2 ottobre 2017, Giornata Internazionale della Nonviolenza: a Milano l’Auditorium e il Giardino d’Inverno dell’Acquario Civico traboccano di gente in occasione del primo convegno pubblico della rete educativa ED.UMA.NA – Educazione Umanista alla Nonviolenza Attiva, promosso da Mondo senza Guerre e senza Violenza e dalla Comunità per lo Sviluppo Umano, con il patrocinio del Comune di Milano e dell’Università Milano-Bicocca e con il contributo della Fondazione Cariplo. A sostenere l’incontro varie scuole – l’IC Cavalieri, l’IC Cardarelli –Massaua, l’IC Thouar-Gonzaga, l’Istituto Vespucci e il Liceo Statale Virgilio – e associazioni, tra cui gli Amici senza zaino, il Centro Studi di Terapia della Gestalt, Centri di Aggregazione Giovanile e il CGD Coordinamento Genitori Democratici Lombardia.

Appena arrivati, il colpo d’occhio nell’ambiente ampio e luminoso del Giardino d’Inverno è dei più piacevoli: tavolini di una ventina di associazioni con i loro materiali – da Amnesty International ad Agedo da Toponomastica Femminile all’Arcigay e alla Casa per la pace, ma anche il Sea-servizi educativi del Comune di Milano, il Centro Studi ScuolaToro, Philosophy 4 children, La mela e il seme, la Casa delle donne maltrattate e ovviamente le associazioni organizzatrici  – gente che gira, prende i depliant e poi si dirige verso l’Auditorium per sedersi. I 120 posti della sala sono tutti esauriti e la lista d’attesa è chiusa da giorni. Gli organizzatori hanno dovuto lasciare fuori rammaricati decine di persone che avrebbero voluto partecipare: un segno chiaro e incoraggiante dell’interesse suscitato dal tema della nonviolenza, soprattutto legato all’educazione.

Il pubblico, formato soprattutto da docenti e educatori, ma anche da pedagogisti, genitori e counselor, segue attento i diversi interventi che si succedono nelle quattro ore e passa del convegno. Il panorama è così ricco, vario e stimolante che sarebbe impossibile renderlo in un singolo articolo. Più modestamente, quella che segue è una carrellata sintetica e purtroppo per forza di cose parziale. Sulla pagina facebook del Centro di Nonviolenza https://www.facebook.com/centrononviolenzattiva/ si potrà però seguire tutto il convegno (trasmesso in streaming) e conoscere fin da ora gli appuntamenti della settimana della nonviolenza appena cominciata.

A nome delle associazioni promotrici Emanuela Fumagalli apre i lavori ricordando l’abitudine ormai pluriennale di organizzare un evento il 2 ottobre; nello schermo dietro al tavolo dei relatori compaiono le immagini del karaoke del 2009, quando in occasione della partenza della Marcia Mondiale per la Pace e la Nonviolenza Piazza Duomo si riempì di migliaia di persone che cantavano “Imagine”.

Dopo i saluti di Paolo Limonta, presidente della Commissione Educazione del Comune di Milano e di Miriam Pasqui della rete di centri anti-violenza, che assicurano l’impegno e l’interesse dell’amministrazione per un percorso di educazione, crescita e aggregazione centrato sulla nonviolenza, si entra nel vivo con l’intervento di Piero Giorgi, neuroscienziato, docente di studi sulla pace dell’Università di Otago (Nuova Zelanda) e membro del Centro Europeo di Gargnano. L’approccio è affascinante: la violenza non è genetica, innata e intrinseca, anzi, l’essere umano è nato nonviolento e solo in seguito ha adottato forme di violenza diverse e arrivate fino a oggi. Dunque la tendenza si può invertire e un’educazione in grado di fornire un ambiente nonviolento ai bambini fin da piccolissimi può cambiare il futuro degli esseri umani.

Giorgi conduce il pubblico in una cavalcata per la storia che apre il cuore e la mente e dà speranza. Un’introduzione perfetta per l’intervento di Annabella Coiro, referente dei progetti educativi del Centro di Nonviolenza Attiva e del Tavolo cittadino di Nonviolenza, in cui si avverte tutta l’urgenza di portare l’educazione alla nonviolenza nelle scuole, per superare stereotipi, discriminazioni e pregiudizi, di unire le forze già in campo dando vita a un “ecosistema” molto più ampio di un singolo progetto. Non sono solo parole: la rete è già costituita e il convegno è il primo atto pubblico di ED.UMA.NA. La costruzione della rete e della proposta educativa è scaturita da un lungo periodo di condivisione tra associazioni, docenti, enti territoriali e dirigenti scolastici. La sperimentazione partita in settembre in sette classi di cinque scuole durerà tre anni, con la consulenza e la valutazione dell’Università degli Studi Milano Bicocca e il monitoraggio di Afol Metropolitana. Ed è solo l’inizio, promette.

Paolo Mottana, professore ordinario di Filosofia dell’Educazione all’Università di Milano Bicocca, non usa mezzi termini nella sua impietosa descrizione di una scuola-prigione, dove bambini e adolescenti sono costretti a passare ore in ambienti chiusi, senza libertà di esprimersi e muoversi. Una scuola che è specchio di una società violenta e competitiva avviata verso l’auto-distruzione, in cui il benessere di pochi si basa sulla distruzione e lo sfruttamento di molti. Come uscire da questo scenario spaventoso? Mottana parla di educazione diffusa, di un nuovo disegno delle città dove bambini e ragazzi possano ricominciare a muoversi liberamente, di un cambiamento di sensibilità basato su un sapere più morbido e poetico, in cui l’arte, la musica, la danza e il teatro dovrebbero avere un’importanza primaria.

