È noto che il Consiglio dei ministri il 19 maggio scorso ha approvato il testo di un Decreto Legge che il 7 giugno è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale previa firma del Presidente della Repubblica, sull’ampliamento delle vaccinazioni obbligatorie. Poco conosciuto, invece, il fatto che il 18 maggio, cioè il giorno precedente alla decisione del Governo, in Senato è stato presentato il Disegno di Legge n. 2836 (prima firmataria Nerina Dirindin oltre ai senatori Corsini, Gatti, Granaiola e Lo Moro) concernente “disposizioni in materia di malattie infettive prevenibili con vaccinazioni”.


Nel testo introduttivo all’articolato di legge sono espresse le motivazioni che hanno portato questi cinque senatori a chiedere l’abrogazione dell’obbligo vaccinale come conseguenza di una politica sanitaria orientata seriamente alla prevenzione e alla costante verifica scientifica degli esiti e dei risultati nei vari contesti territoriali e per le diverse malattie.


Dopo un’analisi storica in cui si riconosce che le vaccinazioni “costituiscono uno degli interventi più efficaci e sicuri a disposizione della Sanità pubblica per la prevenzione delle malattie infettive (e non solo)”, i promotori del DDL sottolineano come “i recenti allarmi, amplificati dai media, relativi alle soglie troppo basse di coperture vaccinali, non sono stati corredati da dati e analisi robuste: i dati riportati nel piano vaccini 2017-2019 non fotografano una condizione di eccezionale emergenza per tutti i vaccini e in tutto il territorio nazionale. Le decisioni non sono state inoltre accompagnate da alcun approfondimento, ad esempio, sui fattori che in molti Paesi, da qualche anno, inducono un piccolo ma crescente numero di genitori a non far vaccinare i propri figli o farli vaccinare in tempi diversi da quelli consigliati”.

D’altra parte i cinque senatori sostengono che “non si può non stigmatizzare, come ha anche sottolineato il Comitato nazionale per la bioetica, il diffondersi di falsità e pregiudizi che andrebbero contrastati con un surplus di energie e impegno da parte delle istituzioni preposte alla tutela della salute. Si pensi ad esempio alla presunta correlazione tra vaccinazioni e insorgenza dell’autismo, ipotesi destituita di qualsiasi fondamento scientifico”.

A questo punto i promotori del DDL affrontano il fenomeno del cosiddetto «scetticismo vaccinale», che è stato studiato a fondo in molti Paesi mentre in Italia è tuttora rimosso: “ascoltare i genitori, produrre informazioni facilmente comprensibili, oggettivare i benefici e i rischi delle vaccinazioni sono ingredienti che non possono essere trascurati né tanto meno improvvisati. Anzi sono elementi costitutivi di quel rapporto di fiducia che dovrebbe instaurarsi tra il cittadino e il medico di fiducia. Ed è solo dentro questa relazione che è possibile dialogare serenamente anche della questione dei vaccini e favorire una decisione consapevole e responsabile, delicata proprio perché relativa spesso al proprio figlio/a e ai suoi rapporti con il resto della comunità. Ed è solo all’interno di un approccio che favorisca l’adesione consapevole e responsabile al programma vaccinale, evitando per quanto possibile un approccio prescrittivo e sanzionatorio, che si ritiene possano essere ottenuti buoni risultati anche in termini di prevenzione delle malattie infettive”.

Pertanto, secondo gli estensori del DDL, è “necessario lavorare per recuperare la fiducia della cittadinanza nelle indicazioni provenienti dalle istituzioni sanitarie, minimizzando fra l’altro il rischio di un irrigidimento delle posizioni di coloro che indugiano o chiedono informazioni e tempo per prendere una decisione difficile. Riteniamo inoltre che debbano essere superate le barriere economiche e le difficoltà logistiche che rendono difficile l’accesso ai servizi vaccinali. E sarà anche necessario riconoscere che il tempo dedicato a informare e relazionarsi con i genitori e le persone che dovrebbero vaccinarsi è vero e proprio tempo di cura, investito in queste attività nell’interesse del singolo e della collettività”.

Sulla questione dell’eventualità di negare l’accesso al diritto allo studio conseguentemente alla mancata vaccinazione, i proponenti si chiedono: “imporre un obbligo vaccinale per l’ingresso a scuola potrebbe apparire semplice, ma siamo sicuri che sia la strada giusta per ridurre lo «scetticismo vaccinale»? E lo possiamo imporre, come hanno clamorosamente proposto alcune recenti norme, anche per malattie non infettive come il tetano? Il tema non può essere affrontato in modo approssimativo né tanto meno in condizioni di (vera o presunta) emergenza”. Per questa ragione viene anche riportato il parere di un esperto: «oggi, il concetto di “obbligatorietà” confligge con il concetto di “promozione” della salute che è alla base di qualsiasi efficace azione preventiva: la promozione coniuga la responsabilità dell’individuo con quella della comunità che, con le sue istituzioni, garantisce l’esigibilità del diritto universale alla salute, e quindi il sacrosanto diritto al bambino di non ammalarsi di una malattia per la quale esiste un vaccino efficace e sicuro».

In conclusione il DDL, composto da otto articoli (l’ottavo prevede l’abrogazione delle quattro vaccinazioni obbligatorie alla data di presentazione), “propone una serie di interventi volti a garantire trasparenza e indipendenza di tutte le informazioni e di tutti i procedimenti volti a definire gli obblighi vaccinali, a migliorare l’operatività dei servizi vaccinali, a promuovere campagne di informazione efficaci, a rafforzare il sistema di farmacovigilanza e a superare le differenze interregionali nei calendari vaccinali che tanto hanno contribuito a rendere perplessi i genitori rispetto a proposte così differenti da regione a regione. Tutto ciò, nell’ottica di un approccio rispettoso delle posizioni di tutte le persone, del loro diritto di essere informati in modo completo e rigoroso, distinguendo per quanto possibile falsità e pregiudizi da evidenze e avvertenze scientifiche. Il decisore pubblico ha il dovere di decidere con equilibrio, intervenendo con obblighi solo se effettivamente necessari, con strumenti proporzionati e utili rispetto agli obiettivi di prevenzione delle malattie infettive che tutti condividiamo. La letteratura scientifica internazionale, e ancor prima il pensiero democratico, suggeriscono strategie volte a portare i cittadini a scelte sempre più responsabili e consapevoli, anziché ad aderire a imposizioni di legge”.

Dopo la lettura di questo progetto di legge evidentemente ben strutturato e documentato, che con equilibrio si preoccupa della salute pubblica, ma che deve essere promossa senza la coercizione dei diritti delle persone, e il confronto con il testo “muscolare” del Decreto Legge del Governo, viene in mente un libro di un filosofo, prematuramente scomparso, che distingueva tra persuasione e retorica. Quest’ultima si esercita quando la prima non ha più motivazioni valide e di solito per prevalere si avvale della coercizione.