Alla fine dello scorso gennaio, con un anno di ritardo rispetto a quanto previsto, è stata presentata la 2019 Missile Defense Review (MDR), un documento di 108 pagine a completare la definizione della politica di sicurezza dell’amministrazione Trump delineata nelle 2017 National Security Strategy, 2018 National Defense Strategy e 2018 Nuclear Posture Review. La MDR conferma la decisa volontà di un forte rilancio dei programmi di difesa missilistica, dopo il ridimensionamento imposto dall’amministrazione Obama.

Il presidente Trump ha presentato la MDR dichiarando che “noi distruggeremo ogni tipo di attacco missilistico contro ogni bersaglio americano, sia prima che dopo il lancio”. In realtà la MDR indica degli obiettivi ben più modesti: “sviluppare, acquisire e mantenere le capacità necessarie per proteggere il suolo americano da ogni possibile attacco dagli arsenali di missili a lunga gittata di stati canaglia” (il documento si riferisce in tal modo alla Corea del Nord (DPRK) e all’Iran); si prende atto dell’impossibilità della difesa attiva degli USA dalle “ben maggiori capacità, in numero e in tecnologia avanzata, dei missili balistici intercontinentali di Russia e Cina”, difesa garantita solo da una politica di deterrenza nucleare.

Il programma rimane comunque ambizioso perché intende far fronte alle minacce del prossimo decennio sia dei missili intercontinentali con base a terra (ICBM) degli stati ‘canaglia’, sia a minacce regionali contro basi, alleati e interessi americani ovunque nel mondo “integrando capacità offensive e difensive per la deterrenza, includendo difese attive per intercettare missili in tutte le fasi di volo e di lancio, difese passive per mitigare gli effetti di attacchi missilistici e, in caso di conflitti, operazioni di attacco preventivo per neutralizzare minacce di missili offensivi prima del loro lancio.”

Dal quadro generale, emerge chiaramente una strategia americana che vuole superare l’assetto di equilibrio e stabilità delle forze nucleari mondiali, tipico delle deterrenza, nella prospettiva dello scivoloso obiettivo di una superiorità militare incontrastabile.

Qualche dato tecnico

I missili militari si distinguono in base alla loro natura e gittata: oltre agli ICBM vanno considerati i missili balistici a gittata corta (< 1000 km), media (1000−3500 km) e intermedia (3500−5500 km), i missili intercontinentali lanciati da sommergibile (SLBM), i missili cruise che volano nell’atmosfera e i sistemi iper-veloci (HGV), in fase di sviluppo, che planano ai bordi dell’atmosfera a velocità superiori a 5 mach lungo percorsi imprevedibili. La difesa da ciascuno di questi tipi di missile richiede strumenti differenti con specifiche capacità, in parecchi casi ancora da immaginare o assolutamente irraggiungibili.

Per quanto riguarda le fasi di volo dei missili balistici vanno distinti:

– il lancio: il missile porta in 3−5 minuti l’ogiva armata alla velocità necessaria e la colloca sulla traiettoria balistica predeterminata;

– la fase intermedia, in cui la testata procede di fuori dell’atmosfera sulla traiettoria determinata dalla gravità e dalle condizioni iniziali alla velocità di circa 24000 km/h; per missili intercontinentali può durare una ventina di minuti;

– il rientro nell’atmosfera verso l’obiettivo alla velocità di circa 3200 km/h; dura meno di 1 minuto.

Un sistema di difesa dai missili balistici (ABM) deve integrare sensori, radar, armi e sistemi di gestione della battaglia per distruggere i missili in fase di lancio ovvero le testate in volo o nella fase di rientro; un ABM può mirare a una difesa puntuale di uno specifico bene di alto valore (sedi di leadership politica o di comando e controllo, basi militari o missilistiche) oppure alla protezione globale di vaste aree del paese.

