Michele Piccinno è stato uno degli organizzatori dell’European Go Congress che si è svolto a Pisa questa estate. Il Go è il gioco da tavolo più antico del mondo con una lunga storia che parla di cultura orientale, di gioco cooperativo, di Tao, Zen e buddhismo, di letteratura, di ludica. Siccome a Firenze si gioca, questo fine settimana, il Campionato Italiano, proviamo a fare con Michele una sintesi dell’esperienza estiva e parlare del Go in generale e di quello che il Go può portare di positivo nel mondo.
Come è stata questa esperienza di ricevere oltre 1500 persone?
Fantastico! Un piccolo mondo si è riversato a Pisa grazie al congresso. Ci sono paesini in Italia, specialmente al sud da dove vengo io, con meno abitanti di quanti ospiti abbiamo avuto l’onore di divertire con il nostro evento. Non voglio dire che sia stato facile, ma la motivazione, la passione e l’affiatamento delle varie squadre di persone che hanno “lavorato” dietro EGC, hanno fatto si che questo sia stato un evento spettacolare del quale sono molto fiero di aver fatto parte, nonché di averlo in qualche modo reso possibile.
Il Go attira e unisce persone abbastanza diverse tra di loro: che cosa le unisce?
Il rispetto nel costruire un mondo insieme. Nel Go è importante collaborare con l’avversario, lo scontro serve solo a definire i confini, non a distruggere o sottomettere e questo i giocatori lo riportano anche nella vita di tutti i giorni. Un giocatore di Go è un praticante di un’arte taoista, una volta che il gioco ti è entrato dentro la contaminazione è completa. Questo aspetto è comune a molti giochi ovviamente, ma nel Go si sente in modo particolare perché la sconfitta non dipende, di solito, da un combattimento, ma da scelte di lungo termine meno efficaci di quelle del tuo avversario. Inoltre noi “goisti” preferiamo dire che si gioca CON l’avversario e non contro di lui.
La leggenda racconta che il Weichi (il nome originario cinese del Go) fu inventato per rendere il figlio dell’imperatore più saggio: possiamo sperare che giocarlo oggi nel terzo millennio sortisca gli stessi effetti?
Certamente, proprio perché insegna o, meglio, svela al giocatore un nuovo modo di vedere “la vita, l’universo e tutto quanto”, nessun giocatore peggiora nelle sue scelte quotidiane dopo aver imparato il Go. Inoltre ci sono diversi studi che testimoniano come tuttora aiuti i bambini con difficoltà di attenzione e nel tenere a bada alcune patologie psichiche, anche se al momento non riesco a fornirti le fonti e da persona di scienza quale sono, non potrei permettermelo!
Al palazzo dei congressi si sono viste persone di tutte le età ed anche molti giovani: il Go può essere un’alternativa a una certa stupidità dilagante?
Decisamente si, bisogna solo trovare un buon maestro che faccia superare agilmente i pochissimi ostacoli iniziali, in primis lo scontro con quest’idea diversa e “folle” secondo cui la guerra è la tua peggior scelta. Abbiamo avuto molto successo negli anni con scuole di tutti i livelli, in cui i nostri studenti hanno avuto un grosso incremento anche dei voti, nonché della gestione delle problematiche quotidiane. Il malus è che cominceranno a chiamare tesuji (termine che definisce una mossa brillante e inaspettata, N.d.R.) la soluzione brillante e imprevista ad un problema, risultando poco comprensibili ai non giocatori.
Questa manifestazione è in gran parte una competizione ma molti definiscono il Go un gioco poco competitivo: quanto l’aspetto competitivo così forte nei tempi moderni ha influenzato il gioco?
Il go è un gioco competitivo, solo che, costruendo prima te stesso e poi, solo se strettamente necessario, combattendo, si può immaginare che non lo sia. Chiaramente in contesti così grandi il prendere o perdere punti è irrilevante se paragonato al giocare una partita con l’amico che non vedevi dal precedente congresso o dal bere una bella birra con quel giocatore che ha trovato un tesuji fantastico al tuo tentativo di attacco e ti ha fatto perdere la partita, insegnandoti una nuova mossa e ribadendo che l’umiltà è una gran virtù. Anche a livelli alti, dove i giocatori non giocano solo per la gloria o per pochi punti, ma per vincere premi importanti, c’è una competitività molto pulita e amichevole, in cui l’idea va più verso il “vediamo che ti inventi oggi” che per il “ti spiezzo in due”. Insomma giocare a Go apre la possibilità di confrontarsi con se stessi prima ancora che con gli altri e sarebbe veramente difficile competere contro se stessi: bene che vada, perdi!