Ieri, venerdì 30 marzo 2018, c’è stato il secondo digiuno nazionale (e ce ne saranno altri ancora) contro la pena dell’ergastolo o, come la chiama papa Francesco, la pena di morte mascherata, indetto dall’Associazione Liberarsi e sostenuto dalle Associazioni “Fuori dall’ombra”, “Assoc. Yairaiha”, “Ristretti Orizzonti” e la “Comunità Papa Giovanni XXIII”. Hanno aderito moltissime persone fuori e dentro le carceri (nel sito www.liberarsi.net troverete i nominativi degli ergastolani e dei detenuti che hanno partecipato) e ci sono stati diversi presidi esterni davanti agli istituti di pena.

Tra le varie iniziative, segnalo in particolare la visita dell’eurodeputata Eleonora Forenza e dell’attivista di Yairaiha, Sandra Berardi, nel carcere di Rebibbia. “Abbiamo deciso di effettuare questa visita per denunciare ancora una volta l’incostituzionalità del fine pena mai e della tortura del 41 bis”, ha affermato Forenza. Segnalo anche la “passeggiata” a Firenze dall’ex carcere Le Murate fino al Centro evangelico di Via Manzoni 19, con interventi sul tema della Pastora Letizia Tomassone (Chiesa Evangelica di Firenze), Don Alessandro Santoro (Comunità delle Piagge) e Giuliano Capecchi (Associazione Liberarsi). Ci sono stati anche diversi parroci, come Don Antonio, che mi hanno scritto: Questa sera, nella celebrazione dell’adorazione della croce ricorderò a tutti anche il dramma dei carcerati, soprattutto degli ergastolani”. L’Agenzia “Pressenza” mi ha chiesto di scrivere qualcosa della giornata di ieri ed io ho pensato di ripubblicare stralci di una mia testimonianza di quando ero sicuro che di me dal carcere sarebbe uscito solo il mio cadavere, come purtroppo accadrà a diversi miei compagni, perché io sono l’eccezione che conferma la regola.

Notte da ergastolano

Oggi è scattato l’orario invernale e ci hanno chiuso il blindato alle diciannove invece che alle ventidue, appena sentiamo il rumore del primo blindato ci affacciamo tutti ai cancelli per scambiarci la buonanotte e per un attimo sembra di essere allo stadio fra le urla e le grida che ci mandiamo dalle celle più lontane. Subito dopo la chiusura del mio blindato mi guardo attorno e non so cosa fare, questa sera non c’è neppure nulla da vedere alla televisione e non ho neppure voglia di leggere. E chissà perché sorrido pensando al rito stupido della buonanotte che ci scambiamo tutte le sere, in particolar modo con il compagno che sta di fronte a me, pure lui ergastolano. Che buona notte mai potrà essere la nostra, semmai potrà essere una notte eterna, ma non certo buona.

Certe sere, anche se là fuori sei amato, ti senti solo e non hai altro che te stesso. Questa notte mi sento addolorato ed amareggiato e la cella mi sembra una gabbia, mi sento l’unico abitante di questo carcere, di questo mondo e di questo universo. Mi metto a pensare alla mia pena… respiro, dormo, bevo, sogno, insomma vivo, ma sarebbe meglio dire che muoio vivendo, dato che, mentre gli altri detenuti vivono per la libertà, gli ergastolani vivono solo per morire. C’è la speranza ma ormai questa è diventata come un filo d’acciaio dove tutti si aggrappano, ma poi uno alla volta cadono tutti. Con la pena dell’ergastolo lo Stato si prende la vita di una persona come se questo fosse un oggetto e la ruba per sempre… è come cadere in un pozzo nero senza toccare il fondo. Invece questa notte, se vuoi, puoi finalmente cadere su un morbido materasso. E se cado dalla padella alla brace… sulla punta dei forconi di qualche centinaio di diavoli? Ma no! Cerca di essere un po’ ottimista! L’ergastolano deve scegliere eternamente fra la speranza di uscire e la saggia rinuncia alla speranza di uscire. Se decidi di rinunciare a tutte e due sei a posto, ormai la tua vita non è più tua, non c’è più posto per te. L’ergastolo non offre nessuna possibilità, la pena di morte almeno offre la scelta di smettere di soffrire.

