Domenica 10 febbraio, giornata intensa e stimolante alla Città dell’Altra Economia di Roma per il secondo incontro “Giornalisti indipendenti e attivisti: l’urgenza di fare rete”, organizzato da Pressenza in collaborazione con la Global Call to Action Against Poverty.

Dopo una breve introduzione di Dario Lo Scalzo, infaticabile organizzatore dell’evento, apre gli interventi Domenico Musella nel suo doppio ruolo di redattore di Pressenza e membro dello staff comunicazione di Tomás Hirsch, deputato del Partito Umanista cileno all’interno del Frente Amplio, con una panoramica sulle numerose “reti aperte dell’America Latina” di cui Pressenza fa parte.  Tutte esperienze di grande interesse, poco conosciute in Europa, che potrebbero fornire spunti e modelli da realizzare anche qui.

Si inizia con il Frente Amplio cileno, una coalizione di 13 partiti e movimenti nata due anni fa, che ha partecipato alle elezioni parlamentari e presidenziali del dicembre 2017 presentando un programma molto radicale e una candidata presidente femminista, ha eletto 20 deputati e per un soffio non è andata al ballottaggio con il candidato di destra che poi ha vinto le elezioni. Si passa poi alle candidature collettive del Partito Socialismo e Libertà (PSOL) in Brasile, il partito dell’attivista Marielle Franco, uccisa in un agguato quasi un anno fa e diventata un simbolo per tutti i movimenti sociali del paese. Anche qui un programma radicale, un forte legame con i movimenti e i popoli indigeni e un grande protagonismo femminile, che ha portato all’elezione di dieci deputati a livello nazionale, tra cui due assistenti di Marielle Franco. Molto vivace anche il panorama dei media alternativi, dei forum e delle radio comunitarie, che danno spazio all’attivismo e soprattutto in Brasile hanno svolto un importante e coraggioso ruolo di contro-narrazione rispetto all’infame campagna a base di fake news di Bolsonaro.

Interviene poi Andrea Stocchiero , in rappresentanza della Coalizione italiana contro la povertà, una rete internazionale presente in Asia, America Latina, Africa ed Europa, che da quasi vent’anni si batte contro povertà e disuguaglianze. Molti i temi toccati: dalla sfida di legare chi fa analisi e ricerca a chi si occupa di comunicazione alla necessità di cambiare l’ordine del discorso, al ruolo fondamentale della cultura e dell’educazione nel far comprendere che qui si tratta di una guerra contro i poveri e infine alla proposta di coinvolgere le centinaia di giovani che ogni anno partono per il servizio civile perché scrivano articoli sulle realtà spesso sconosciute con cui vengono a contatto.

L’intervento del poeta maliano Soumaïla Diawara viene aperto dalla lettura di una delle sue poesie, raccolte nel libro “Sogni di un uomo” e punta poi al cuore del problema nascosto dietro allo slogan ipocrita dell’”Aiutiamoli a casa loro”: lo strapotere delle multinazionali che saccheggiano e inquinano i paesi africani ricchi di materie prime, la vendita di armi e l’appoggio ai dittatori che accumulano milioni nelle banche occidentali, mentre i loro popoli muoiono di fame e le tante forme di neo-colonialismo, di moderna schiavitù che impediscono un vero sviluppo e causano l’immigrazione. E parlando della realtà dei migranti in Italia, ancora una volta emerge la necessità di una contro-narrazione che sottolinei le esperienze che hanno funzionato, come quella di Riace, contrasti le bugie e le campagne basate sull’odio e coinvolga giornalisti, artisti e scrittori.

Marta Bellingreri, ricercatrice, giornalista freelance e volontaria di Alarm Phone racconta una realtà che si occupa di monitorare ciò che accade soprattutto in mare, anch’essa bersaglio di attacchi a base di falsità e narrazioni tossiche, segnalazioni false e tentativi di ostacolarne il lavoro. Una rete transnazionale di attivisti presenti in Germania, Italia, Francia, Spagna, Grecia, Tunisia, Marocco, Egitto e Turchia nata dopo le stragi dell’ottobre 2013, quando centinaia di migranti morirono per il ritardo nei soccorsi e il rimpallo di responsabilità, con un numero di telefono sempre raggiungibile. I volontari ricevono le chiamate, fanno le opportune verifiche e contattano le varie Guardie Costiere (operazione ormai sempre più difficile), oltre a organizzare incontri annuali nei diversi paesi, conferenze e iniziative insieme alla società civile per fermare i trafficanti. I temi di fondo sono  ancora una volta quelli del diritto alla mobilità umana, della necessità di assicurare vie legali di entrata in Europa che vadano oltre i corridoi umanitari e della denuncia di una finta situazione di emergenza costruita ad arte da media e politici.

