Serata intensa all’ex Colonia Elioterapica di Germignaga per il sesto appuntamento del ciclo di incontri “Una moltitudine inarrestabile: Azioni ed esperienze che illuminano il bello che c’è”, intitolato “Con altri occhi. Incontri nelle scuole dialogando di migrazioni”, con il giornalista, scrittore ed educatore Daniele Biella.

Il progetto “Con altri occhi” della cooperativa sociale Aeris va avanti ormai da tre anni in Brianza e ha coinvolto finora circa 13.000 ragazzi dalla quarta elementare alla terza media di scuole, con qualche puntata nelle istituti superiori. In ogni classe sono previsti due appuntamenti, il primo con Daniele e il secondo con un giovane rifugiato o richiedente asilo residente nelle vicinanze – e a volte nello stesso paese dove avviene l’incontro. Obiettivo, sfatare fake-news, luoghi comuni e disinformazione con dati precisi e corretti e far conoscere attraverso un contatto diretto le storie personali di chi è costretto a una migrazione forzata verso l’Europa, unendo esseri umani che, come osserva uno dei ragazzini coinvolti, “hanno la pelle di un altro colore, ma il sangue rosso come il nostro.”

Il primo incontro inizia lasciando liberi i ragazzi di esprimere domande, dubbi, convinzioni (spesso mutuate da ambienti familiari razzisti, o con una conoscenza del tema delle migrazioni basata sui luoghi comuni spacciati dalla peggiore informazione). Punta a far cadere tanti falsi miti e una percezione sbagliata del fenomeno e a far capire che chi parte non è un pericolo (i terroristi hanno ben altri modi di arrivare in Europa, rispetto a un barcone a rischio naufragio, o addirittura ci vivono da tempo), ma è in pericolo.

Utilissimi in questa prima operazione sono i dati che mostrano come la stragrande maggioranza di chi fugge da persecuzioni, povertà e guerra viene accolta in Medio Oriente e in Africa (in particolare in Libano, Etiopia e Kenya), mentre in Italia la percentuale è di 4 su mille (altro che invasione!). Il video di Amnesty International “Quando tu non esisti” rovescia la prospettiva a cui siamo abituati, mostrando bianchi in fuga da situazioni catastrofiche e diretti in Africa e si concentra su una semplice domanda: “Come vorresti essere trattato quando scappi da casa tua? Con un mitra spianato, o con dignità?” Un altro video sulla guerra in Siria inizia con la festa di compleanno di una bambina molto simile a noi e prosegue con un crescendo impressionante di violenza, bombardamenti e pericoli, fino a un altro compleanno in condizioni ben diverse dal primo.

Un altro passaggio fondamentale riguarda la riflessione sul significato della parola “migrazione”. Si arriva a definirla uno spostamento, dunque un’esperienza normale, che riguarda tutti e che cambia solo quando non è una libera scelta, ma una migrazione forzata. Risulta poi che praticamente in ogni classe i bambini hanno un parente che si è spostato, a volte risalendo alle generazioni precedenti emigrate nelle Americhe o in Australia, altre all’interno dell’Italia e si è trovato spesso ad affrontare le discriminazioni e i pregiudizi che oggi riguardano i migranti in arrivo dall’Africa o dal Medio Oriente.

Alla fine del primo incontro i ragazzi vengono invitati a compilare una lista con le cinque cose che si porterebbero via da casa se dovessero fuggire da una situazione ormai a rischio. Quasi sempre uno degli oggetti è un cellulare. Discutendo su tutti i suoi usi, si capisce quanto sia indispensabile per orientarsi, per portarsi dietro i documenti, per restare in contatto con le famiglie lontane, sfatando lo stupido luogo comune del “hanno un cellulare e dunque non gli serve aiuto”. Altra idiozia che dimostra tutta la sua assurdità è quel “Sono tutti palestrati”. Quando bisogna affrontare il deserto, il lavoro forzato in Libia e la traversata del Mediterraneo su gommoni e barconi fatiscenti, è ovvio che partano innanzitutto i più forti e vigorosi, nella speranza che, arrivati in Europa, possano poi mandare soldi alle famiglie rimaste in Africa.

Il secondo incontro porta nelle classi un giovane rifugiato o richiedente asilo. La curiosità e l’interesse sono altissimi e le domande fioccano, creando situazioni forti, con un enorme potere emotivo e il racconto dal vivo di cosa hanno passato per arrivare in Italia. “Sei uno di quelli di cui parlano in televisione?” Perché sei arrivato in Italia su un barcone?” “Ti manca il tuo paese?” sono alcune delle domande più frequenti. La relazione diventa così uno scambio che avvicina e spesso continua anche fuori dalla scuola. “Io voglio essere tuo amico”, dichiara un bambino delle elementari. E in effetti è successo che i giovani africani venissero invitati a una festa, o a una partita di calcio, dai ragazzi conosciuti in classe.

Alla fine dell’incontro si chiede di lasciare un messaggio anonimo. Sono ormai migliaia e danno davvero speranza nelle nuove generazioni: si va da “Ho imparato a mettermi nei loro panni”, a “I migranti sono come noi”, da “Migrare è scegliere la libertà”, a ”Spero in un futuro migliore e vorrei contribuire”. Segno che l’approccio inclusivo e mai polemico, basato sul rispetto reciproco, permette di parlare in modo diretto di un problema complesso come le migrazioni e di cambiare punto di vista su uno dei temi oggi più strumentalizzati da una propaganda tossica.

La serata a Germignaga tocca anche temi come l’esperienza di Daniele a bordo della nave Aquarius nel settembre 2017 (utile anche per portare una testimonianza diretta corredata da foto e video, sui salvataggi in mare) e nei campi profughi al confine tra Bosnia e Croazia, o il decreto sicurezza bis appena proposto da Salvini, un ulteriore passo avanti nella criminalizzazione della solidarietà, con sanzioni e multe di migliaia di euro per ogni migrante salvato.

Infine, domande e commenti del pubblico, offerte libere per il libro “Con altri occhi”, auto-prodotto dalla cooperativa Aeris come un vademecum che aiuti a parlare di migrazioni nelle scuole e una speranza condivisa: non dimentichiamoci che la strada lunga e difficile verso un mondo più umano è quella giusta e non demordiamo.