Un sistema ABM deve, nel breve tempo disponibile:
1. individuare il lancio del missile ostile e, possibilmente, la sua natura;
2. individuare l’ogiva nemica e prevederne la traiettoria;
3. discriminare la testata fra i residui del missile e le “civette”;
4. guidare il mezzo intercettatore contro la testata;
5. verificare la distruzione della testata nemica, ed eventualmente ripetere l’attacco.

Il problema viene ulteriormente complicato dai missili con testate multiple emesse su traiettorie indipendenti (MIRV), sviluppati appunto per penetrare i sistemi ABM, dalle testate MARV, in grado di manovrare in volo, e, in generale, da contromisure degli attaccanti.

Alcuni dati storici

Americani e russi si sono dedicati alla ricerca di sistemi ABM immediatamente dall’avvento dei missili balistici. Il primo sistema messo a punto è il sistema puntiforme Galosh per difendere Mosca, iniziato nei primi anni ’60 e tuttora esistente, con continui aggiornamenti; si basa su un sistema di radar d’avvistamento e di intercettori eso-atmosferici, guidati da radar di terra, impieganti una testata nucleare (da 1 a parecchi Mton) per la distruzione delle testate nemiche in fase di rientro; il sistema è considerato di efficacia limitata, penetrabile con contromisure relativamente semplici.

Negli anni ’70 gli americani misero a punto Safeguard, un sistema ABM puntiforme per difendere basi missilistiche, con radar d’avvistamento e di guida dei missili intercettatori sia eso-atmosferici (Spartan) che endo-atmosferici (Sprint), entrambi con testata nucleare (qualche Mton). Il sistema, dotato di 100 intercettatori, venne smantellato pochi mesi dopo la raggiunta operatività (ottobre 1975), poiché il Congresso decise che era troppo costoso e inefficace.

Nel 1972 l’URSS e gli USA raggiunsero il trattato ABM, per la limitazione dei sistemi antimissile a due soli sistemi puntuali (ridotti a uno nel 1974) con non più di 100 intercettatori; al trattato, che aprì la stagione degli accordi per la limitazione degli armamenti, si giunse per il comune riconoscimento dell’incompatibilità di una strategia di difesa missilistica globale con la stabilità strategica e una relazione di reciproca deterrenza nucleare.

Un rilancio delle ricerche per un sistema ABM globale si ebbe nel 1983 con il programma SDI (Strategic Defense Initiative) lanciato da Ronald Reagan per lo sviluppo di sensori e intercettatori da collocare sia a terra che nello spazio; si comprese rapidamente che la tecnologia del tempo era troppo lontana dagli obiettivi sperati, mentre creava rischi per la stabilità strategica, per cui le ricerche continuarono in sordina fino alla dissoluzione nel 1993.

George W. Bush nel 2002 ritrasse gli USA dal trattato ABM e decise la costruzione in tempi rapidi (e senza le normali verifiche di credibilità di nuove armi) di un sistema (GMD) basato su intercettatori basati a terra (in Alaska e California) per distruggere per impatto testate nella fase intermedia di volo provenienti da occidente (rispetto agli USA). Vennero anche sviluppati sistemi contro missili a gittata intermedia e corta per i teatri europeo, medio-orientale e nord-est asiatico, oltre allo studio di sistemi più avanzati. Dal 2002 gli USA hanno investito nei programmi e nelle ricerche AMB oltre 200 miliardi di dollari, con una significativa accelerazione impartita dall’amministrazione Trump.

La 2019 Missile Defense Review

La MDR inizia esaminando l’evoluzione qualitativa e quantitativa e le prospettive per il prossimo decennio della minaccia missilistica agli USA da parte delle “potenze revisionistiche” (Cina e Russia), dagli stati “canaglia” (DPRK e Iran) e da potenziali paesi proliferatori, distinguendo fra le minacce dirette al territorio nazionale e quelle alle forze americane all’estero e agli alleati e partner. Si considerano anche gli sviluppi più avanzati degli avversari (essenzialmente Cina e Russia): sistemi MIRV e MaRV, missili cruise di nuova generazione e sistemi HGV, nonché i piani per forze anti-missile e anti-satellite.

