Dopo “Nawal, l’angelo dei profughi” Daniele Biella, giornalista ed educatore, torna a parlare di chi salva vite umane da morte certa nel suo nuovo libro “L’isola dei giusti – Lesbo, crocevia dell’umanità”, raccontando la storia emblematica di sette persone – Emilia, Stratos, Eric, Melinda, Christoforos, Daphne ed Efi – in cui la solidarietà e l’aiuto concreto verso chi è in pericolo prevalgono su ogni altra considerazione. Abbiamo incontrato l’autore all’indomani della presentazione al Salone del Libro di Torino.

Da dove nasce l’idea di questo tuo nuovo libro?

A due anni dalla sua uscita il libro su Nawal fa ancora discutere e spinge all’azione.  Dopo aver fatto conoscere la sua storia di impegno incondizionato per gli altri volevo continuare a scuotere le coscienze e quello che è successo a Lesbo, dove tra la primavera del 2015 e quella del 2016 sono arrivate via mare dalla vicinissima Turchia almeno seicentomila persone, mi ha offerto lo spunto giusto. Vari colleghi mi riferivano storie incredibili, di gente pronta ad aprire le porte e ad aiutare in tutti i modi i profughi che arrivavano stremati sulle coste dell’isola, di volontari accorsi da tutto il mondo. Così ho deciso di entrare nelle loro vite e di raccontare le loro storie.

Come hai costruito il libro?

Nel luglio 2016 ho passato una settimana intensissima a Lesbo, senza quasi dormire. Avevo proposto all’editore il mio progetto e l’idea era piaciuta, così sono arrivato là con un obiettivo preciso: trovare persone che rappresentassero questo atteggiamento di filoxenia (amore per lo straniero), più presente che mai a Lesbo, un’isola di rifugiati in cui i nipoti dei greci fuggiti alle rappresaglie ottomane nel 1922 e accolti  a braccia aperte dagli abitanti hanno accolto a loro volta migliaia di rifugiati siriani, afgani e iracheni, oltre a pachistani, bengalesi e africani.

Avevo già qualche nome, ho fatto ulteriori ricerche e così sono arrivato alle sette persone al centro del libro – una nonna, un pescatore (entrambi candidati al Premio Nobel per la Pace 2016), la proprietaria di un albergo, una ristoratrice, una giovane mamma e regista, un prete e uno scultore. Tutte persone che vivono a Lesbo da decenni, o che hanno sempre abitato lì e sono unite dal filo conduttore dell’aiuto agli altri. Ho passato ore a casa loro, con un registratore e con un traduttore per chi parlava solo greco e ho messo insieme le storie. Sono ripartito con cinque storie più o meno completate e ho finito le altre due in seguito, con colloqui via Skype.

Che cosa ti ha colpito di più di loro?

La normalità del bene. Come dice Efi Latsoudi, giovane mamma, regista e coordinatrice del Pikpa Solidarity Camp, è fondamentale “restare umani. L’umanità è quella virtù che fa la differenza nelle nostre vite. Se la perdiamo, perdiamo noi stessi, la nostra identità. La crisi dei profughi è disumana, crudele, ingiustificabile.”  Quando ho chiesto a tutti loro perché si erano dati tanto da fare per chi arrivava nell’isola, spesso sconvolgendo la propria vita – il ristorante di Melinda McRostie e di suo marito Theo al porto di Molyvos per un periodo ha smesso praticamente di funzionare come tale per ospitare i profughi e le sue lavagne sono state usate spesso come barelle di emergenza per recuperare le persone in mare – mi hanno risposto che era la cosa più giusta e naturale da fare. Come Nawal, non sono mossi dal pietismo, ma dalla consapevolezza che potrebbero esserci loro dall’altra parte.

Tu usi spesso il concetto di Giusti. Puoi spiegarlo meglio?

I Giusti sono persone coraggiose che antepongono la giustizia alla legge – quando è iniqua – e alla burocrazia e fanno scelte a volte rischiose, sapendo che potranno pagare un prezzo per questo. Per fortuna ce ne sono stati tanti nella storia; per loro l’umanità e l’aiuto indiscriminato prevalgono su qualsiasi altra considerazione. Le persone al centro di questo libro e in realtà l’intera isola di Lesbo sono un esempio in questo senso.

Al di là della preziosa disponibilità del volontariato, cosa si dovrebbe fare a tuo parere per uscire da questa spirale drammatica, in cui i morti in mare aumentano ogni giorno?

Un punto di partenza fondamentale è attivare canali e modalità per poter arrivare legalmente in Europa. Per questo bisogna fare pressione sulle istituzioni europee e sui singoli stati perché cambino l’attuale approccio esclusivamente securitario al tema dell’immigrazione. Il mio libro vuole essere un contributo di sensibilizzazione in questo senso.

Daniele Biella

L’isola dei giusti – Lesbo, crocevia dell’umanità

Paoline, 2017

 

http://www.paolinestore.it/shop/isola-dei-giusti.html