“Quando si invoca la pace in Iran bisogna ricordare che il popolo iraniano deve fare i conti con due minacce: sul piano interno, un regime dittatoriale che da 40 anni discrimina e reprime i diritti di donne, operai, minoranze etnico-religiose e oppositori politici. Dall’altra, c’è la
politica imperialista degli Stati Uniti. Il presidente Trump è un irresponsabile, con le sue scelte ci ha spinto verso una situazione pericolosa dal punto di vista della sicurezza e della
stabilità, sia interna che esterna”.
Neguine Bank è un’attivista italo-iraniana per i diritti civili. Residente in Italia da 23 anni, ha iniziato dieci anni fa tale impegno che ora “non mi permette di tornare in Iran. Se lo facessi, finirei nei guai”. L’agenzia Dire l’ha contattata dopo la rappresaglia di Teheran contro gli Stati Uniti della notte scorsa: dopo la morte dell’alto generale Qassem Soleimani, ucciso da un drone americano venerdi’ scorso, le forze armate iraniane stanotte hanno risposto bombardando due basi militari statunitensi in Iraq.
Una escalation di tensioni che fa temere lo scoppio di un conflitto diretto tra queste potenze, che da anni già si confrontano “per procura” nei vari teatri di conflitto in Medio Oriente: “Washington vorrebbe trasformare l’Iran in una nuova Siria- osserva l’attivista- ed è normale che il popolo non lo voglia”.
E’ anche per questo “rinnovato sentimento patriottico” che quasi dieci milioni di persone hanno partecipato nei giorni scorsi alle commemorazioni organizzate dal governo di Teheran per il generale Soleimani. Cortei che si sono trasformati in dimostrazioni contro gli Stati Uniti. “Non dimentichiamo però – tiene a evidenziare Neguine Bank- che in Iran un vero e proprio movimento pacifista non può esistere”. Soleimani apparteneva ai Pasdaran, “una milizia brutale che ha sempre represso con violenza ogni manifestazione di dissenso. Normale che non ci siano state marce contro Soleimani”.
L’assenza di un movimento pacifista vero e proprio quindi è da ricondurre al generale clima di repressione e paura: “Le manifestazioni degli ultimi mesi invece sono state di natura economica” precisa Neguine Bank. “Dimostrazioni- prosegue l’attivista- in oltre cento citta’ del Paese contro il carovita, la disoccupazione e le difficoltà quotidiane affrontate dalle
classi mediobasse”. Marce che hanno assunto anche “toni radicali, di protesta contro i vertici del regime, e culminate con centinaia di morti tra i manifestanti”.
Di fronte a queste tensioni, però, conclude Bank, “l’Unione europea e i singoli Stati membri non sono mai intervenuti efficacemente per fermare le violenze, in Iran come in altri conflitti in Medio oriente, preoccupati come sono di difendere i propri interessi economici”. Per l’esperta dunque “è ipocrita da parte degli europei chiedere ora stabilità ed esprimere
preoccupazione per gli sviluppi attuali”.