La preoccupazione strategica è la limitazione della libertà d’azione globale americana, dato che “la crescita delle capacità militari delle potenze revisionistiche, in particolare delle loro forze missilistiche offensive, sfida attualmente la nostra abilità di scoraggiare o sconfiggere aggressioni o coercizioni in regioni strategiche chiave”.

Ruoli, indirizzo politico e strategia

La difesa missilistica, secondo il documento, svolge un ruolo critico per la sicurezza nazionale e la strategia militare americana: previene o mitiga i danni in caso di attacchi nemici; scoraggia attacchi missilistici; rafforza gli sforzi americani anti-proliferazione; sostiene le trattative diplomatiche; crea maggiore stabilità e opzioni in aggiunta ad attacchi offensivi; fornisce la capacità di affrontare situazioni impreviste; rende più efficaci operazioni militari regionali.

Un ABM “mina la fiducia dei potenziali avversari nella loro capacità di ottenere i loro obiettivi politici o militari attraverso attacchi o minacce missilistiche. … Influendo in questo modo sul calcolo delle decisioni di un avversario, la difesa missilistica diminuisce il valore percepito dei missili come strumenti di coercizione e aggressione, contribuendo così alla deterrenza.”

“Le difese missilistiche forniscono ai leader statunitensi una posizione di forza da cui partire per trattative diplomatiche con i potenziali avversari in tempo di pace o in crisi. Offrono ulteriori opzioni per attacchi offensivi per prevenire danni agli Stati Uniti… La difesa missilistica fornisce supporto alle operazioni militari statunitensi in contesti regionali; preserva la libertà d’azione degli Stati Uniti limitando le capacità degli avversari di inibire o interrompere le operazioni militari statunitensi.”

Al fine di realizzare tali obiettivi “gli Stati Uniti non accetteranno alcuna limitazione allo sviluppo o spiegamento delle capacità di difesa missilistica” ma “esaminano ed eventualmente metteranno in campo tecnologie avanzate per aumentare l’efficienza della difesa attiva dai missili, compresi sensori spaziali e la capacità di colpire i missili in fase di lancio, anche con fasci laser. È tecnicamente impegnativo ma fattibile nel tempo, conveniente e un assoluto imperativo strategico.” Viene così riproposto il progetto reaganiano della militarizzazione dello spazio in veste ABM: “Il Dipartimento della Difesa intraprenderà un esame nuovo e a breve termine dei concetti e della tecnologia per difese basate nello spazio.”

La MDR precisa l’impostazione strategica globale: “Gli Stati Uniti schiereranno, manterranno e integreranno tre diversi mezzi di difesa missilistica: primo, la difesa missilistica attiva per intercettare i missili avversari in tutte le fasi del volo; secondo, difesa passiva per mitigare i potenziali effetti dei missili offensivi; e terzo, se la deterrenza fallisce, operazioni di attacco per distruggere i missili offensivi prima del lancio. Gli Stati Uniti perseguiranno una maggiore integrazione delle operazioni di attacco con le difese missilistiche attive e passive.”

Si può osservare che l’ottica in cui si muove la MDR è molto ristretta e ignara della storia e della realtà: volendo ridurre i danni di un attacco missilistico la via migliore è certamente la riduzione delle forze offensive raggiungibile mediante accordi internazionali, ma nel documento non vi è alcun riferimento al controllo degli armamenti. L’introduzione di sistemi ABM non ha “diminuito il valore percepito dei missili” ma ha spinto alla loro moltiplicazione appunto per penetrare le difese. Una diplomazia basata su posizioni di forza serve solo a irrigidire le posizioni della controparte e non può essere producente: un esempio recentissimo il fallimento dell’incontro ad Hanoi di Trump con un Kim per nulla forzato dal sistema ABM americano costruito contro la DPRK.

Programmi e capacità di difesa missilistica degli Stati Uniti

Il documento descrive separatamente i programmi per la difesa del territorio americano e quelli per la protezione delle forze all’estero e i paesi alleati.

