“Si alla pace, alla giustizia e alla vita, no alla guerra”.
“Il processo di pace firmato dal governo Santos con le FARC è minacciato, la morte sistematica dei leader deve finire, la Corte Internazionale di Giustizia dell’Aia è stata chiamata a garantire un processo veramente giusto, ricorreremo al Tribunale dell’Aia solo se fallisce la giurisdizione per la pace in Colombia, stiamo creando un precedente”, dice Luis García.

New York, in diagonale rispetto alla sede delle Nazioni Unite (ONU), si è creato un altro punto d’incontro per raccontare al mondo quello che sta accadendo in Colombia, “siamo quasi arrivati a 600 leader uccisi per essersi opposti, rivendicare e dimostrare i loro diritti umani fondamentali, come conseguenza dell’abbandono del governo nazionale”, dichiarano i manifestanti. Ognuno portava cartelli che dicevano: “Dite loro di non uccidermi”, “Per una Colombia più umana, più solidale”, “Basta con il silenzio tra noi e i nostri amici e familiari, vogliamo conoscere la nostra storia”, “Per la vita fino alla vita stessa”, “Lasciateci vivere in pace” e le storie di ogni leader che è stato ucciso o minacciato.

Sono le voci che si levano in diverse parti del mondo, facendo parte della marcia che i collettivi e le coalizioni giovanili in Europa e in diverse parti del mondo hanno realizzato verso la Corte Internazionale dell’Aia per denunciare quanto sta accadendo in Colombia.

Elizabeth Castanedas, Collettivo per i Diritti Umani ” Somos Uno Solo”, Colombia Umana NY, Colombia Cosciente.
Dichiara: “Denunciamo gli omicidi sistematici di leader sociali e le continue minacce di morte agli attivisti che difendono i diritti umani in Colombia, che difendono l’acqua, che difendono la pace, noi che siamo qui vogliamo dire alla comunità internazionale di cominciare ad attirare l’attenzione del governo colombiano al fine di fargli fare qualcosa al riguardo e non lasciare che si giustifichi col fatto che i leaders sono molti, che non ci sono soldi. Vogliamo un paese in pace, un paese in cui possiamo entrarci tutti.

Per favore, Iván Duque Márquez, prenditi la responsabilità e salva la vita di coloro che sono minacciati in Colombia!”

Yolanda Andersson, Movimento Umanista
“Noi Umanisti respingiamo totalmente quanto sta accadendo in Colombia, più di 540 leader sociali uccisi e il governo non si pronuncia, sono qui perché sono solidale e perché ritengo che i passi compiuti dai giovani siano molto importanti. Questa è la via d’uscita, la via d’uscita è che questi giovani continuino ad agire per chiedere giustizia e che la vita umana sia rispettata in Colombia, che la Minga sia rispettata, che il governo risponda e se non può farlo, che si dimetta. Non possiamo continuare a lasciar uccidere i leader delle comunità perché chiedono la loro terra, perché chiedono la pace, perché chiedono giustizia sociale, sono esseri umani.

Ci siamo rivolti al Tribunale internazionale dell’Aia, perché abbiamo bisogno di far sapere al mondo cosa sta accadendo con il processo di pace; in molti hanno guardato verso la Colombia, ma con l’arrivo al potere di Duque, il Presidente, non si sta pronunciando.

La marcia condotta dai giovani delle diverse coalizioni e collettivi da Parigi all’Aia ha lo scopo di far girare lo sguardo del mondo verso la Colombia e se non sarà possibile in Colombia, far si che gli aiuti internazionali diventino efficaci e si consideri responsabile il Presidente per la vita dei leader delle comunità”.

Carlos Aguasaco, scrittore, poeta e professore alla Public University City of New York (CUNY).
“La Colombia è un paese che ha sofferto per secoli, ha sofferto una guerra fratricida che non ha giovato a nessuno, solo ai venditori di armi, ai criminali ed è in un processo di transizione verso la pace, è un momento in cui la Colombia deve decidersi per la pace e, naturalmente, le generazioni che sono cresciute in guerra, non conoscono altro che violenza e questa generazione sta cercando di cambiare le cose. Siamo venuti a mostrare solidarietà con i leader sociali colombiani che stanno dando la loro vita per la pace del paese, con i popoli indigeni che stanno dando al paese una lezione di integrità, un impegno nelle loro marce per difendere i loro diritti ancestrali, per difendere i diritti umani in Colombia e per chiedere al Presidente Duque di impegnarsi per la pace, per difendere la vita e di utilizzare lo Stato per garantire a questa generazione e a quelle future una Colombia più giusta, una Colombia in pace, una Colombia dove la vita sia la norma e non l’eccezione.

Ci si è rivolti al Tribunale internazionale dell’Aia per garantire che vi sia un ordinamento giuridico internazionale e che la Colombia, che ovviamente ha firmato questi trattati e che fa parte di queste organizzazioni multilaterali, si assicuri di essere in sintonia con il mondo, di essere in sintonia con queste legislazioni che sono state imposte proprio per evitare la diffusione della guerra.

Il governo sostiene che ci sono troppi leader sociali e che non tutti possono essere protetti; pensiamo che quando un paese entra in pace, le risorse del paese sono sufficienti a proteggerci tutti, è uno sforzo, certo, ma fa parte dell’impegno con il governo che, invece di destinare risorse a una guerra che non aiuta nessuno, sono sicuro che possa essere competente per difendere la vita di leader sociali che difendono semplicemente i diritti umani e i diritti delle classi lavoratrici in Colombia.

Invito i governo colombiano a compiere la sua missione, invito i colombiani all’estero a mostrare solidarietà con le lotte del popolo colombiano, e tutti in generale a usare i procedimenti legali e democratici per sostenere una Colombia più giusta, una Colombia che possa migliorare sempre di più”.

La giornata, svoltasi in mezzo al freddo e alla pioggia, si è conclusa con la partecipazione e la solidarietà del gruppo musicale cileno “A Desalambrar”, in un tour di musica di protesta sociale con temi quali: “Todas las Voces Todas”, “Plegaria de un Labrador”, “El Derecho a Vivir en Paz”, “A Desalambrar”.

Di Gustavo Espinoza

 

Traduzione dallo spagnolo di Silvia Nocera