Si muovono sul terreno che lega e ribalta pedagogia e politica, pensano che bambini e ragazzi siano già cittadini, sanno bene che viviamo tempi in cui occorre prima di tutto scardinare pregiudizi e stereotipi e vincere la paura di mettersi in gioco. “Cultura in movimento” è più di un progetto, è un modo di fare comunità. Che merita di essere raccontato e festeggiato

Cultura in movimento è più di un progetto – promosso dal Circolo Arci Cinema Vekkio di Corneliano d’Alba -, è un movimento ma anche uno stile di pedagogia sociale, politica, comunitaria che opera nella città e con le relazioni esistenti in essa, in quanto, spazio, ambiente e risorse a cui attingere. L’obiettivo è ambizioso: sviluppare azioni educative trasformative e emancipative nel territorio.

Agiamo pensando che un cambiamento radicale delle nostre comunità non possa prescindere da un approccio popolare che parta dai vissuti quotidiani, dalle condizioni reali dei ragazzi/e (e di noi tutti) e li colleghi ai grandi temi della società. Per questo agiamo per legare pedagogia e politica in un rapporto fecondo di percorsi liberatori si debbano mutare e rendere sempre più calde le relazioni sociali.

Il tema di fondo è costruire una “pedagogia militante”, che prenda parte, propedeutica a un cambiamento radicale della società, non in modo ideologico e didattico, contenutistico, ma provando a far nascere il sentimento di una critica e di una ricerca pratica alternativa all’esistente per le nostre vite alienate e sfruttate.

Agire comunitariamente significa prima di tutto auto-educarci ad azioni democratiche per riappropriarci degli spazi, dei temi e dei tempi delle nostre città.

Ingaggio con le persone e il territorio, mappa sociale, racconto e raccolta di storie, emersione dei temi, creazione di un oggetto culturale e tentativo di azione trasformativa: ecco in breve il nostro metodo, che non ha di certo la pretesa di essere scientifico e istituzionale, ma ha come riferimenti dichiarati e forti l’inchiesta sociale e la socioanalisi narrativa.

In un’epoca dominata dall’individualismo e dalla competizione, fomentata da un sistema educativo che spinge a equipaggiarsi per gareggiare tutti contro tutti nella dinamica sociale, il nostro apporto è stato quello di far vivere l’esperienza del collettivo.

L’altro nodo politico che quasi sempre si costruisce è l’affrontare, l’essere un piccolo antidoto alla disillusione al cambiamento, che non solo leggiamo in molti sguardi, ma a volte ci viene comunicata con la paura di mettersi in gioco, perché intanto non cambia nulla…

Gli elementi pedagogici emersi trasversalmente partono dal tentare di essere inclusivi con tutte le persone che incontriamo, e questo non lo facciamo offrendo iniziative o attività, ma andando incontro alle persone nei luoghi che frequentano, interpellandoli come soggetti, come abitanti e conoscitori di un luogo, delle sue storie e delle relazioni che vi accadono. I bambini/e, i ragazzi/e sono già cittadini.

Si tratta di un percorso educativo non didattico, ma di diretta implicazione nelle dinamiche sociali, un apprendimento reale e di partecipazione concreta nella vita della città e delle sue relazioni.

Altro aspetto fondamentale dei nostri percorsi sono le storie, sia quelle che raccontiamo per promuovere il dialogo, sia quelle che raccogliamo. È evidente quanto queste possano essere accomodanti e innocue quanto potenziali scintille di riflessione e azione comunitaria. Le storie esperienziali raccontateci da ragazzi e bambini fanno infatti emergere il punto di vista soggettivo, di parte e permettono di collegare questo aspetto personale al resto della dinamica sociale, provando a scardinare pregiudizi e stereotipi.

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