Report n. 3 di Alfonso Navarra, delegato dei Disarmisti esigenti – accreditato WILPF – alla Conferenza di New York per bandire le armi nucleari

La mattina di mercoledi 6 luglio alle 9.00 abbbiamo avuto la affollata riunione dell’ICAN, con quasi un centinaio di partecipanti e molti interventi. La linea che è emersa definisce prioritario il portare a casa il Trattato di fronte alle pressioni ed ai ricatti che crescono per arenare la proibizione giuridica delle armi nucleari. Bisogna fare gli ultimi sforzi per migliorare il terzo ed ultimo draft Gomez, in particolare su rapporti con il TNP, nucleare civile e possibilitá di recesso, ma restando ben consci che comunque vada si è aperto un nuovo, storico percorso che mette in crisi il disordine nucleare vigente.
Quello che aggiungerei è che abbiamo di fronte, grazie all’arricchimento sostanziale portato dalla discussione nella Conferenza, non semplicemente una nuova legge, ma un nuovo codice generale che puó regolare l’intera materia nucleare: una architettura giuridica che puó, al di lá di questa o quella pecca particolare, aspirare a spodestare e sostituire il Trattato di Non Proliferazione in carica ripromettendosi tatticamente, dal punto di vista retorico, di realizzarlo.
(L’ambasciatore di Cuba che abbiamo incontrato mi sembra che abbia coscienza che è questa la partita politica, non semplicemente giuridica, che si apre, a differenza di gran parte dell’attuale movimento, a livello di Stati ma anche a livello di base: l’atteggiamento è quello ingenuo che basti lavorare sulle formulazioni le piú chiare e coerenti possibili – sulla base di premesse culturali io dico datate – come se si trattasse di convincere intellettualmente interlocutori ed apparati in realtá mossi da logica di potenza. L’argomento “è anche vostro interesse”, aggiungo io, ignora la realtá che la logica di potenza non è solo calcolo ma anche pulsione di morte: tentativo, da parte del potere, di superare l’angoscia della morte scoprendosi capace di minacciarla o infliggerla ai sottoposti. La volontá di potenza è anche disposta a sacrificare la propria vita, oltre che quella altui, purchè si affermi il proprio bisogno di espansione illimitata. Se ad uno che è “affamato e folle” fai presente che il mondo puó saltare in aria lui ti risponde, non con l’intelletto, ma con il sentimento e la volontá: e allora?).
Il dilemma che si trovano di fronte gli antinucleari è squisitamente politico: come ottenere il testo piú radicale ma con un numero adeguato di adesioni e con l’occhio rivolto anche all’apertura di contraddizioni nel fronte nuclearista.
Beatrice Fihn, concludendo l’incontro, ha suonato la carica per tutti gli attivisti: dobbiamo farci latori presso la piú ampia opinione pubblica di un messaggio chiaro e diretto: “le armi nucleari sono state riconosciute illegali, e adesso?”
Io direi meglio ed in modo assertivo: “Il diritto internazionale ha bandito le armi nucleari: adesso eliminiamole!”
Mercoledí pomeriggio, nella plenaria degli Stati, si è dato l’assalto alla possibilitá di recesso degli Stati dal Trattato. Vi è stato un fuoco di fila di Stati, per un momento apparso maggioritario e vincente, che ha tentato di eliminare questa disposizione, ma la manovra non è andata in porto. La moderazione e la tendenza al compromesso con una minoranza piú reticente hanno prevalso. Ma il conflitto ha comunque dimostrato che è forte e determinata da parte della maggioranza la volontá di andare avanti verso un rifiuto della deterrenza che non ammette l’eccezione degli “interessi supremi” di qualsiasi Stato.
Quello che mi sembra debba essere sviluppato da una ulteriore maturazione del movimento antinucleare è la base culturale del rifiuto di definire “supremo” l’interesse di uno Stato che si accinge a lasciare una struttura giuridica di divieto della deterrenza: non puó essere “supremo” ció che è stato chiaramente definito come subordinato, essendo “supremo” invece il diritto dell’Umanità alla sopravvivenza, cioè il principio che si sta affermando nel diritto internazionale ambientale. Noi “Disarmisti esigenti” siamo pioneri di questo approccio ed anche per questo ci stiamo organizzando per paretecipare alla COP 23 di Bonn, vale a dire il summit ONU che dovrebbe implementare gli accordi di Parigli sul clima globale.
La vicenda sulla possibilitá di recesso fa capire che esistono diversi approcci tra gli Stati che negoziano questo Trattato. Alcuni Stati, con logica non dissimile dagli Stati nucleari assenti, continuano ad inquadrare il Trattato nel contesto di ciò che vedono come loro “sicurezza”, nel significato della prevalente cultura geopolitica. Quegli Stati che invece vogliono innovare con la prioritá del diritto internazionale sono disposti a compromessi per ottenere il bene maggiore. Vogliono vedere l’adozione di questo trattato venerdì 7 luglio, piuttosto che rischiare di perdere tutto su un paragrafo che non reputano di importanza vitale.
Il loro punto di vista, a mio avviso, è pienamente comprensibile.
Ce lo ricorda nel suo ultimo report Ray Acheson, di Reaching Critical Will, la coordinatrice della societá civile qui a New York: “E’ importante ricordare che nulla nell’articolo 17 interessa o scaccia i divieti di cui all’articolo 1. Le armi nucleari sono ancora vietate. Questo trattato ha ancora un obiettivo e una messa a fuoco forti e irrefutabilmente umanitari.  (L’aspetto decisivo) è che se questo trattato è adottato venerdì avremo bandito le armi nucleari. Avremo stabilito un quadro per l’eliminazione dei programmi nucleari: le testate, i materiali, i sistemi di distribuzione, le strutture. Saranno accreditati i nostri sforzi nel riconoscere l’impatto sproporzionato delle attività delle armi nucleari sulle popolazioni indigene, gli impatti di genere di queste armi, il danno catastrofico per l’ambiente e la sofferenza degli hibakusha”.
Come si vede, siamo sulla linea dell’incontro ICAN di mercoledi mattina: dobbiamo essere consapevoli che, con l’adozione oggi del testo del Trattato per abolire le arni nucleari, un sogno si realizza.
Ora dobbiamo farlo diventare realtá nel confronto con i “lupi” che si trincerano dietro la legalitá formale del TNP.
E qui lo stesso Trattato, nell’inconsapevolezza generale, forse ci ha dato l’arma piú potente con una modifica veramente di grande significato e vitale, ma che non ha creato lo scalpore del recesso, su cui si è incentrata tutta l’attenzione : si dichiara che i diritti e gli obblighi degli altri Trattati sono riconosciuti solo in quanto non entrano in contraddizione con i propri principi.
Questo suona come campana a morte per il TNP (che formalmente, con intelligenza tattica, andremo a realizzare) e tanto piú il trapasso sará veloce quanto piú sapremo edificare l’alternativa che il diritto internazionale ambientale ci propone: dovremo saperla sviluppare non come settore, ma come logica globale di un mondo che ritrova il buon senso cancellando le assurde minacce che gli apparati della potenza e del profitto illimitati fanno pendere sulla  sua testa.