La “difesa attiva della patria statunitense si basa su di un’architettura di difesa dai missili balistici integrata e stratificata che … include elementi terrestri, navali e spaziali per tracciare, attaccare e distruggere missili balistici offensivi di diverse gamme, velocità e dimensioni dopo il loro lancio. Il sistema GMD è progettato per difendersi dalla minaccia ICBM esistente e potenziale dagli stati canaglia, ma in caso di conflitto difenderebbe, nella misura del possibile, da un attacco missilistico balistico contro la patria statunitense da qualsiasi origine. Il sistema GMD ingaggia i missili balistici a lungo raggio avversari nella fase intermedia del volo utilizzando intercettatori basati al suolo (GBI). I GBI distruggono i missili attaccanti colpendoli ad alta velocità. Quaranta GBI sono schierati a Ft. Greely, Alaska e quattro alla base aerea di Vandenberg, California…. Il Congresso ha appropriato circa 15,3 miliardi di dollari nel FY18 per difesa missilistica nazionale e regionale, tra cui uno stanziamento di emergenza di $ 4 miliardi per espandere ulteriormente e potenziare la capacità e l’affidabilità del sistema GMD.”

Fig. 1 Gli elementi del sistema GMD (dalla MDR)

Particolare attenzione è dedicata ai programmi di difesa regionale: “I potenziali avversari continuano a espandere la forza e la capacità dei loro arsenali di missili offensivi per azioni regionali. La Russia, per esempio, ha sviluppato e messo in campo missili balistici e missili cruise che possono colpire obiettivi in ​​tutta l’Eurasia. La Cina ha il programma di sviluppo di missili balistici più attivo al mondo e sta sviluppando HGV in grado di colpire obiettivi in ​​più regioni. Gli Stati Uniti continueranno a rafforzare i loro sforzi per scoraggiare e contrastare queste capacità in rapido avanzamento e i missili offensivi regionali di Corea del Nord e Iran.”

L’approccio proposto è di integrare le difese attive con operazioni complementari di attacco alle strutture avversarie, impiegando l’intera gamma di forze americane e degli alleati.

Le armi di difesa dai missili balistici a gittata corta, media e intermedia si basano su tecnologie “colpisci e distruggi” con intercettatori guidati da radar dedicati: il sistema terrestre mobile THAAD (Terminal High Altitude Area Defense) usa missili a stadio singolo (attualmente gli Stati Uniti possiedono sette batterie THAAD con 48-72 intercettatori ciascuna); il sistema Patriot (60 batterie) affronta aerei e missile a corto raggio nella fase finale; il sistema Aegis della marina, installato su navi (attualmente 38 da portare a 60) con missili a tre stadi è previsto contro missili a gittata media e intermedia nella fase di volo intermedia; Aegis Ashore è la versione terrestre del sistema Aegis, parte dell’European Phased Adaptive Approach, per “la difesa continua del territorio europeo della NATO contro le minacce missilistiche dal Medio Oriente”. Un sito in Romania è operativo, e uno Polonia è in costruzione.

Per tutti questi sistemi sono previsti potenziamenti delle capacità operative globali e di tutti i singoli componenti, anche nella prospettiva di contrastare missili cruise, contro i quali si stanno anche potenziando le capacità degli aerei F-35.

Pur sottolineando l’importanza di un sistema spaziale di sensori, essenziale per un controllo globale dell’attività missilistica e critico per l’obiettivo di contrastare missili nella fase di lancio, la MDA non dà alcuna informazione sul sistema attualmente in realizzazione (SBIRS-HIGH) e sugli sviluppi previsti. Un ulteriore componente del sistema completamente ignorato nel documento è l’architettura informatica e cibernetica essenziale per l’integrazione di sensori, radar, armi e la gestione della battaglia.

