“Vogliamo un presidente che parli! Un presidente che parli con gli algerini, che possa spostarsi per incontrare i cittadini di tutto il Paese, che possa rappresentare il nostro popolo a New York, a Ginevra e negli altri incontri internazionali”. Otman Lahiani è un giornalista e saggista algerino, e stanotte è arrivato ad Algeri da Tunisi, dove vive e lavora, per seguire le manifestazioni in corso da giorni contro il quinto mandato presidenziale di Abdelaziz Bouteflika.

L’agenzia ‘Dire’ lo ha intervistato telefonicamente mentre stava percorrendo con la sua automobile i circa 800 chilometri che separano le due città maghrebine: “Sono partito perchè questi sono momenti storici per il nostro Paese” spiega Otman. “Non bisogna mancare”.

Ieri Abdelmalek Sellal, direttore della campagna di Bouteflika, 81 anni, al potere dal 1999, colpito da un ictus nel 2013, ha confermato che domenica formalizzerà la candidatura del capo dello Stato. Una mossa contestata da molti algerini che ritengono che le sue condizioni fisiche non gli consentano di sostenere un mandato ulteriore. “Sellal, così come il primo ministro, dice che il popolo potrà decidere alle urne, ma conosce benissimo il problema dei brogli nel nostro Paese”, commenta Lahiani. “In più Bouteflika non riesce a parlare, non fa un discorso pubblico dal 2012: lui stesso, nel suo messaggio per la candidatura, ha ammesso di non avere più le stesse capacità fisiche di un tempo. La legge impone a chi si candida un certificato medico che attesti il pieno possesso delle facoltà mentali e fisiche e anche questo Sellal dovrebbe saperlo bene”.

In questi giorni gli algerini portano in piazza una serie di istanze di settore: una particolarità, questa, che secondo il giornalista distingue le proteste algerine dalla rivoluzione tunisina del 2011, sulla quale ha scritto un libro. Dopo gli studenti e gli avvocati, domani sarà il turno dei lavoratori del settore dei media.

“Sarò anche io in piazza con i miei colleghi, per dire che siamo tutti giornalisti, non servi del regime” esclama Lahiani. “La manifestazione si inserisce nel movimento anti-Bouteflika, ma in particolare si protesta contro la censura dei canali di Stato, che non diffondono le notizie sulle mobilitazioni di questi giorni. Inoltre l’unica agenzia che regola gli spazi pubblicitari è statale e usa la pubblicità per sostenere unicamente i mezzi d’informazione vicini al governo”.

Se recentemente il primo ministro Ahmed Ouyahia ha sottolineato “l’origine sconosciuta” e il “rischio di derive” delle manifestazioni, Lahiani ricostruisce la genesi del movimento a partire dalle manifestazioni del 2014.

“Già all’epoca il movimento ‘Barakat’, nato spontaneamente e lontano dai partiti, si era mobilitato contro il quarto mandato, ma non ebbe grande seguito popolare. Poi, negli anni seguenti, una serie di proteste si sono innescate a partire da varie istanze: dagli ex combattenti della guerra contro il terrorismo ai medici, dagli insegnanti agli attivisti contro le estrazioni di gas di scisto… Sono stati tutti passaggi che hanno portato gli algerini fino alla situazione odierna, in cui stanno scendendo in piazza tutti insieme. Credo che la manifestazione convocata per venerdì sarà più grande di quella della settimana scorsa, e che il movimento crescerà ancora e potrebbe anche convocare uno sciopero generale, se davvero domenica Sellal presenterà la candidatura. È tempo di passare a una nuova era, a un’era di democrazia, diritti e libertà di espressione”.