Tempo fa discutevamo, in redazione, sul peso che i media stavano dando alla nuova ondata di mobilitazioni per il clima e l’emergenza ecologica.

Da alcune parti si sollevava (l’ha fatto anche Angelo Baracca da queste colonne) un certo personalismo che finiva per banalizzare le rivendicazioni dei FFF, da altre si diceva che lo spazio dato a Greta serviva a nascondere lotte considerate più radicali come quelle di GreenPeace o di Extinction Rebellion; non mancavano nemmeno quelli che dicevano che lo spazio sui media alla questione climatica e ambientale fosse un ennesimo sistema di “distrazione di massa”.

Ora sto passando alcune ore a vedere la copertura mediatica del quarto sciopero globale per il clima che ha visto tra le altre cose una maggiore convergenza di forze su uno stesso obiettivo e non solo forze ecologiste classiche o nuove (FFF, XR, GP), ma anche comitati, sindacati, associazioni di vario tipo.

Ovviamente non siamo in grado (nessuno lo è, nemmeno gli organizzatori) di dire se numericamente questo quarto sciopero globale sia stato più grande del precedente, ma possiamo sicuramente affermare che è stato un evento significativo e quindi degno di nota giornalistica con numerosi aspetti nuovi rispetto anche ai precedenti.

Bene, alla prima analisi assennata dei media italiani possiamo tranquillamente dire che la copertura mediatica è stata scarsa e particolarmente assente o francamente denigratoria da parte di quei media che esplicitamente avversano o negano il problema. La “notizia” non è più tale e, in ogni caso, in nessun caso è la prima notizia.

Mi pare che questa sia una concreta risposta ai detrattori della mediaticità di Greta e amici: il movimento è sulla strada giusta e sta affrontando il problema mettendone a nudo i temi di fondo: non a caso ha abbracciato la causa del block friday, individuando nel consumismo occidentale uno dei simboli della crescita dissennata, della logica del profitto che è uno dei temi di fondo della direzione profondamente sbagliata che ha da tempo preso la società.

Sappiamo benissimo che la prima arma mediatica contro i nuovi movimenti è quella del silenzio o del parlarne il meno possibile e preferibilmente in modo generico o distorto. Nonostante tentativi di metterci cappelli sopra appare evidente che il movimento non ha alcuna intenzione di legarsi ad alcun movimento o partito politico che lo rappresenti ma, al contrario, rappresenta bene una certa giustificata sfiducia verso la politica.

In altre sedi più istituzionali le parole dei politici e dei presidenti risuonano vuote e retoriche. La stessa dichiarazione di emergenza climatica votata di recente dal Parlamento Europeo pare una dichiarazione di intenti e il “Green New Deal” un modo elegante di fare del buon green washing.

Appare dunque chiaro che l’informazione corretta e dettagliata sia sulla questione scientifica che su quella politica (nel senso più ampio possibile della parola) è sempre più necessaria e, in questo senso, Pressenza cercherà sempre più di essere in prima linea.

Noi crediamo fermamente che il cambiamento sia possibile e che debba venire in primo luogo dalla base della società, che debba corrispondere a un grande cambiamento di mentalità e di sistemi di relazione. Sarà dunque necessario mettere in discussione e fare pressione sui media affinché diano lo spazio dovuto ai problemi centrali, invece di rifugiarsi ad arte nelle secondarietà.