Anche Elisabetta Nigris, presidente del corso di laurea Scienze della Formazione Primaria all’Università di Milano-Bicocca, riconosce che a volte le scuole sono delle gabbie, delle strutture violente e coercitive in contrasto con gli insegnamenti e l’esempio di grandi maestri come Alberto Manzi, Don Milani e Mario Lodi. Come passare da queste strutture a spazi pubblici che promuovano un’altra cultura? La strada maestra passa per i progetti di cittadinanza attiva, partecipazione e soprattutto coerenza, che alcuni istituti stanno già ponendo in atto.

Dopo un breve intervallo comincia una tavola rotonda moderata dalla giornalista Manuela Mimosa Ravasio, che permette di toccare con mano esperienze concrete di prevenzione della violenza e di educazione alla nonviolenza attiva.

Aldo Domina, dirigente scolastico dell’IC Cardarelli-Massaua, si sofferma sull’importanza di mettere al centro le relazioni e il rispetto delle persone. Antonella Meiani, maestra dell’IC Guido Galli in viale Romagna a Milano, racconta la sfida e la possibilità di una comunità classe felice, dove i bambini si sentano bene nonostante le difficoltà create da una quotidianità fatta di arredi rotti e cose che mancano. Per creare una comunità del genere ci vogliono inclusione, pazienza e generosità, utilizzando la diversità come risorsa e la collaborazione verso obiettivi comuni. Ed è proprio questo l’ambiente più favorevole allo sviluppo di un’educazione nonviolenta.

Laura Slener, docente dell’IC Cavalieri e capofila della rete EDU.MA.NA, parla della sfida da pionieri di costruire una scuola nuova, accogliente e inclusiva quando si ha a che fare con una struttura vecchia, autoritaria e discriminatoria in cui il focus è sulla valutazione, il grande terrore di tutti gli alunni. In una scuola in cui non si chieda più obbedienza, passività e disciplina, lo scopo della valutazione non può essere classificare gli alunni per selezionarli, ma capirli e aiutarli nella crescita.

Riccardo Zerbetto, direttore del Centro Studi di Terapia della Gestalt, descrive il progetto europeo E.N.T.R.Y., con una rete a livello europeo di formatori alla nonviolenza e alla resilienza. La sopravvivenza del pianeta dipende da un’educazione che cominci dal cuore. Un primo passo? Studiare a scuola la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo.

Giovanna Castoldi, trainer internazionale in Comunicazione Nonviolenta, si dice “ispirata e commossa” da quello che ha sentito nel corso del convegno e si sofferma sull’importanza del linguaggio usando due immagini: da una parte il tennis, basato sulla ricerca del colpo vincente, del conseguimento di un risultato e dall’altro i racchettoni, il cui scopo è mantenere la palla in gioco più a lungo possibile. Nella comunicazione nonviolenta il focus viene messo sul processo, non sull’efficacia dei singoli momenti. Le docenti Vittoria Esposito e Loretta Oregna portano le esperienze di empatia e resilienza apprese in classe.

Daniela Pampaloni, dirigente scolastico dell’IC Mariti di Fauglia (PI) e responsabile nazionale della Rete Senza Zaino, descrive un’esperienza nata dal basso agli inizi degli anni Duemila e che ora coinvolge oltre 340 scuole a livello nazionale e mostra con un filmato il cambiamento degli ambienti e dei metodi di apprendimento messi in atto dai docenti che fanno parte della rete.

Un finale internazionale con un video arrivato dal Perù: Jacqueline Mera della Copehu, corrente pedagogica umanista universalista, parla di un nuovo paradigma educativo ispirato all’opera di Silo e di una pedagogia dell’intenzionalità.

Conclusa la tavola rotonda, si passa al laboratorio: “Come condurre un’esperienza di meditazione in classe o a casa “. Un’esperienza profonda e stimolante per i genitori e i docenti che partecipano.

Uscendo dall’Acquario rimane una sensazione positiva e incoraggiante: la nonviolenza è ormai uno stile di vita, una pratica educativa e un ideale per un numero crescente di persone. E il fatto che molte di esse facciano parte del mondo della scuola promette bene per il futuro delle nuove generazioni.

Le parole citate durante l’intervento di presentazione della rete EDUMANA e tratte dall’ultimo libro di Guillermo Sullings ‘L’umanità al bivio. I passi per una nazione umana universale’ riassumono bene la speranza e l’ispirazione che il convegno ha voluto regalare a tutti i partecipanti.

‘Siamo la vita che è emersa dalle acque. Siamo il pesce che ha voluto vedere il sole. Siamo il rettile che ha voluto sentirne il calore. Siamo il primate che si è sollevato in posizione eretta e ha voluto pensare. Siamo il primo uomo che ha vinto il timore e si è avvicinato al fuoco sino a dominarlo. Siamo l’evoluzione e siamo la storia. Siamo i discendenti degli uomini che tante volte hanno cambiato la propria vita e hanno cambiato il mondo. Siamo i figli della specie umana. Ce l’abbiamo fatta prima, ce la faremo anche adesso.”