Riccardo Gatti, capo missione di Proactiva Open Arms, descrive attraverso la sua esperienza diretta le devastanti conseguenze dalla criminalizzazione della solidarietà messa in atto da governi, politici e media e della continua violazione di norme e convenzioni internazionali: un Mediterraneo centrale vuoto e privo di navi di soccorso, dove i migranti continuano a morire, o vengono riportati nell’inferno libico in assenza di testimoni scomodi. In pochi anni si è passati dall’invito a “venire anche con una barca a remi” alle navi delle Ong sequestrate o bloccate nei porti con motivazioni pretestuose, alle inchieste giudiziarie che finiscono regolarmente nel nulla e alle infamanti campagne sui “taxi del mare” in combutta con gli scafisti.

La risposta ancora una volta sta nel “fare rete”, non solo tra Ong, ma anche con i sindaci che si oppongono alla disumana politica europea e con i giornalisti  decisi a diffondere un’altra narrazione rispetto a quella piena di imprecisioni e falsità di tanti media mainstream. C’è bisogno di contrattaccare, di mettere in campo azioni e proposte forti e contundenti, affermando ad esempio che la Libia non è un paese sicuro. Questo vale per i suoi abitanti e non solo per i migranti, dunque gli accordi con le sue sedicenti autorità vanno fermati.

Alessandra Profilio, direttrice di Italia che Cambia, descrive un percorso iniziato con un viaggio di sette mesi nel 2012 alla ricerca di esperienze virtuose e positive, continuato con un libro e sfociato nell’attuale testata online. Obiettivo, dare speranza e valorizzare le tante esperienze positive e poco note, i tanti progetti concreti esistenti in un paese in apparenza fatto solo di paura, odio e intolleranza. Nel sito una mappa consente di vedere le iniziative già in corso nella propria zona e di facilitare contatti e collaborazioni, in una sinergia tra giornalisti e attivisti oggi più necessaria che mai. Ed è necessario anche puntare a “invadere” i media mainstream, costringendoli a parlare di temi scomodi e a dare spazio a tutto ciò che di positivo si muove nel paese.

Un tema ripreso e ampliato nell’intervento successivo: la necessità di promuovere un “giornalismo collettivo” basato sulla collaborazione, un lavoro di squadra serio e accurato, con la possibilità di andare oltre al semplice volontariato e un’attenta verifica delle fonti stanno al centro della proposta di Stefano Galieni, giornalista di Left. Anche questa è una forma di resistenza ai discorsi di odio e violenza e all’inquietante possibilità che sia il peggior giornalismo a dettare le regole e a proporre la sua visione del mondo.

Anche Sabika Shah Povia, giornalista dell’Associazione Carta di Roma insiste sull’importanza di un’informazione completa e corretta e su un codice deontologico basato su poche, chiare regole, che purtroppo però vengono violate sempre più spesso. Il quadro che ne esce è desolante: la realtà viene distorta e descritta con toni allarmistici e ansiogeni e termini a effetto che parlano alla pancia e fanno sì che gli italiani siano il popolo europeo con la visione più lontana dai fatti per esempio sul tema dell’immigrazione. Trasmissioni di pura propaganda, politici che parlano senza contraddittorio, notizie date senza contesto, senza fornire alcuni dati fondamentali e senza far parlare i protagonisti, mancato controllo delle fonti pur di essere i primi a dare una notizia, poco tempo e poche risorse e condizioni di lavoro precarie, soprattutto per i freelance.

Come reagire a tutto questo? Oltre a un richiamo al sindacato e all’ordine dei giornalisti perché diano una maggiore protezione a chi lavora nell’informazione, emerge di nuovo la necessità di creare una nuova narrativa, un nuovo modo di vedere le cose, che lavori sui concetti e sui termini e vada al di là di contrapposizioni polarizzanti.

Un compito fondamentale, un impegno sempre più urgente ripreso anche dall’intervento in video di Stefano Corradino, direttore di Articolo 21, una rete di associazioni, scrittori, giornalisti e personaggi dello spettacolo nata per difendere la libertà di espressione, un sito di volontari che dà spazio a tante realtà e conduce campagne coraggiose.

In sintesi, una giornata piena di spunti, informazioni, esperienze, domande e dialoghi continui tra relatori e pubblico, che fa ben sperare per la continuazione del percorso iniziato con l’incontro di Milano. Prossimi appuntamenti, gli incontri cittadini a Firenze (domenica  10 marzo)  e Napoli (data di prossima definizione) e la due giorni al Monastero del Bene Comune il 6 e 7 aprile, per sintetizzare il lavoro fatto e lanciare le prossime tappe.