La “Rassegna Stampa” dal fine pena 9.999

Ricevo spesso belle lettere in risposta ai miei articoli, ma questo non avviene sempre.  Queste parole di commento a un mio scritto dal titolo “Che cosa è il regime di tortura del 41 bis?” mi hanno amareggiato profondamente ma, allo stesso tempo, mi hanno fatto sentire meno cattivo di quello che sono:

“Ho letto l’articolo: che goduria leggere che queste bestie soffrono al 41bis …..ma le bestie sono coloro che oggi lottano per i diritti di quegli animali. Come si fa ad avere compassione per quella gentaccia al 41bis? Ho vissuto per anni in una città sotto il controllo di queste merde ed oggi che lo stato ci ha liberati …..io dovrei avere pena??MAIIIII!!!! Ci hanno avvelenato le terre, costretti a lottare contro malattie tumorali, ed io, noi dovremmo avere pena!!! Gli auguro una morte cerebrale degenerativa, la pazzia….ed una lunga vita in 4 mura!!! Sono felice di pagare le tasse per vederli soffrire li dentro!”

Ho pensato di non rispondergli perché credo che questa persona sia stata molto ferita da persone veramente cattive.

Sul sito di Amazon, dove è in vendita il mio ultimo libro dal titolo “Angelo SenzaDio”, https://www.amazon.it/Angelo-SenzaDio-Carmelo-Musumeci/dp/1544016441/ref=asap_bc?ie=UTF8 ho trovato questa bella recensione:

Complimenti a Carmelo Musumeci, con coloro che lo hanno supportato nello scrivere questo nuovo libro, avvincente e coinvolgente più di altri dello stesso autore. L’evoluzione culturale ed umana di Carmelo traspare evidente in questo scritto, ricco di sentimento e di desiderio di trasmettere a chi lo legge gli umani pensieri e le emozioni di un uomo che, nonostante un passato molto difficile e problematico, coltiva in se’ valori e sentimenti davvero positivi ed ammirabili. Lorenzo, nonostante ogni ostacolo, aspira a dare il meglio di se per sentirsi “uomo” e per ottenere la stima e l’affetto del “suo angelo immaginario”. Da leggere, rileggere, meditare e condividere.

Voci da fuori

Carmelo Musumeci carissimo, sto seguendo con interesse ed inesprimibile emozione quanto comunichi. Solo chi ha profondamente sofferto può parlare del dolore con dignità e dolcezza. Il dolore scava dentro, ruba tutto, quando arrivi al baratro della morte, misteriosamente, l’animo e il cuore s’aprono a spiragli di vita, di resurrezione. Il tuo soffrire, goccia per goccia, giorno per giorno, notte per notte, ha scavato la pietra ove scaturì una sorgente d’acqua, lava il passato, inoltra nell’oceano vita nuova.

Il tuo dire, voce che scuote gli animi più induriti, più indifferenti, più sordi. Sei tromba di “spirito” che risveglia coscienze arrugginite più delle sbarre delle celle della morte, insegna a guardarsi dentro, a chiedersi: “perché lui sì e io no?”. Oggi più che mai abbiamo bisogno di fermarci, riflettere, responsabilizzarci circa quanto abbiamo scartato, buttato via…

Ho sperimentato la prigione, durante la ribellione dei “simba” durante la ribellione nel Congo ex Belga nel 1964-65. Sarei potuta essere annoverata tra i numerosi missionari, missionarie, barbaramente trucidati, unitamente ai molti congolesi, pigmei compresi. Mercenari della legione straniera, miracolosamente, ci hanno liberati. Eravamo gli ultimi 73 rimasti, pronti per la fucilazione.

Tornata in Italia, mi hanno dato altre mansioni. Addio Africa! Al pensionamento scolastico, ho scelto volontariato in carcere: 12 anni nel Circondariale di Montorio Verona. È stata la mia seconda Africa. Lì ho toccato la mia povertà, il mistero del bene, del male che c’è in ogni recluso|a. Palestra di vita. Mi è stato chiesto se ero in carcere a cercare marito… ho risposto: sì, non vede quanti figli ho? La risposta fece corso, colloqui individuali senza fine, in particolare con gli isolati ai quali tenevo incontri di sostegno morale e spirituale. Poi sono crollata. Quanto ho lasciato non è stato indolore. Dio non realizza i nostri desideri, bensì tutte le sue promesse. Desideravo morire martire, forse il mio era solo orgoglio.