Il mondo là fuori non ti appartiene più. Non potrai vivere insieme ai tuoi figli ed alla tua compagna, invecchierai e morirai in carcere, solo la morte ti può salvare. Meglio morire una volta sola che ora per ora, giorno per giorno ed ogni ora ed ogni giorno un po’ di più, per sempre, fra dolore, solitudine e disperazione. Questa notte la solitudine della cella mi sembra ancora più nera, guardo il cielo per trovare compagnia nelle stelle ma sono coperte dalle nuvole e non ne vedo neppure una e per un attimo mi sembra di essere orrendamente solo, sia in cielo sia in terra. Non c’è neppure la luna, che mi ricorda la mia compagna, che tutte le notti è lassù, per me, da tanti anni… questa sera non c’è e sono io che ho tanta voglia di andare da lei. È facile, basta prendere un lenzuolo, tagliarlo, farci delle corde, legarlo alle sbarre…hai la libertà a portata di mano o meglio di collo. Il mondo là fuori per te è morto, ti è rimasto solo l’aldilà. In tutti questi anni ho tanto desiderato essere con lei e con i miei figli, invece non è andata proprio così e provo una immensa tristezza che non sia andata così ed ormai è troppo tardi.

Ha iniziato a piovere e piove anche sul mio cuore, passeggio nella cella avanti e indietro, sguardo fisso nel vuoto, indietro ed avanti, intorno alla mia vita ed a quella che rimane. Accendo la radio e, combinazione del destino, sta trasmettendo una canzone triste di Fabrizio De Andrè: “Quando hanno aperto la cella era già tardi perché con una corda sul collo freddo pendeva Michè… tutte le volte che un gallo sentirò cantare penserò a quella notte in prigione quando Michè s’impiccò. Stanotte Michè s’è impiccato ad un chiodo… ed ora la porta gli devono aprire…”. Penso a tutte le notti inutili che ci saranno come questa e rifletto che la mia vita in questo mondo è finita, posso solo provare a vivere nell’altro mondo. Cicerone diceva: “Se ci sei tu non ci sarà la morte, quando invece ci sarà la morte non ci sarai tu”. Quindi come farai a vivere nell’altro mondo se non credi che esiste l’aldilà… La vita dell’ergastolano è una lunga marcia attraverso la notte e si avanza verso un vuoto senza nessun sbocco. Non si vive, si mantiene in vita solo un corpo che non ti appartiene più perché è diventato di proprietà del Ministero di giustizia. Dicono che la speranza sia l’ultima a morire ma muori prima te che la speranza, deciditi a metterti questa corda sul collo. A forza di pensare, camminare e di spaccarmi il cervello, anche se sono due anni e mezzo che ho smesso di fumare, in questo momento mi fumerei una sigaretta lunga due metri, la classica sigaretta del condannato a morte.

Mi è venuta anche fame, se proprio mi devo impiccare e me ne devo andare da questo mondo è meglio che prima mangi. Vigliacco, ma che stai facendo: pensi a mangiare? Non hai le palle, fai questa cazzo di corda e mettitela al collo, ci leviamo il pensiero e ce ne andiamo, non mi dire che preferisci vivere anni ed anni dentro una gabbia che volare in cielo, vedere le stelle… Che male c’è andarsene nell’aldilà a stomaco pieno… prendo una decina di pomodorini, uno spicchio d’aglio, li cuocio dieci minuti, poi aggiungo olio d’oliva e basilico e mentre rimetto il resto del basilico sulla finestra mi viene in mente che se domani non ci sono è meglio che lo consumi tutto. L’acqua bolle, mentre sto mettendo il solito etto di spaghetti, penso che nell’aldilà non c’è bisogno che mantenga la linea e ne calo due etti… non è che stai facendo tutta questa sceneggiata per trovare la scusa di mangiare più delle altre sere. Mi verso un bicchiere di vino, una grattata di pecorino ed inizio a mangiare. Mi ricordo che ho di scorta un altro cartoncino di vino ed è peccato che lo lasci… quando s’impicca qualcuno chiudono la cella, mettono i sigilli, ecc. quindi me lo bevo. Ah! Mi sento meglio… ora sono pronto e determinato. Questa notte la morte non mi fa paura, anzi mi renderà felice, mi farà finire di scontare la mia pena.

Prendo un vecchio lenzuolo personale da casa perché se utilizzassi quello dell’amministrazione mi farebbero rapporto e me lo farebbero pagare. Ma che te frega! Non è che ti mandano il conto nell’aldilà! Lo taglio e faccio una bella corda robusta. Sto con le orecchie tese per sentire i passi della guardia della sezione ed ogni tanto apro lo spioncino per vedere se si avvicina e mi colpisce come una frustata in faccia il profondo e triste silenzio notturno del corridoio, un silenzio impregnato di disperazione e paura. La corda è pronta, ora devo preparare il classico biglietto d’addio. (…) ” Ora sei pronto, non perdere più tempo e non lasciarti scappare questa occasione per andartene.

