Oltre duecento persone a protestare contro il golpe in Bolivia e a solidarizzare con il popolo boliviano e con il presidente Evo Morales.

Come in altre città d’Italia, anche Roma ha voluto esprimere il suo no a quanto sta avvenendo nel paese sudamericano: nel pomeriggio via Civitavecchia – dove si trova la sede dell’ambasciata boliviana (siamo nei pressi di viale Regina Margherita, quartiere Trieste-Salario) – si è animata con bandiere, striscioni, slogan ed interventi al microfono.

Sindacati, studenti, associazioni, partiti politici, movimenti: tante le realtà presenti ad esprimere il proprio dissenso nei confronti del colpo di stato che ha portato alle dimissioni e poi alla fuga in Messico di Morales ed all’instaurazione di un governo illegittimo.

Nella giornata di ieri è infatti iniziata a circolare la notizia dell’autoproclamazione della senatrice dell’opposizione Jeanine Anez a presidente ad interim della Bolivia. Votata in un parlamento quasi vuoto (come testimoniano immagini e video reperibili con facilità in rete), in pratica solo dai membri del suo partito, la senatrice ha assunto i poteri che fino a qualche giorno fa erano stati attribuiti dal popolo boliviano ad Evo Morales.

La notizia dell’autoproclamazione della Anez è stata uno dei temi degli interventi che hanno caratterizzato le circa due ore di presidio: convocato per le quattro, è proseguito fino alle sei circa, per poi sciogliersi.

I tanti interventi hanno posto al centro – praticamente tutti – l’importanza e l’esigenza di salvaguardare il patrimonio delle esperienze sociali e politiche che si sono sviluppate in America Latina negli ultimi quindici anni, e che ora sono sotto attacco: i governi di Chavez e Maduro in Venezuela, Correa in Ecuador, Lula in Brasile, appunto Morales in Bolivia, solo per citarne alcuni. Governi che, in contesti diversi e con modalità diverse, hanno provato a mettere i più deboli al centro dell’azione politica, riuscendoci in molti casi.

Queste esperienze sono inequivocabilmente sotto attacco: alcune in modo democratico e più leggero, altre in maniera più esplicita e brutale, come pare essere il caso della Bolivia.

Nel corso del presidio una delegazione, guidata dal professor Luciano Vasapollo – docente universitario a Roma e a Cuba nonché direttore del Centro Studi Cestes e della rivista Nuestra America – ha voluto portare una testimonianza di solidarietà all’ambasciatore boliviano, che ha accolto il sostegno dei manifestanti e ricambiato il loro saluto.

Tra i tanti striscioni e le numerose bandiere presenti, riconoscibili quelle del sindacato Usb, della rete No War, di Noi Restiamo, di Potere al Popolo, Pc, Pci, Rete dei Comunisti.

Qui di seguito alcuni momenti della mobilitazione raccolti in un breve video da Alessio Ramaccioni