Le attiviste sudafricane Makoma Lekalakala e Liz McDaid sono tra le personalità, quasi tutte donne, insignite quest’anno del Goldman Prize, definito anche il “Nobel verde”, attribuito ogni anno a militanti ambientalisti di base.

Le due ecologiste, si legge in una nota che motiva la scelta della giuria, “hanno costruito un’ampia coalizione per fermare un imponente accordo nucleare segreto con la Russia. Il 26 aprile 2017, l’Alta Corte ha decretato che il progetto da 76 miliardi di dollari (circa 62 miliardi di euro) era incostituzionale – una vittoria storica che ha protetto il Sudafrica da un’inedita espansione dell’industria nucleare e produzione di scorie radioattive”.

Makoma Lekalakala, cresciuta nell’area di Soweto, dirige l’organizzazione Earthlife Africa a Johannesburg, con la quale è attiva anche nella provincia di Limpopo, fortemente esposta all’inquinamento che proviene da centrali energetiche e miniere di carbone.

“È importante, per la nostra sostenibilità iniziare a pensare in modo diverso a come soddisfare i nostri bisogni energetici” ha sottolineato oggi l’attivista, secondo una nota pubblicata dal sito della sua associazione.

Già impegnata contro l’apartheid, Liz McDaid risiede a Città del Capo e si occupa di questioni ecologiche presso l’Istituto per l’ambiente delle comunità di fede sudafricane (Safcei) un’organizzazione multireligiosa dedicata ad affrontare le ingiustizie ambientali.

In Sudafrica attualmente è attiva un’unica centrale nucleare, quella di Koeberg, gestita dalla Eskom, compagnia nazionale dell’energia elettrica. “Per gestire i rifiuti prodotti da Koeberg, Eskom non ha ancora trovato una soluzione di lungo termine” si sottolinea una nota diffusa oggi da Safcei, l’istituto in cui lavora McDaid: “Dagli anni ’80, le scorie nucleari prodotte dal reattore sono state interrate nel deserto di Namaqualand, dove risiedono gli indigeni Nama, che non sono mai stati consultati sulla collocazione del sito di stoccaggio”.

 

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