È bastato poco, cioè il voto segreto su un emendamento presentato da una deputata di Forza Italia, per azzoppare la nuova legge elettorale. Il patto tra le principali quattro forze politiche pare sia già saltato o almeno congelato. Ma non ci si deve stupire, perché proprio le forze politiche che avevano trovato un accordo, sono le stesse che stavano spingendo per andare al più presto ad elezioni anticipate.
Basti citare Stefano Ceccanti, il principale autore della riforma costituzionale bocciata dagli elettori nel referendum del 4 dicembre scorso, che alla domanda sulle elezioni anticipate ha risposto: “Con il varo della legge elettorale penso che diventerà inevitabile il ritorno alle urne prima della scadenza naturale. (…) è chiaro che per arrivare alla fine della legislatura la legge elettorale non avrebbe dovuto essere toccata”.
Non è difficile immaginare che tra i molti franchi tiratori che hanno votato contro il patto elettorale e a favore dell’emendamento ci siano, oltre ai deputati non convinti del testo concordato tra i principali partiti, anche parlamentari che non gradiscono (per principio o per interesse personale) la fine anticipata della legislatura.
Si tratta di una scena già vista: i leaders politici alzano la voce per chiedere un cambio di maggioranza e di governo, mentre i cosiddetti peones preferiscono prolungare lo status quo. Per l’ennesima volta è stata sottovalutata la resistenza strisciante degli eletti, soprattutto di chi teme di non esserlo più.
In altre parole, la prospettiva delle elezioni anticipate, oltre ad essere in sé poco ragionevole, sta inquinando il confronto democratico sulla legge elettorale. Un motivo in più per evitare di anticipare il rinnovo del Parlamento, riprendendo con più serenità e senza secondi fini il confronto nel merito delle regole del gioco, che riguardano tutti i cittadini e le cittadine in modo diretto.