Le proteste iniziate più di due anni fa contro la riforma dell’università hanno trovato il loro epilogo nelle manifestazioni di massa iniziate nei primi giorni del mese in corso. Gli studenti albanesi protestano per qualcosa di molto semplice, almeno cosi sembrerebbe per chi lo vede da fuori, ma cosi non è.

Tra gli 8 punti richiesti dagli studenti (divenuti 9 nella giornata di ieri aggiungendo anche un punto sugli studenti disabili), spiccano le richieste di abbassare le tariffe e l’abrogazione della legge che equipara le università pubbliche a quelle private, dando a quest’ultime delle sovvenzioni statali basate sul merito accademico e i risultati degli studenti.

Partiamo con ordine. Le tariffe: nonostante la povertà sia dilagante nel paese delle aquile (il 60% dei lavoratori occupati percepisce uno stipendio lordo di circa 320 euro mensili, il 30% di circa 200 euro mensili mentre solo il 10% supera i 750 euro mensili), il ministero dell’istruzione durante l’estate 2018 ha approvato le nuove tariffe per l’istruzione universitaria. Prendendo come esempio l’università pubblica di Tirana, si va da 25.000 leke(circa 205 euro) per un anno di studio di un corso di laurea in lingue straniere a 40.000 leke (circa 325 euro) per un anno in scienze politiche, a queste cifre vanno aggiunte le tasse d’iscrizione e circa 5 euro per ogni credito residuo. Per quanto riguarda invece le lauree magistrali i prezzi sono ancora più inaccessibili dato che si parte da 66.000 leke (circa 540 euro) per anno di corso di laurea fino ad arrivare a 150.000 leke (circa 1.230 euro).

Le cifre parlano chiaro, soprattutto per chi e costretto a venire dalle altre provincie dove gli stipendi sono ancora più bassi, studiare e vivere in una città con dei costi esorbitanti com’è Tirana è praticamente impossibile, per cui uno studente lavoratore (cameriere, panettiere, addetto al call center ecc) è la norma.

La corruzione e le università private

“Dobbiamo essere più ricchi degli inglesi visto che abbiamo più università procapite”, questa la battuta che girava fino a 4 anni fa tra le strade d’Albania. 8 statali e 19 università private attive ad oggi per una nazione di 3 milioni di abitanti – nel 2014 fu revocata la licenza di 34 università private – , e nuove che ne spuntano ogni anno, con le tariffe delle università pubbliche che per un master professionalizzante arrivano a chiedere anche 3.000 euro, la strada dell’università privata rimane una scelta plausibile sia per i costi a volte più accessibili, sia per il fatto che essendo private, trattanogli studenti come clienti da soddisfare e non come menti a cui infondere cultura (ne è un esempio la laurea a Renzo Bossi in amministrazione aziendale).

“Siete dei pigri mentali” etichettava il primo ministro Rama i studenti durante un incontro svoltassi nella giornata di ieri presso la facoltà di architettura e per tutta risposta, più della metà di essi è  uscita dall’aula dandogli dell’impostore e corrotto, accusandolo di fare un monologo e di non essere aperto alle loro richieste. In tutto questo l’opposizione sta cercando di mettere il capello alla protesta ma gli studenti non ci stanno.

In una nazione dove il 79% dei giovani vorrebbe lasciare il paese ed emigrare (https://news.gallup.com/poll/240938/balkan-neighbors-hopefuls-worlds-apart-migrants.aspx,) una protesta cosi massiva, viene attesa come una speranza di cambiamento, per questo, ho chiesto all’attivista del “Levizja per Universitet”( Movimento per L’università) Mirela Ruko (già nota in patria dal 2016, per aver attentato alla ministra dell’istruzione gettandole addosso della salsa di pomodoro durante un incontro con i giovani socialisti), se questo è solo l’inizio di un qualcosa di più grande o si sarebbe fermato alle richieste inviate al presidente del consiglio?

“Vincere questa causa vuol dire riprendersi la fiducia, la speranza come esseri umani, solo unendoci possiamo farcela, il resto, non è prevedibile, la resistenza continua.”

Tra le mire dell’opposizione, l’arroganza e il disprezzo dimostrato apertamente dal primo ministro, le proteste continuano e gli studenti promettono che continueranno senza limite di tempo finché le loro richieste non saranno accolte.

Indrit Aliu