Annunciata la scorsa settimana e presentata lo scorso 20 giugno con un tweet in cui ricordava che «nella mia prima visita in Venezuela come Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, ascolterò tutte le voci e lavorerò con tutti per promuovere e salvaguardare tutti i diritti umani di tutti i venezuelani», Michelle Bachelet si è trattenuta nel paese due giorni. Già il 22 giugno ha rilasciato una dichiarazione conclusiva di quella che senza dubbio è risultata una missione importante, se non altro perché si è trattato della prima missione ufficiale in assoluto, in Venezuela, del vertice del sistema dei diritti umani delle Nazioni Unite.

Una missione, peraltro, che, al di là della cornice storica nella quale si è svolta, ha finito per assumere anche una eminente valenza politica, dal momento che, come appunto è stato sintetizzato nella dichiarazione finale della stessa Bachelet, «si è trattato di una visita breve, ma cruciale. In questo frangente di crisi economica, sociale e politica, sollecito passi avanti verso un compromesso, privilegiando gli obiettivi di medio e lungo termine» a beneficio di tutti i venezuelani e di tutte le venezuelane.

Nella missione, infatti, realizzata su invito del presidente della Repubblica Bolivariana del Venezuela, Nicolas Maduro, l’alta commissaria Michelle Bachelet non solo ha avuto modo di incontrare tutti i più rilevanti attori della scena politica, sociale e istituzionale del paese, ma ha anche potuto ricostruire un quadro più puntuale della situazione dei diritti umani in Venezuela, in direzione di un rapporto finale che sarà pubblicato già nel mese di luglio, e all’indomani di dichiarazioni che furono da più parti criticate. In occasione del Consiglio dei Diritti Umani del marzo scorso, per esempio, ebbe ad asserire che il Venezuela stava soffrendo un drammatico deterioramento della situazione dei diritti umani e, in particolare, «una continua criminalizzazione delle proteste pacifiche e del dissenso politico».

Peraltro, nel corso della sua missione, la commissaria ha avuto modo di incontrare esponenti delle opposizioni, tra i quali lo stesso Juan Guaido, che, ricorda il servizio stampa delle Nazioni Unite, si è auto-proclamato “presidente ad interim” nel gennaio scorso, innescando una radicalizzazione della crisi politica in un paese già profondamente diviso.

Se, da una parte, la commissaria ha riferito della sua speranza «che la missione, insieme con il supporto e l’assistenza che saranno fornite, aiuteranno a consolidare la prevenzione delle violazioni e l’accesso alla giustizia in Venezuela», aggiungendo che il governo venezuelano ha convenuto che il team di missione delle Nazioni Unite avrà pieno e libero accesso ai centri di detenzione al fine di monitorare le condizioni dei detenuti e di poter parlare con loro, dall’altra lo stesso presidente Maduro ha ribadito e confermato tutti gli impegni assunti. Ha ricordato che si è trattato di «un primo passo in direzione di un rapporto più efficace e più cooperativo sulle questioni dei diritti umani del popolo venezuelano» e confermato che saranno prese in massima considerazione le raccomandazioni e le indicazioni dell’Alto Commissariato per i Diritti Umani.

Nel merito dei contenuti della missione, la Bachelet ha potuto incontrare vittime e familiari di vittime di violazioni, richiamando, anche nelle dichiarazioni conclusive, alcuni casi specifici e riponendo l’attenzione su casi di violazioni ai danni di persone detenute. Al tempo stesso, ha posto l’accento sulle «vittime di violenza tra i sostenitori delle forze governative», ricordando, in particolare, il caso di una madre il cui figlio, sostenitore del governo bolivariano, è stato aggredito e dato alle fiamme nel corso delle drammatiche proteste del 2017, trascorrendo poi ben 15 giorni in agonia, in ospedale, prima della morte. Ha ricordato inoltre che il 75% del bilancio nazionale è destinato ai programmi sociali, incardinati, in particolare, nelle missioni bolivariane e socialiste e ha inoltre espresso grave preoccupazione per l’effetto paralizzante delle sanzioni imposte unilateralmente dagli USA, in particolare sulle esportazioni di petrolio e il mercato dell’oro, che «esacerbano e aggravano la crisi economica» e costituiscono, come sottolineato da più analisti, una gravissima violazione del diritto internazionale e una pesante violazione dei diritti umani.

Se le opposizioni speravano, quindi, di trarre nuova occasione di legittimazione dalla visita in Venezuela della Bachelet, peraltro invitata da Maduro,  si può dire che l’obiettivo sia fallito: a conclusione della missione, facendo riferimento al dialogo tra governo e opposizioni in corso in Norvegia, ha ricordato che «il dialogo può avere successo, nella misura in cui coinvolge tutte le realtà interessate e tutti avvertono l’urgenza e l’esigenza che tali negoziati abbiano successo». Appunto, nello spirito della diplomazia di pace bolivariana.