Inutile dire che il petrolio è stato il fulcro del potere militare e della vita economica nella storia moderna. Il controllo del petrolio è stato una fondamentale chiave del potere e della politica nella Guerra Fredda. C’era persino un piano segretissimo del governo degli USA per devastare l’industria petrolifera del Medio Oriente nel caso in cui l’ex Unione Sovietica ne ottenesse il controllo. La CIA la chiamava “politica della privazione”. Fu concepita nel 1948, durante il Blocco di Berlino, e prevedeva di chiudere i pozzi petroliferi, distruggere le attrezzature e le scorte di carburante, disattivare le raffinerie e le condotte per garantire che l’URSS non riuscisse mai a impadronirsi delle risorse petrolifere del Medio Oriente.

Un analista ha scritto: “La storia di questa trama segretissima del governo USA è un tumultuoso mix di nazionalismo arabo, grande industria petrolifera occidentale, e CIA, nell’area più ricca di petrolio al mondo. Fondamentalmente, si tratta della crescente importanza del petrolio del Medio Oriente e della precoce bramosia dell’Occidente di controllarlo”.

Quindi, molta drammatica ironia merita l’intervista rilasciata dal ministro dell’Esercito saudita Khalid Al-Falih all’agenzia di stampa russa TASS nell’attuale congiuntura critica in cui, per la questione di Jamal Khashoggi, la settantenne alleanza degli USA con L’Arabia Saudita si affaccia sull’abisso.

Quando sarà registrata l’eredità del presidente russo Vladimir Putin nella storia del suo paese, l’importante passo avanti nelle relazioni con l’Arabia Saudita si rivelerà come un gran risultato personale. Spinta da un cupo scenario di precipitoso crollo dei prezzi del petrolio a 20-30 dollari al barile nel 2014 (rispetto ai 100 dollari di soli tre anni prima), la Russia iniziò a cercare accordi con l’Arabia Saudita per recuperare una situazione apparentemente disperata che aveva drasticamente ridotto le entrate da esportazione di petrolio delle due superpotenze energetiche. Il cambio di gioco si verificò a settembre 2016 a Hangzhou, in Cina quando, a margine del vertice del G20, Putin incontrò il principe ereditario saudita Mohamed bin Salman (noto come MBS).

Era nella fase finale dell’era di Barack Obama. Per la Russia, il 2016 fu un anno estremamente difficile, dovendo affrontare le sanzioni occidentali e un forte calo delle entrate derivanti dalle esportazioni di petrolio. Anche i sauditi per la prima volta provavano una “crisi di cassa”. Putin lavorò su quella convergenza di interessi per creare rapidamente una partnership strategica tra la Russia e l’Arabia Saudita, che ha permesso alle due superpotenze di mantenere stabili i prezzi di mercato. (Il prezzo del petrolio fissato nel bilancio russo per l’anno in corso è di circa 53 dollari al barile, mentre al momento si aggira attorno agli 80 dollari al barile).

Nel frattempo, l’asse russo-saudita ha assunto la natura di un forum istituzionale noto come OPEC +, che presto dovrebbe avere un segretariato a pieno titolo, capeggiato dalla Russia, a fianco della segreteria OPEC a Vienna. I due paesi hanno iniziato a fissare provvisoriamente, a intervalli semestrali, il tasso di produzione per i paesi produttori di petrolio, ma l’asse russo-saudita ha acquisito un ruolo talmente trainante che già da ora stanno considerando un accordo a lungo termine, senza scadenza, per aggiustare costantemente l’offerta e la domanda di petrolio, mantenendo i prezzi stabili e fornendo sostegno alla crescita dell’economia mondiale.

L’equazione personale Putin-MBS ha giocato un ruolo importante in tutto questo. MBS è stato un assiduo frequentatore di Mosca. La sua ultima visita per la cerimonia di apertura della Coppa del Mondo FIFA 2018 è stata l’occasione in cui ha incontrato Putin e la strategia saudita e russa ha cercato una cornice per il coordinamento a lungo termine nel mercato petrolifero.

In effetti, l’Arabia Saudita e la Russia stanno assumendo la leadership dei paesi produttori di petrolio e li aiutano a prendere decisioni concordi. Allo stesso tempo, anche la cooperazione energetica russo-saudita ha fatto un buon esordio. I due paesi hanno piani di investimento nell’ambito del Russian Direct Investment Fund (RDIF). L’Arabia Saudita dovrebbe assumere una grandepartecipazione nella Fase 2 del progetto GNL Yamal nell’Artico russo, con una quota prossima a quella di Novatek. Stanno discutendo accordi di scambio in paesi come l’India. (È interessante notare che Al-Falih vede buone prospettive per il coinvolgimento delle società russe nell’ambiziosa strategia della saudita Aramco per i derivati del petrolio).