Sono missionaria comboniana, figlia di S. Daniele Comboni, spese la vita per coloro che ritenevano senz’anima. Il suo grido: “O NIGRIZIA, O MORTE”, questa è la nostra regola, siamo sparse in altri continenti. Attualmente sono ad Arco di Trento, in una nostra grossa comunità di anziane, ammalate. Sto discretamente bene, continuo la corrispondenza con reclusi di diversi Istituti, sono socia, emerita della “FRATERNITA” fondata da Fra Beppe Prioli, penso tu lo conosca. Con lui sono stata a Porto Azzurro in occasione di un convegno. La scritta “fine pena mai” mi tramortì.

Di cuore fraterni auguri di PASQUA di RISURREZIONE. La forza rinnovatrice del Suo mistero si manifesti in ciascuno di noi, apra i nostri cuori ad una più profonda comunione in Cristo, e nei fratelli che ci mette accanto.
Con stima, affetto, l’abbraccio sorellamente.

Sr. Alma

Voci da dentro

Qui sto passando le pene dell’inferno: è un carcere cattivo con regole molto rigide e mi sto mettendo nei casini collezionando denunce e rapporti disciplinari. Da tempo chiedo continuamente un trasferimento per avvicinarmi a mia madre che è ammalata, ma non c’è nulla da fare. Cosa devo fare? Tu mi puoi aiutare in qualche cosa? Alcuni secondini mi minacciano pure di botte. Ti prego dimmi cosa devo fare per non subire minacce dalle guardie perché sono molto stanco di questo e non solo.

Ivan, Carcere di Verona

Hai ragione quando dici che la lotta paga. Tu forse non ci credevi, ma io sono sempre stato sicuro che un giorno ce l’avresti fatta. Non poteva essere altrimenti, hai lottato fin dal primo giorno che sei entrato in carcere. Ti ricordi quando ti hanno portato a Spoleto? Sei arrivato lì perché nessun altro carcere ti voleva, rompevi troppo per i loro gusti, insomma, non ti sei mai “accamosciato”. I tuoi non sono certo stati giorni tranquilli in carcere. È per questo che adesso tutto quello che ti succede di buono te lo meriti. Gli altri aspettano il “miracolo”, intanto gli atei come noi, che non credono ai miracoli, non  possono fare altro che lottare. Sono davvero felice per te. La tua famiglia ti ha ritrovato e tu hai ritrovato loro. Non c’è nulla di più caro al mondo che riuscire, dopo tanti anni di carcere, a riabbracciare la propria famiglia da “libero”, sì, tra virgolette perché come ben sai, non sei ancora libero nel vero senso della parola e forse, noi ergastolani, non lo saremo mai.

Alfredo, carcere di Opera Milano

Sia del sistema penitenziario che dalle singole direzioni delle carceri, non mi meraviglio più. Se ci fosse un albo per selezionare le cose più strambe, senza ombra di dubbio vincerebbe il Ministero della giustizia.
Oggi viene l’agente delle domandine, mi riporta la domandina con cui avevo chiesto l’acquisto del libro “Carnefici” di Pino Aprile, mi dice che non si può acquistare perché ha la copertina rigida. Sulla domandina c’era scritto con una matita “copertina rigida”, senza nessuna motivazione. Per di più all’agente non avevano dato nessuna disposizione per iscritto.
Gli ho chiesto di portarla dal commissario e di far mettere per iscritto la motivazione del diniego. Le copertine rigide sono state risolte 17 anni fa, ricordo che fu una battaglia di Adriano Sofri quando era nel carcere di Pisa.
Purtroppo, ci sono carceri che ancora vietano i libri con la copertina rigida, ma per adesso ho conoscenza solo di Oristano e Sassari che non fanno acquistare i libri con la copertina rigida.
Hanno fatto i Tavoli Generali per riformare il sistema penitenziario e portarlo in seno alla civiltà europea, e qui siamo ancora al libro con la copertina rigida, sic!

Pasquale De Feo Carcere di Massama (Oristano)

A cura di Carmelo Musumeci per l’Associazione Liberarsi  http://www.liberarsi.net