La MDA non fornisce alcun elemento sul grado di affidabilità e le effettive capacità dei sistemi presentati. Secondo il direttorato per i test e le valutazioni operativi del dipartimento della difesa (DOT&E), il GMD è in grado di difendere il territorio americano da un “piccolo numero” di ICBM che impieghino delle “contromisure semplici”; le presenti tecnologie non permettono difesa da attacchi multipli. Il DOT&E ritiene che le difese delle forze americane all’estero e degli alleati da piccoli numeri di missili a gittata media e intermedia abbiano una “capacità limitata”, mentre è “sufficiente” quella contro i missili di corta gittata.

Lavoro con gli alleati e partner

Dopo aver considerato problemi organizzativi e strutturali interni all’amministrazione americana, la MDR dedica una particolare attenzione al lavoro con alleati e partner in tutte le regioni critiche, non solo al fine di proteggere le forze statunitensi stazionate all’estero, ma anche di assistere nel monitoraggio delle minacce al territorio americano.

“Il rafforzamento delle nostre alleanze e delle partnership di sicurezza a lungo termine è una delle priorità degli Stati Uniti. Poiché le capacità dei missili offensivi continuano a proliferare, la cooperazione di difesa missilistica con alleati e partner ha acquisito una sempre maggiore importanza per far progredire le architetture di difesa missilistica per la protezione e sicurezza comuni. Questa cooperazione farà leva sui contributi congiunti e si concentrerà sullo sviluppo delle opportunità di collaborazione sui programmi di difesa missilistica, sull’approfondimento dell’interoperabilità nei sistemi e delle operazioni di difesa missilistica, sulla condivisione degli oneri tra gli Stati Uniti e gli alleati e partner… Il Dipartimento della Difesa darà inoltre priorità alle richieste di vendita di attrezzature militari statunitensi, accelerando la modernizzazione dei partner e la capacità di integrarsi con le forze statunitensi.”

Vengono esplicitamente coinvolti Canada, Giappone, Corea del Sud e Australia nel teatro indo-pacifico, i partner della NATO in Europa, Israele, Arabia Saudita, Kuwait e Emirati Arabi Uniti in Medio Oriente; persino l’India è considerata un potenziale partner di difesa missilistica, ”elemento chiave della nostra strategia indo-pacifica.”

Traspare l’obiettivo di creare un sistema di controllo globale delle operazioni missilistiche di tutti i potenziali avversari degli USA, nella prospettiva di una rete ABM per l’intero territorio americano.

Qualche osservazione

Il documento afferma che gli USA intendono mantenere un rapporto di deterrenza nucleare con Cina e Russia ma al contempo si propongono di sviluppare sistemi ABM sempre più avanzati e performanti, contro ogni tipo di missile avversario. Il fatto è che la situazione strategica non è mutata rispetto agli anni ’70 e i sistemi ABM, indipendentemente dalla loro efficacia, mirano a distruggere il rapporto di reciproca vulnerabilità alle forze nucleari avversarie, rapporto necessario per una stabile deterrenza nucleare.

La difesa missilistica infatti destabilizza le relazioni strategiche tra gli stati dotati di armi nucleari: rende più probabili le crisi, e rende gli stati più propensi a utilizzare le armi nucleari nelle prime fasi di una crisi; creano un falso senso di superiorità e di capacità di attacchi disarmanti; inducono a moltiplicare le forze d’attacco e sistemi ad alta penetrazione (MIRV, MARV, cruise, droni nucleari e HGV), nonché sistemi antisatellite e anti-sottomarino. Lungi dal ridurre i missili offensivi e scoraggiare la proliferazione nucleare, i sistemi ABM inducono e sostengono la corsa agli armamenti e rendono problematiche le prospettive dello stesso trattato di non-proliferazione.

Considerate nel contesto degli altri documenti, in particolare della Nuclear Posture Review, dei correnti programmi strategici americani, accanto alla politica di Tramp di disfacimento del controllo degli armamenti, le ambizioni globali della MDR mostrano che gli USA intendono superare il regime, discutibile ma stabilizzante, della mutua deterrenza nella speranza di una superiorità militare globale, che non può non venir contrastata da Cina e Russia in una nuova imprevedibile fase di confronto strategico, ancora più complesso e difficile della stessa guerra fredda.