Senza dubbio, l’intervista della TASS con Al-Falih è stata programmata per ricordare alla comunità internazionale che sarebbe catastrofico isolare l’Arabia Saudita a causa dell’affare Khashoggi. (Per inciso, il 20 ottobre RDIF ha rilasciato una dichiarazione di apprezzamento per le “azioni decisive” prese dalle autorità saudite sul caso Khashoggi e di esplicito sostegno al progetto di punta del principe ereditario noto come Vision 2030). I segnali da Mosca finora hanno evitato scrupolosamente ogni critica o censura dell’Arabia Saudita, a differenza degli USA e dei paesi europei.

L’intervista della TASS e la pubblicazione della trascrizione integrale hanno ovviamente l’approvazione del Cremlino. Trasmette il più esplicitamente possibile, nelle attuali circostanze, il messaggio che la Russia non ha alcuna intenzione di voltare le spalle all’Arabia Saudita per l’affare Khashoggi. Si potrebbe dire che la Russia potrebbe anche avere interesse a salvaguardare l’attuale gerarchia nella leadership saudita. Come ho detto all’inizio, “l’oro nero” gioca un ruolo importante nella geopolitica – e la storia non è finita con le relazioni fra Russia e Occidente.

Nel contesto dello storico accordo tra Putin e MBS a Hangzhou due anni fa (Attenzione all’effetto farfalla nell’accordo petrolifero Putin-Salman a Hangzhou), 7 settembre 2016, Asia Times), ho scritto:
“Un’intesa tra Russia e OPEC ha il potenziale per trasformare completamente gli allineamenti geopolitici in Medio Oriente. Innanzitutto, la Russia aspira a sostituire gli Stati Uniti nel suo settantenne ruolo cardine come partner numero uno dell’Arabia Saudita nel campo dell’energia. Questo cambiamento non può che impattare sul reinvestimento dei petrodollari, che è stato storicamente un solido pilastro del sistema finanziario occidentale… Washington affronta la spiacevole prospettiva di un ritiro strategico in Medio Oriente, a meno che non possa attuare una rimonta decisiva. Ma anche fosse, raddoppiare in Medio Oriente significa distogliere lo sguardo dal riequilibrio in Asia, che a sua volta sarà irto di conseguenze a lungo termine”.

Solo un ripensamento: può essere una mera coincidenza che l’Occidente stia sparando su MBS oggi? Tutta l’attenzione è su quello che è successo a Jamal Khashoggi. Ma noi potremmo non conoscere mai quello che è successo davvero nel periodo antecedente al suo orribile omicidio nel consolato saudita a Istanbul. Può essere paragonabile al fatto che Saddam Hussein fu indotto a credere che Washington avrebbe tollerato la sua occupazione del Kuwait? Non ci sono risposte semplici.

Il succo della questione è che l’accordo Putin-MBS è diventato una vera e propria alleanza e ha un grande potenziale per ridisegnare le linee di scontro tra Occidente e Russia. Putin non ha fatto mistero che la Russia sta abbandonando le transazioni in dollari. Se la Russia e l’Arabia Saudita inizieranno a commerciare in valute diverse dal dollaro, sarà un colpo fatale per il sistema bancario occidentale. (Anche la Cina ha fatto pressione sull’Arabia Saudita per commerciare in yuan).

Al di sopra di tutto, pende l’IPO (Offerta Pubblica di Collocamento in Borsa -NdT) della saudita Aramco. (L’Arabia Saudita ritiene che il mercato dei capitali valuterà Aramco a circa 2 trilioni di dollari, facendone la società più quotata al mondo). Nell’intervista alla TASS il ministro saudita ha rivelato che la quotazione è prevista per il 2021 e ha fatto capire che la Borsa di New York potrebbe non rientrare fra le opzioni di scelta saudita. Ha segnalato che la quotazione dovrà farsi sotto una “giurisdizione sicura e amichevole”, alludendo alle probabili rivendicazioni nei tribunali statunitensi per un risarcimento saudita alle famiglie delle vittime negli attacchi dell’11 settembre.

C’è notizia che siano in corso i preparativi per una visita di Putin in Arabia Saudita. Tutto sommato, ciò che emerge è che la Russia si muove per essere considerata come un’amica proprio quando l’Arabia Saudita ne ha più bisogno. Sicuramente, il sostegno russo fornisce molta “profondità strategica” al regime saudita -e in particolare a MBS- in questo frangente in cui affronta una crisi esistenziale.

 

Riprodotto con permesso da Russia Insider

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