Questa notte il dolore è più forte delle altre notti. Si, sono pronto, mi convinco che questa notte mi sento così triste come non sono mai stato, lego la corda alle sbarre della finestra, salgo sullo sgabello, mi metto il cappio al collo… e penso alla mia famiglia. Nell’aldilà non posso scrivere, né telefonare ai miei figli e fra poco sarà anche il compleanno di Lorenzo e se non ci sarò ci rimarrà male. Non devi continuare a ragionare da vivo, sforzati a ragionare da morto, da vivo le domande non finiscono mai. Come faccio a ragionare da morto se sono ancora vivo… Come faranno senza di me? Vivranno meglio, non ti preoccupare. I miei figli cresceranno senza padre. Ormai sono grandi e vaccinati. Potrei essere più utile stando vivo, continuando a dare loro il mio amore anche dentro le mura di un carcere. Mettiti in testa che non hai più nessun motivo per vivere. Ormai per loro sei solo un peso e il tuo amore continueranno a sentirlo anche se sei morto… Dai retta a me, è la soluzione migliore, meglio morto che zombi, è l’unica via di fuga che hai, dai sto cazzo di calcio allo sgabello. Gli altri penseranno che sono un vigliacco perché dicono che ci vuole più coraggio a vivere che a morire. Cretinate… questo lo dicono i vigliacchi che hanno paura di morire. Solo i grandi uomini decidono di andarsene quando vogliono, non possiamo decidere noi quando nascere ma morire… almeno questo decidiamolo noi. Il suicidio è la migliore delle morti, ciascuno muore come ha vissuto e tutti diranno che sei stato coraggioso sia in vita che nella morte. Uno ha diritto di stabilire come e quando la sua vita cessa di essergli utile. D’altronde quando la speranza è inutile fa solo male al cuore. Meglio una fine spaventosa che uno spavento senza fine. Non vedrò crescere Lorenzo, sono l’unico nonno che ha. Bel nonno, un ergastolano. Dicono che soffre più chi rimane che chi muore. È ovvio, è più difficile affrontare la morte degli altri che la propria e forse… come diceva lo scrittore Satta: “I morti sono sciolti da tutti i problemi meno da uno solo, quello di essere stati vivi”. Suicidarsi è peccato! Ora non trovare stupide scuse, ti ricordo che sei ateo e che non credi a Dio. Sì ma metti il caso che esista? Beh! Se è buono come dicono ti perdonerà e ti manderà in paradiso. Un grande filosofo ha scritto che sicuramente l’inferno è vuoto perché Dio è così buono che non ci terrà dentro nessuno. Non vorrei, con il culo che ho, che iniziasse con me, scapperei da un inferno per entrarne in un altro. Sono anni che sogni di uscire dal carcere, i sogni non si realizzano da soli, ora sta a te realizzare il tuo gran sogno dando una spinta allo sgabello. Che ci stai a fare qui, ormai fai più parte dell’altro mondo che di questo… non ti preoccupare per la tua famiglia, continuerai a vivere dentro le persone che ti vogliono bene. Guarda il cielo: le nuvole sono scomparse e si vedono le stelle, la luna mi sta sorridendo. Bene o male in questo mondo vivo sotto lo stesso cielo dei miei figli, di Lorenzo e della mia compagna, il loro amore è la prova che io esisto e sono vivo anche fuori da queste mura…chissà invece nell’altro mondo. C’eravamo quasi, potevano le nuvole continuare a coprire le stelle e la luna.

Domani mi arrivano i pomodori, il gorgonzola e le banane che ho ordinato alla spesa… Ma sei proprio matto: invece di pensare a morire pensi a mangiare. Domani ho anche la telefonata settimanale ed è il turno di sentire mio figlio… Ma insomma, ti decidi o no? E smettila di pensare alle cose di questo mondo. La morte è bella e buona e guarisce tutti i mali. Domani alla televisione c’è “L’isola dei famosi” e devo ancora finire di leggere il quinto libro Focolari di pietra della Saga dei figli della terra. Posso rimandare, non muore mica nessuno se non mi ammazzo questa notte. Appunto! Il guaio è proprio che non muore nessuno!

Ti giuro sulla libertà che lo farò dopodomani. Come fai a giurare sulla libertà che non hai e che mai potrai avere? Come fai a pensare alla vita se sei già morto? Non sprecare questa occasione, questa è l’unica via d’uscita che ti è rimasta per staccarti da questa amara realtà. Che ore saranno? Che t’interessa? Perché contare il tempo? Non serve a nulla perché dopo che hai preso l’ergastolo il tempo non ti appartiene più. Mi sono stancato di pensare e mi sta venendo sonno. Che fai, sei sceso dallo sgabello? E ti sta venendo sonno…guarda che morire è come dormire. Ricordati che la vita in carcere è di una inutilità e di una malvagità totale. Se continui a vivere lascia ogni speranza di stare meglio. Non ho paura di morire, l’unica paura che ho è di non vedere nell’aldilà i miei figli, il mio nipotino e la compagna della mia vita, di una vita. Per questa notte preferisco vivere, mi metto a letto… è stata proprio una brutta nottataccia da cani, una notte da ergastolano.