“Una questione privata”, film di Paolo e Vittorio Taviani, presentato in concorso alla festa del cinema di Roma 2017, racconta di due ragazzi, Milton e Giorgio, che nell’estate del 1943 s’incontrano nella villa di una loro amica, la bella Fulvia della quale sono entrambi innamorati, mentre lei li tiene sulla corda. Giorgio è piacente ed estroverso, Milton riservato, pensoso e non avrà mai il coraggio di confessarle il suo amore.

Un giorno i tre sono costretti a dividersi. La guerra imperversa, Fulvia parte e i suoi due amici vanno in montagna con i partigiani. Un anno dopo Milton, che non ha mai dimenticato i giorni con lei, torna nella villa di Fulvia, ma la trova chiusa. Parlando con la custode apprende alcune abitudini sconosciute della sua amata e, di colpo, è roso dal dubbio che la ragazza abbia avuto una storia con Giorgio a sua insaputa. Da quel momento rintracciare l’amico diventa per Milton un chiodo fisso, conoscere la verità un assillo per il quale mette a repentaglio la sua vita: combatte una lotta rischiosa soprattutto per “una questione privata”. Emozionante il finale.

Tratto dal romanzo di Beppe Fenoglio, il pubblico di Roma l’ha applaudito anche se qualcuno lamentava una certa lentezza. I Taviani hanno ritratto sullo sfondo della Resistenza antifascista la storia di un’ossessione amorosa che per il protagonista diventa motivazione propulsiva. Ciò che interessa ai registi è il ritratto psicologico di un uomo in cui l’inconscio determina la condotta in tempi di conflitto. La psicanalisi insegna del resto che il confine tra le pulsioni personali e le nostre azioni pubbliche non è definito, l’es è sovrano in molte guerre e le ideologie sono sovrastruttura.