In migliaia sono scesi in piazza e si sono mobilitati per manifestare la propria solidarietà a Mimmo Lucano, il sindaco di Riace divenuto simbolo mondiale dell’accoglienza diffusa e finito martedì scorso agli arresti domiciliari per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e abuso d’ufficio. Ad essere sotto accusa, da una parte, e difeso, dall’altra, non è solo il sindaco reggino ma quel principio universale di umanità in nome del quale Lucano avrebbe agito.

Nel 2016 era stato inserito dalla rivista americana “Fortune” nella lista dei 50 uomini più influenti al mondo, ma il modello di accoglienza costruito da Mimmo Lucano  – sindaco di Riace – era collaudato da almeno dieci anni e tre mandati. Poi la notizia che pochi giorni fa ha polarizzato la società civile e la politica: il sindaco è stato messo agli arresti domiciliari, indagato per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e turbata libertà del procedimento di scelta del contraente in relazione all’affidamento del servizio di raccolta dei rifiuti.

La notizia dell’inchiesta aperta dalla procura di Locri è stata subito cavalcata dalla politica del “prima gli italiani”, del “chiudiamo i porti” e del “cosa diranno ora i buonisti”. Ma nella società civile è nato anche un movimento di sostegno, portato nelle piazze italiane sotto lo slogan di “io sto con Mimmo Lucano” e “Riace nel cuore”.

Quando il gip ha disposto gli arresti domiciliari, ha bollato il sindaco come una persona che “vive oltre le regole”, ma ha anche riconosciuto che non c’è mai stato un arricchimento personale, né suo né delle associazioni che ricevevano i soldi per la gestione dei migranti ospitati.

Non è in discussione l’operato della magistratura né la legittimità delle indagini, l’inchiesta continuerà il suo corso come è giusto che sia. Si tratta invece di porsi delle domande e chiedersi se quelle leggi che regolano oggi l’immigrazione siano giuste o sbagliate. È giusto continuare a relegare questo tema nei capitoli relativi all’ordine e alla sicurezza? Affrontare la questione in maniera diversa non significa restituire dignità solo a “loro” ma a noi tutti, intossicati dalle urla dei discorsi politici e impauriti da un “altro” che neppure conosciamo.

Non è l’inchiesta in sé che preoccupa ma le leggi ingiuste, la Bossi-Fini per citarne una, che mai nessuno negli anni ha avuto il coraggio di mettere in discussione. E nel clima politico ostile di oggi si vedono i risultati. Non è solo il modello Riace ad essere messo sotto accusa. È l’umano principio di accoglienza che viene criminalizzato, e con esso tutte le persone che cercano di cambiare dal basso lo status quo. Sono state accusate le navi delle ONG che salvano vite umane in mare. Poi è stato il turno di Cedric Herrou, il contadino francese che vive tra Italia e Francia e supportava i migranti ad attraversare il confine a Ventimiglia aiutandoli a superare i possibili ostacoli e le terribili violenze a cui rischiano di essere sottoposti nel tentativo di raggiungere il territorio transalpino. Anche lui per alcuni è un eroe, per altri un criminale.

Questa volta è il turno di Mimmo Lucano, sindaco che in terra di ‘ndrangheta e narco-traffico era balzato agli onori della cronaca per aver creato un modello di inclusione perfettamente funzionante. Un’utopia concreta e persino replicabile, e forse è questo che spaventa.

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