Da pochi giorni si è conclusa l’esperienza della Commissione d’inchiesta sul sistema bancario di cui ha fatto parte Gianni Girotto, senatore del M5S che abbiamo intervistato.

Un bilancio generale dei lavori della commissione? Un tuo giudizio politico?

Il bilancio non può che partire dalla prima ovvia considerazione sul ritardo con cui la Commissione stessa è stata costituita, dal momento che i problemi erano evidenti e noti già ad inizio legislatura. Tanto è vero che il Movimento 5 Stelle propose una legge istitutrice di una Commissione d’inchiesta sul Monte Paschi di Siena già a maggio 2013. Se tale proposta fosse stata accolta allora, forse determinati meccanismi sarebbero venuti a galla in tempo utile per evitare le successive crisi. Ricordiamoci infatti che la Commissione ha accertato come le problematiche e i vizi di comportamento relativi alle due Venete, a MPS e alle 4 banche dell’Italia centrale fossero note ai Vigilanti da molti anni (e quindi alla politica, che ricordiamolo ne nomina i vertici, e ci dialoga costantemente per giusta prassi istituzionale). Viceversa la “solita” vecchia politica ha deciso di non agire, meglio ha voluto non agire, facendolo solo quando ormai le irregolarità erano divenute talmente pubbliche da non poter più consentire di non soddisfare una domanda “diffusa” e pressante di giustizia, divenuta  non più ignorabile. Insomma riassumendo all’estremo si è trattato della classica carota elettorale, cioè un contentino all’elettorato per far sembrare che ci si stia realmente occupando di un problema. Meglio ancora, in realtà la politica si è occupata di banche, ma non nel modo che noi avremmo voluto, da un lato in fase omissiva, cioè ignorando le continue richieste da parte dei magistrati di integrare la normativa in merito con la previsione di nuove fattispecie di reato (dal momento che quelle attuali sono assolutamente insufficienti) e di sanzioni adeguate (e non spesso “ridicole” come testualmente affermato dai Procuratori uditi in Commissione); dall’altro lato, sul versante fattivo, obbedendo ai “consigli” che arrivano dalle grandi lobbies finanziarie, e producendo quindi le “riforme” delle banche di credito cooperativo e delle Popolari, che noi abbiamo sempre contestato, e non certo da soli. Non possiamo certo entrare ora nel merito ma ribadiamo che tali riforme vanno nel senso di agevolare le grandi concentrazioni di capitali e un certo modo di fare finanza, modo che mette al centro la proprietà e il guadagno, anzichè la tutela del risparmio e l’aiuto all’economia reale, e con questo abbiamo veniamo proprio alla domanda successiva.

Tu hai sottolineato, in quella sede, l’importanza della finanza etica, ce la vuoi spiegare in dettaglio?

Il concetto è molto semplice, la finanza dovrebbe servire l’economia reale, non viceversa. Ricordiamo che l’economia reale significa quella che genera vera ricchezza, cioè costruire fognature, ponti, coltivare la terra, allevare bestiame, fabbricare vestiti, scarpe, mobili ecc. ecc., oppure per sviluppare i servizi medici, ospedalieri, di trasporto, insomma tutte quelle cose che servono veramente per il benessere di una società, e si contrappone alla finanza virtuale speculativa, che è quella “autoreferenziale”, in cui si scommette se un determinato titolo salirà o scenderà di prezzo per lucrare sulla differenza, e lo si fa negli ultimi anni a velocità e ritmi sempre più spaventosi grazie ai computer, che ormai operano in totale autonomia, a prescindere appunto da qualsiasi considerazione etica, ma mirando esclusivamente al guadagno a brevissimo termine (si parla infatti di “High frequency trading – HTF – proprio per indicare questo modo di operare).

Finanza etica significa semplicemente che la banca etica, prima di concedere il prestito valuta la sostenibilità sociale/ambientale del progetto, e solo dopo la parte economico/finanziaria; insomma il progetto deve essere prima di tutto “sano”, e poi certamente deve poter generare dei ricavi con i quali possa onorare il prestito (e non generare quindi quei famosi NPL o crediti deteriorati che ormai tutti hanno imparato a conoscere). Da sottolineare come ora abbiamo anche la dimostrazione oggettiva di quanto detto, dal momento che l’anno scorso è stato pubblicato uno studio che ha messo a confronto le 29 banche europee “classiche” di maggiori dimensioni, con le 28 banche etiche europee, e tutti i confronti sono decisamente a favore di queste ultime, soprattutto l’andamento del reddito totale, che negli ultimi 5 anni è cresciuto del 7,6% per le banche etiche contro lo 0,5% delle banche “normali”. Viceversa che le banche normali abbiano parecchi “vizietti” lo dimostra, oltre a quanto emerso in questa Commissione d’inchiesta, i circa 220 miliardi di euro di sanzioni varie, pagati dalle banche “normali” tra il 2010 e il 2014, una cifra spaventosamente enorme e direi assolutamente chiarificatrice.

In cosa consiste, secondo te, il maggior aspetto di sostenibilità della finanza etica?

Per quanto ho appena detto, la sostenibilità diventa duplice, cioè sia sotto l’aspetto “privatistico” della banca (e dei suoi soci) che avendo valutato accuratamente il progetto si vedono poi restituire il prestito e possono quindi continuare a operare (e quindi concedere altri prestiti), sia sotto l’aspetto “pubblico/globale”, in quanto i progetti finanziati non corrompono società e popolazione, in buona sostanza non inquinano (o lo fanno in maniera tollerabile dall’ambiente) e non sfruttano la manodopera dei lavoratori coinvolti, e quindi il pianeta e i suoi abitanti possono continuare a vivere e prosperare, cose elementari certo, ma che negli ultimi anni abbiamo verificato non vengono, troppo spesso, rispettate dalla finanza “tradizionale”. In più il principio di “voto capitario” all’interno delle assemblee dei soci è uno scudo fondamentale per impedire che il capitale si appropri anche di questo strumento, e ne stravolga principi e modalità operativi;  ricordiamocelo sempre, quando il voto è paritetico tra migliaia di soci, democrazia e distribuzione dei vantaggi sono fortemente agevolati.

Una proposta umanista e nonviolenta propone una banca pubblica che presta senza interessi o con interessi minimi; esistono esperienze locali ed internazionali in questo senso che sostengono soprattutto i redditi più bassi; cosa pensi di questa proposta?

In linea teorica sono favorevole ad una banca pubblica con tali presupposti, però l’esperienza insegna che non è facile ottenere efficienza da una struttura pubblica se non è fortemente motivata e/o monitorata. Le esperienze di finanza etica funzionano perché sono private, ma di privati con forti valori etici, fortemente motivati, convinti ed entusiasti di quanto stanno facendo. Forse la soluzione è un mix di soluzioni, ovverosia affiancare ad una banca pubblica “buona” (che in effetti noi del M5S abbiamo proposto) anche la finanza etica privata, che negli ultimi 15 anni i numeri hanno chiaramente dimostrato essere non solo efficiente ma anche profittevole.

Approfondimenti sulla Finanza Etica sono disponibili qui

mentre la sezione del sito del Sen. Girotto dedicata alla Commissione di’Inchiesta è a questo link