Coerentemente con quanto il Partito Umanista ha espresso nei mesi scorsi, in opposizione alle politiche del ministro dell’Interno Matteo Salvini, torniamo a condannare quei provvedimenti e la retorica sui “porti chiusi” che ha tenuto bloccata la nave Sea Watch 3 al largo di Lampedusa per quasi  due settimane.

Condanniamo esplicitamente ogni provvedimento messo in atto da questo governo nella gestione dei flussi migratori: rigettiamo, quindi, il mancato soccorso ai naufraghi, i respingimenti, l’esternalizzazione delle frontiere e le espulsioni.

Rigettiamo la distinzione tra  migranti regolari e irregolari, tra chi fugge dalla guerra e dalla persecuzione e chi fugge dalla povertà: a tutti va data la possibilità di un futuro migliore.

Allo stesso modo condanniamo l’intesa siglata con la Libia dall’ex ministro Minniti (e mantenuta dal ministro Salvini), che legittima l’esistenza dei campi di prigionia nei quali i migranti sono sottoposti a un trattamento disumano e che affida alla guardia costiera libica il compito di catturare chi prende il mare.

Riteniamo spregevole l’atteggiamento dell’Unione Europea, sintetizzato nel Regolamento di Dublino, che vieta ai migranti di raggiungere i paesi in cui desiderano andare (e nei quali le condizioni sociali e lavorative sono migliori) e pretende di lasciare il peso della loro accoglienza e della loro integrazione ai soli paesi del confine meridionale, quelli più duramente colpiti dalle politiche economiche portate avanti dalla stessa Unione e nei quali dilagano povertà e disoccupazione.

Chiediamo che si permetta lo sbarco dei migranti della Sea Watch, i quali non possono essere trattati come ostaggi nel braccio di ferro con la UE, senza per questo indietreggiare nel pretendere la distribuzione tra tutti i paesi dell’Unione di chi approda nei nostri porti.

Chiediamo inoltre che si porti avanti seriamente il conflitto con la UE per l’eliminazione degli assurdi vincoli di bilancio che stanno determinando una situazione di gravissima povertà e stagnazione economica nel nostro paese, situazione che impedisce di fatto un’accoglienza effettiva e non retorica dei nuovi poveri in arrivo dal mare.