almeno qualche vocina si alzerà per proporre l’audacia.